Dal 5 gennaio 2021 giorno di pubblicazione della carta (Cnapi) ci sono 60 giorni di tempo per formulare le controdeduzioni alla società Sogin SpA
SARTEANO. Il Consiglio dell’Unione dei Comuni Valdichiana Senese (Ucvs), di cui fanno parte i Comuni di Cetona, Chianciano Terme, Chiusi, Montepulciano, San Casciano dei Bagni, Sarteano, Sinalunga, Torrita di Siena, Pienza e Trequanda, riunitosi (ieri sera) 18 gennaio 2021, ha espresso la netta contrarietà alla proposta di idoneità dell’area (denominata SI5) contenuta nella Carta Nazionale delle aree potenzialmente idonee alla costruzione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi (Cnapi), individuata da Sogin SpA, società incaricata dello smaltimento degli impianti nucleari italiani e della messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi e soggetto responsabile per la realizzazione e l’esercizio del Deposito Nazionale.
Tra le 67 aree potenzialmente idonee, di cui solo una verrà scelta, al termine del processo di localizzazione, come sito unico nazionale, idoneo per ospitare il Deposito, in Toscana sono stati individuati due luoghi potenzialmente idonei per il Deposito Nazionale delle scorie nucleari: Pienza-Trequanda (in provincia di Siena) – due dei dieci comuni che fanno parte dell’Unione dei Comuni Valdichiana Senese – e Campagnatico in provincia di Grosseto.
La Carta è stata pubblicata lo scorso 5 gennaio e i Sindaci, dalla data della pubblicazione, hanno 60 giorni per produrre osservazioni, realizzare un dossier e fare controdeduzioni, un tempo molto ristretto per produrre un documento completo su una questione tanto complessa ed, inoltre, in un momento in cui le ricadute locali delle restrizioni per l’emergenza sanitaria continuano ad impegnare Sindaci e Amministratori.
Il Consiglio dell’Ucvs, prontamente convocato, si è espresso sull’idonea dell’area identificata tra Pienza e Trequanda. Il Presidente dell’Unione dei Comuni Valdichiana Senese, Roberto Machetti, all’indomani della seduta, esprime soddisfazione per la coesione dimostrata da tutte le forze politiche presenti che unanimamente hanno espresso la forte contrarietà all’idoneità dell’area tra Pienza e Trequanda per l’individuazione del deposito unico nazionale dei rifiuti radioattivi.
“Le forze politiche di tutti e dieci i Comuni e soprattutto ogni Consigliere ha dimostrato che, di fronte a questioni di così grande rilevanza, è necessario porre al primo posto il ‘bene comune’ della nostra collettività, ovvero i valori civili e sociali, che una generazione dopo l’altra, sono stati posti sempre al centro del ‘modello di sviluppo ideale’ di queste terre, per mantenere un modello socio-economico capace di salvaguardare anche i patrimoni culturali e paesaggistici di questi luoghi – afferma Roberto Machetti, Presidente dell’Ucvs.
L’area tra Pienza e Trequanda (denominata nella Carta SI-5), identificata da Sogin e proposta come una tra aree italiane idonee, è posta a nord del torrente Tuoma e ad ovest della strada per Sant’Anna in Camprena, luoghi confinanti tra i due comuni interessati, terre dove i paesaggi sono stati immortalati, per la loro bellezza, anche in importanti produzioni cinematografiche internazionali. Ma nell’area, a pochi chilometri di raggio dal sito identificato da Sogin, in località “Bagnacci”, si trovano anche pozze di acqua calda di origine termale, che testimoniano un’attività geotermica di origine vulcanica tutt’ora attiva e, quindi, il territorio è da considerarsi tutt’altro che stabile dal punto di vista geologico. Inoltre, in prossimità di quest’area sono presenti beni architettonici tutelati (come la Chiesa e il Monastero di Sant’Anna in Camprena, dove nei primi anni del ‘900 sono stati effettuati ritrovamenti etruschi di epoca ellenistica, il Podere Lama, la Villa “Il Palazzone”, la Chiesa di San Regolo e vicino il Palazzo Massaini, costruito da Bibbiano Cacciaconti nel XV secolo). Nelle vicinanze si trovano altri siti di interesse regionale e aree protette (come l’Abbazia di Monte Oliveto Maggiore, le Crete di Asciano, la Riserva Naturale di Lucciolabella, le Crete dell’Orcia e del Formone). Inoltre, vi sono siti che fanno parte della “Rete Natura 2000” (territori protetti costituiti da aree di particolare pregio naturalistico per la flora e la fauna, ovvero Zone Speciali di Conservazione e Siti di Importanza Comunitaria).
