di Michele Pinassi*
“La società è organizzata non tanto dalla legge
quanto dalla tendenza all’imitazione” (Carl Gustav Jung)
SIENA. Internet è una straordinaria entità virtuale fatta dall’interconnessione planetaria di migliaia di reti. Permette d’interrogare un server dall’altra parte del mondo in pochi millisecondi e di ricevere, alla velocità della luce, una risposta.
Secondo la Netcraft January 2019 Web Server Survey, in Rete ci sono più di un miliardo e mezzo di siti web, a cui aggiungere quelli del dark web accessibili solo via TOR. A cui aggiungere, ovviamente, tutti gli altri servizi non-www disponibili sulla Rete.
Parliamo di numeri enormi, una Rete pressoché infinita e in continua mutazione, che cambia più velocemente di qualsiasi altro luogo. Una Rete che non ha confini (o, meglio, i pochi che ha sono definiti dai firewall governativi di Paesi non proprio democratici) e che sfugge al controllo di qualsiasi autorità, come dimostra l’esistenza e la proliferazione anche di fenomeni criminali, oltre che di vere e proprie cyber-guerre (nel 2016 la NATO ha inserito il cyberspazio tra gli scenari operativi).
Come tutti gli altri luoghi frequentati da esseri umani, anche la Rete non è sicura, quantomeno non più del mondo reale. Così come è nata, cresciuta e organizzata, la Rete è un ecosistema capace di resistere non solo a un attacco nucleare ma anche ai molti tentativi di controllo da parte dei Governi. Anche se, qualche volta, governi e regimi non particolarmente democratici bloccano o limitano l’uso della Rete (Iran, Russia…), per arginare proteste e rivolte popolari.
La Rete è anche uno dei luoghi più importanti per l’esercizio dei diritti democratici come la trasparenza e la partecipazione, così come la possibilità di consultare documentazione, informarsi e contribuire a progetti senza intermediazione, tanto da aver contribuito attivamente alla nascita e crescita di forze politiche, di movimenti, di rivoluzioni.
Forum, chat, social networks, portali di informazione e controinformazione, piattaforme di streaming, podcast... qualcuno ancora immagina la Rete come una enorme piazza virtuale dove trovare di tutto, dalle notizie del giorno alle istruzioni per la costruzione della Bomba Atomica. Una grande piazza dove, però, alcuni “giganti del web” la fanno da padroni, innescando un fenomeno nuovo chiamato “capitalismo della sorveglianza”, tanto da aver sollecitato il padre del Web, Tim Berners-Lee, a intervenire per “salvare Internet” e restituire a noi utenti il controllo dei nostri dati. Perché la Rete è mutata e oggi assomiglia più a un insieme di tante piazze e giardini, più o meno recintate, interconnesse tra loro, dove gli utenti sono continuamente sorvegliati da potentissimi “occhi elettronici” (trackers, IA, big data…) in ogni loro movimento. Dove, addirittura, sono gli algoritmi a stimolare gli utenti a una certa reazione, un certo comportamento. Sfuggirvi è difficilissimo, quasi impossibile, e ogni nostro movimento in Rete viene registrato e conservato. A questo, si aggiungono i tanti strumenti domotici e biometrici che abbiamo messo nelle nostre case e che indossiamo: anch’essi connessi alla Rete (la cosiddetta IoT – Internet of Things), contribuiscono all’enorme raccolta di dati sugli utenti. L’ora a cui si svegliano, quando vanno a dormire, quando fanno sesso. I gusti musicali, alimentari, le preferenze cinematografiche, le tendenze sessuali…tutto, ma proprio tutto, ormai viene raccolto e memorizzato. In cambio, gli utenti, ottengono l’accesso ai servizi. Che sia la posta elettronica, il social network o il videoclip musicale.
Se tutto questo non vi spaventa, o quantomeno preoccupa, abbiamo un problema.
Secondo una ricerca fatta sui ragazzi italiani, il 55% di loro sarebbe favorevole a un “patentino” obbligatorio prima di accedere alla Rete. In sincerità, non so se ridere o piangere, perché di queste strampalate proposte che ancora una volta delegano a terzi l’elemento fondamentale della sopravvivenza umana, ovvero l’educazione e la conoscenza, ultimamente ne sentiamo anche troppe.
La Rete non è così diversa dalle nostre strade, piazze, quartieri e città. Che sono pericolosi, se non se ne conoscono le dinamiche, esattamente come la Rete. I cui rischi sono diversi, specifici e talvolta potrebbero sembrare meno evidenti. Così come insegniamo ai nostri figli come attraversare la strada prima di mandarli, da soli, in giro, dovremmo impegnarci a insegnare loro come ci si comporta in Rete. Non cadere nelle truffe, non mettere a repentaglio la sua né altrui dignità, non condividere informazioni personali, non scaricare software illegale e non sfruttare portali di dubbia liceità, che molto spesso veicolano malware e altri “regali” indesiderati. Mantenere il proprio “veicolo” efficiente, con aggiornamenti frequenti, un antivirus funzionante e di qualità, privilegiando le soluzioni open-source più affidabili.
Per fortuna, non servono “patentini” per andare in giro. Non servono neanche per usare la Rete e non credo ci sia bisogno di un “Safer Internet Day“, così come non sentiamo il bisogno di un “Safer Squares Day” o “Safer Streets Days“. Non abbiamo neanche bisogno di comprimere ulteriormente gli spazi di libertà offerti dalla Rete, strumento e veicolo indispensabile per la salute della Democrazia.
Quello di cui abbiamo bisogno è consapevolezza, educazione, corretta informazione.
*www.zerozone.it