di Enrico Campana
SIENA. Strana davvero la vita. Quando l’8 agosto compirà i 70 anni, Franco Chimenti potrà davvero sostenere che nel golf (lo sport che nel suo settennato è passato in Italia da 52 mila a 100 mila tesserati, oltre 300 campi da golf di cui gli ultimi due, di prossima apertura appartengono proprio nel territorio senese all’interno della Tenuta di Bagnaia e di quella di Massimo Ferragamo a Montalcino e sono fra i più belli e lussuosi), che la vita comincia alla sua età.
Del resto Gary Player non ha giocato il recente torneo dei campioni (il Masters di Augusta) a 73 anni? E in fondo Chimenti, prima accanito tennista di circolo adesso golfista ma anche tifoso del calcio laziale (è stato presidente ai tempi di Chinaglia) e tifoso della Lottomatica, non potrebbe aver fatto un patto col diavolo in virtù della sua scienza affine all’alchimia (è preside e docente di Farmacologia alla Sapienza di Roma)? Il professore, in realtà, dimostra con un’energia e determinazione senza pari come la vita biologica dell’homo faber, la cui giornata è ricca di interessi e di poco sonno, si sia abbassata di 10-15 anni, senza dimenticare la protezione che il suo angelo custode dispensa a quelli nati nel suo segno zodiacale, fermezza, vitalità, longevità invidiabili.
Che diventi o meno il presidente del CONI – cosa che adesso appare più probabile o meno improbabile con la svolta del ritiro di Paolo Barelli, nei panni di un novello Farinata degli Uberti che aveva dalla sua tre carte vincenti ma le ha giocate male: gioventù, un passato da campione di nuoto e un seggio senatoriale – quando il 6 maggio andranno al voto nel segreto dell’urna i 79 delegati (il quorum è 40 voti, sfilerà anche il presidente in carica), bisogna dargli atto che ormai ha dimostrato una tempra degna di poter sostenere le sette fatiche d’Ercole.
Ha iniziato subito dopo Pechino con la sfida leale e lealista a Gianni Petrucci col suo “petruccismo” derivante da 10 anni di potere, la pratica del divide et impera, il buonismo alla fragranza di incenso; a questo poposito: nell’ultima intervista sulla rosea l’ex sindacalista CONI passato al ruolo di segretario del basket a presidente e poi al CONI con una digressione al calcio, ha pure scomodato San Giovanni Bosco, che considera il suo protettore, mentre un comune mortale come il sottoscritto, può arrivare al massimo al suo amato Anahuel. Ha presentato la sua candidatura fin 8 mesi fa, quando tutti gli sconsigliavano una “volata lunga”, da lui invece considerato il tempo necessario per un giro di orizzonti e contatti adeguata per cambiare il manico dell’organismo di gestione dello sport, oltre che per far capire al colto e all’inclita le sue motivazioni e tentare di spazzare via la fola che in fatto di olimpismo è un pesce fuor d’acqua. Alla fine, dopo una tremenda guerra di nervi che avrebbe strangolato un rivale, è riuscito a vincere le primarie del suo schieramento e col ripiegamento di Barelli (mica sarà che è d’accordo con Petrucci e sarà il suo vicepresidente?, opinano i soliti bene informati) a dimostrare alla politica di essere l’uomo più affidabile per il cambiamento in tempi di crisi economica e di costume. Se davvero si vuole fare una scelta coraggiosa, fondata sull’autonomia dello sport, anche se ancora qualche giornale – più petrucciano dello stesso Petrucci… – scrive che la ritirata di Barelli è già una sconfitta di Berlusconi, la politica doveva fare un passo indietro, mandando attraverso il suo organo vigilante (il sottosegretario Rocco Crimi) un messaggio chiaro ai baroni federali dello sport. Noi ci tiriamo fuori, ma voi dovete rinnovare lo sport italiano, e soprattutto farne un modello di comportamento morale e gestionale, altrimenti questa autonomia non ve la sarete meritata. Questo credo sia la morale di questo teatrino. Stile vuole che non abbiano aggiunto una postilla, che però gira nell’aria vista la mala gestione: se non ci pensate voi stessi a sistemare le cose, magari saremo costretti a intervenire. Non è possibile pensare ad altri 500-600 milioni drenati dalle tasche dei contribuenti per un pugno di medaglie quando poi l’80 per cento degli atleti vincenti veste la divisa dei corpi militari, e quindi – anche in questo caso – paga sempre Pantalone. Non è possibile immaginare un CONI che si fa beffe di Tremonti e risponde al varo di un consiglio d’amministrazione (che si chiama CONI servizi) per ridurre i costi aumentando il deficit e attribuendosi – grazie alla duplicazione dei ruoli – generose indennità. Non è possibile tapparsi le orecchie di fronte ai richiami sulla trasparenza della Corte dei Conti, alle interpellanze parlamentari, far finta che la gente non sia divisa, dissimulare sorridendo di certe intercettazioni telefoniche, usare il bastone e la carota (soprattutto nei casi di doping, dall’ergastolo sportivo al perdono in un battibaleno), riuscire di questi tempi a trovare un tesoretto di 3 milioni di euro per garantire ai vincitori di medaglie un vitalizio extra di 200 mila euro per difendere l’alloro e la propria immagine, o una continua progressione aritmetica del deficit, o non cospargersi mai e poi il capo di cenere in due lustri di potere.