Pienza e la Val d’Orcia hanno ottenuto il riconoscimento dall’UNESCO, come patrimonio mondiale dell’umanità, con la seguente motivazione: “La Val d’Orcia è un eccezionale esempio del ridisegno del paesaggio del Pre-Rinascimento, che illustra gli ideali del buon governo e la ricerca estetica che ne ha guidato la concezione celebrata dai pittori della scuola senese, la Val d’Orcia è divenuta un’icona del paesaggio che ha profondamente influenzato lo sviluppo del pensiero paesistico”; è indubbio che il mantenimento di questo riconoscimento mondiale costituisce la priorità per le comunità locali, che identificano le proprie risorse economiche e culturali con il paesaggio, un luogo decisamente incompatibile con l’idoneità, anche solo teorica, ad ospitare un deposito permanente di rifiuti radioattivi della dimensione di 150 ettari. Pienza è considerata l’incarnazione dell’utopia rinascimentale della città ideale; ottenuto il riconoscimento di sito Unesco nel 1996, ancora oggi comunica al mondo i canoni urbanistici del Rinascimento per l’organizzazione razionale degli spazi e delle prospettive di piazze e palazzi cinquecenteschi. Pienza è nota, oltre che per l’equilibrata bellezza della sua architettura, anche per il modo armonioso con cui si combina col paesaggio.
Trequanda è stato il primo Comune della Toscana, e tra i primissimi in Italia, ad ottenere il prestigioso riconoscimento di “Paesaggio rurale storico” (nel 2018) e ancor prima (nel 1994) ha fondato l’Associazione nazionale delle Città dell’Olio, per la tutela del paesaggio olivicolo. Le Città dell’Olio oggi rappresentano un importante asset sul quale investire con progettualità mirate a vantaggio di un più vasto territorio circostante e, insieme agli altri tre paesaggi olivicoli a livello nazionale, ha ottenuto questo riconoscimento nell’ottica di considerarlo sempre di più un “bene culturale” (le Città dell’Olio e dei Paesaggi olivetati sono state iscritte nel registro della Rete dei Paesaggi Rurali Storici, istituito dal Mipaaf (Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali) dove Trequanda – nella figura del Sindaco – esprime il coordinatore nazionale). Inoltre, nel territorio di Trequanda lungo la valle attraversata dal torrente Trove, area confinante con quella individuata da Sogin, recenti scavi archeologici hanno portato alla luce i resti di un importante insediamento romano della prima età imperiale comprendente una villa patrizia di notevole pregio, sia per i materiali rinvenuti (intonaci policromi, tessere di mosaico ed altro), che per la struttura.
Quest’area (denominata nella Carta SI-5), che ricadere sul perimetro dell’area riconosciuta dall’UNESCO “Patrimonio mondiale dell’umanità”, è stata dichiarata idonea sulla base dell’indicatore “trasporti terrestri”, inteso semplicemente come baricentro medio rispetto ai siti esistenti e i percorsi totali stimati per il trasporto delle scorie, che sono stati stimati in ben 10,2 milioni di chilometri, ma non si è tenuto conto che i mezzi pesanti per il trasporto del materiale radioattivo dovrebbero fare i conti con lo stato delle strade (anche bianche), l’attraversano dei borghi storici medioevali, i centri abitati, oltre i siti dell’UNESCO.
