"Suona incredibilmente comico l’invito all’ottimismo rivolto dal Presidente del Consiglio agli italiani, assieme al consiglio di spingere i consumi e l’economia del paese spendendo senza pensiero e a piene mani in occasione delle prossime festività.
Sicuramente gli italiani avrebbero voglia di concedersi un po’ all’effimero, ma per i più, lavoratori dipendenti e pensionati, forse la preoccupazione principale sta nel riuscire a passare questo periodo con il minor danno economico possibile, dato che oramai tutte le fonti di analisi, anche quelle governative, ci riferiscono di quanto sia oramai inadeguata la copertura fornita dai redditi di coloro che non possiedono nemmeno uno yacht e dell’impoverimento progressivo in cui sta scivolando il nostro paese. Eppure, tra le promesse di tutti, e dico tutti, durante la campagna elettorale, c’era quella di un adeguato sostegno a redditi e pensioni, a cui nemmeno Confindustria faceva mancare il suo entisiastico appoggio, nella prospettiva di riempire le borse dei suoi associati.
Abbiamo assistito invece a una serie di discussioni che tutto hanno affrontato, meno che i problemi della gente in carne e ossa, e ad una serie di misure che non hanno minimamente tenuto conto della grande crisi economica che si va profilando, e che sta mettendo in ginocchio miglia di aziende e e decine di migliaia di lavoratori.
Una campagna massimalista e mediatica sul Pubblico Impiego ha poi contribuito a fare di ogni erba un fascio, generalizzando i luoghi comuni e non tenendo conto di quanti anche in quel settore, quotidianamente svolgono con impegno e dedizione il proprio lavoro. Se questo doveva servire ad introdurre una serie di tagli nei servizi a carattere pubblico e a spingere sull’acceleratore di ulteriori processi di privatizzazione (vedi scuola e università), si poteva almeno dimostrare un minimo di eleganza, e non mi riferisco ai ridicoli sciarponi del ministro Brunetta.
L’effetto drammatico di queste scelte ancora una volta ricade sui più deboli, pensionati a cui vengono ridotte le reti di protezione sociale, lavoratori a progetto e atipici a cui non verrà rinnovato il loro pur precario contratto, lavoratori che si ritroveranno senza alcun ammortizzatore sociale di fronte ad una prospettiva di mobilità o cassa integrazione.
Sarebbe stato essenziale in questo momento, decidere tutti insieme, politica, istituzioni e rappresentanza sociale, quali erano gli interventi più idonei a fronteggiare una situazione che si preannucia per il futuro ancor più pesante, piuttosto che invitare a cena, o forse solo a merenda, chi era disponibile a tacere e a firmare accordi di sola facciata.
Queste sono solo alcune delle mille ragioni per cui lo sciopero generale proclamato per domani dalla CGIL è legittimo, in un paese in cui oramai il linguaggio della politica si rende avulso dal sentire comune, e in cui ancora una volta, le ragioni dei meno protetti sono affidate soltanto alla rappresentanza sociale".