“I dati parlano chiaro – continua Machetti -: il nostro territorio non ha elementi minimi per ospitare un deposito di rifiuti radioattivi, non solo per gli aspetti geomorfologici e per la presenza di prodotti agroalimentari di pregio e alta qualità, ma anche per le qualità ambientali e soprattutto della vita umana di chi qui vive, costruisce, sviluppa, guardando sempre al preservare e mantenere il territorio”.
“Amministrare queste terre oggi vuol dire salvaguardare scelte ponderate prese nel tempo e gli Amministratori attuali dei dieci Comuni, nell’esprimere unanimamente la loro contrarietà al deposito nazionale di rifiuti radioattivi, si sono pronunciati, indipendentemente dalla propria impostazione ideologica, per difendere, compatti e uniti, questi territori (su cui si discute democraticamente e giustamente anche con scontri ideologici duri e contrapposti). Questioni come queste travalicano le proprie posizioni, quasi ontologicamente, rispetto alle ordinarie questioni gestionali del bene pubblico” – aggiunge Roberto Machetti.
“I Sindaci della Valdichiana Senese, insieme a quelli dei Comuni della Val D’Orcia e degli altri Comuni della Provincia di Siena, fino ai componenti del Consiglio regionale della Toscana, non hanno minimamente avuto dubbi su una cosa: su questioni tanto rilevanti, anche per i prossimi decenni, ciò che conta sono gli obiettivi condivisi; un bell’esempio di comunità da cui prendere spunto nella prassi amministrativa consuetudinaria, al fine dell’impostazione di dialettiche mai parziali e mai perdenti” – conclude Roberto Machetti.
Il Deposito Nazionale sarà destinato allo smaltimento a titolo definitivo dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività, derivanti da attività industriali, di ricerca e medico-sanitarie e dalla pregressa gestione di impianti nucleari e all’immagazzinamento, a titolo provvisorio di lunga durata, dei rifiuti ad alta attività, e del combustibile irraggiato, provenienti dalla pregressa gestione di impianti nucleari incluso in un Parco Tecnologico.
Il Deposito Nazionale, di cui l’Italia è uno dei pochi paesi in Europa a non avere ancora una struttura di questo tipo, permetterà, in sostanza, di sistemare i rifiuti radioattivi prodotti dall’esercizio e dallo smantellamento degli impianti nucleari e dalle quotidiane attività di medicina nucleare, industria e ricerca, occuperà 150 ettari, di cui 110 per il deposito vero e proprio, e sarà composto da 90 costruzioni in calcestruzzo armato, dette le celle, che a loro volta conterranno dei moduli in cemento, dove saranno collocati i contenitori di metallo con i rifiuti: una sorta di ‘matrioska’ per sigillare i moduli per i successivi 300 anni. A fianco del deposito sorgerà un Parco Tecnologico per la ricerca e lo studio sui rifiuti nucleari. Il periodo di esercizio del Deposito Nazionale è stato stimato in 40 anni, con una maggior incidenza nei primi 20 anni e una volta raggiunta la capacità massima di contenimento non verranno stoccati nel deposito ulteriori rifiuti e l’impianto sarà chiuso ma – come detto -, sono stati stimati circa 300 anni necessari a far decadere la radioattività dei rifiuti a molto bassa e bassa attività.
La messa in sicurezza dei rifiuti nucleari costituisce un adempimento di interesse nazionale non ulteriormente procrastinabile e a causa dei ritardi accumulati nel tempo nell’individuazione di un sito centralizzato per lo stoccaggio di lungo periodo dei rifiuti radioattivi, il nostro paese è incorso nell’ennesima infrazione comunitaria alla quale corrispondono anche sanzioni economiche. La procedura individuata ha il pregio di inaugurare una stagione di approfondimenti, partecipazione e verifiche tecniche trasparenti ma il termine di 60 giorni, previsto dalla Legge, per presentare le osservazioni risulta estremamente stringente.