Si torna quindi alla corsa a due, vinca il migliore, l’ideale non mi pare la continuità di una gestione che costa troppo allo stato (ultima perla, la chiusura della Sportass passata all’Inps, con altri 300 milioni dei contribuenti), estranea a una cultura manageriale anche del livello minimo, perciò ci vuole una rottura. Non escludiamo da qui al 6 maggio altri colpi di scena, perché la politica sportiva, quella dei votaioli, è anche peggiore a volte di quella che ci passa la Tv, ma non cambiare sarebbe peggio che perseverare!
Per questo, grazie al professore di ferro, potrebbe sgretolarsi di colpo, come un castello di carte, la resistenza al cambiamento mascherata dalla minaccia politica. La casistica, in tutta la sua carriera, dice che è uscito sempre vincitore anche nelle situazioni più critiche, chiedere anche ad Andreotti.
SIENA. Strana davvero la vita. Quando l’8 agosto compirà i 70 anni, Franco Chimenti potrà davvero sostenere che nel golf (lo sport che nel suo settennato è passato in Italia da 52 mila a 100 mila tesserati, oltre 300 campi da golf di cui gli ultimi due, di prossima apertura appartengono proprio nel territorio senese all’interno della Tenuta di Bagnaia e di quella di Massimo Ferragamo a Montalcino e sono fra i più belli e lussuosi), che la vita comincia alla sua età.
Del resto Gary Player non ha giocato il recente torneo dei campioni (il Masters di Augusta) a 73 anni? E in fondo Chimenti, prima accanito tennista di circolo adesso golfista ma anche tifoso del calcio laziale (è stato presidente ai tempi di Chinaglia) e tifoso della Lottomatica, non potrebbe aver fatto un patto col diavolo in virtù della sua scienza affine all’alchimia (è preside e docente di Farmacologia alla Sapienza di Roma)? Il professore, in realtà, dimostra con un’energia e determinazione senza pari come la vita biologica dell’homo faber, la cui giornata è ricca di interessi e di poco sonno, si sia abbassata di 10-15 anni, senza dimenticare la protezione che il suo angelo custode dispensa a quelli nati nel suo segno zodiacale, fermezza, vitalità, longevità invidiabili.
Che diventi o meno il presidente del CONI – cosa che adesso appare più probabile o meno improbabile con la svolta del ritiro di Paolo Barelli, nei panni di un novello Farinata degli Uberti che aveva dalla sua tre carte vincenti ma le ha giocate male: gioventù, un passato da campione di nuoto e un seggio senatoriale – quando il 6 maggio andranno al voto nel segreto dell’urna i 79 delegati (il quorum è 40 voti, sfilerà anche il presidente in carica), bisogna dargli atto che ormai ha dimostrato una tempra degna di poter sostenere le sette fatiche d’Ercole.
Ha iniziato subito dopo Pechino con la sfida leale e lealista a Gianni Petrucci col suo “petruccismo” derivante da 10 anni di potere, la pratica del divide et impera, il buonismo alla fragranza di incenso; a questo poposito: nell’ultima intervista sulla rosea l’ex sindacalista CONI passato al ruolo di segretario del basket a presidente e poi al CONI con una digressione al calcio, ha pure scomodato San Giovanni Bosco, che considera il suo protettore, mentre un comune mortale come il sottoscritto, può arrivare al massimo al suo amato Anahuel. Ha presentato la sua candidatura fin 8 mesi fa, quando tutti gli sconsigliavano una “volata lunga”, da lui invece considerato il tempo necessario per un giro di orizzonti e contatti adeguata per cambiare il manico dell’organismo di gestione dello sport, oltre che per far capire al colto e all’inclita le sue motivazioni e tentare di spazzare via la fola che in fatto di olimpismo è un pesce fuor d’acqua. Alla fine, dopo una tremenda guerra di nervi che avrebbe strangolato un rivale, è riuscito a vincere le primarie del suo schieramento e col ripiegamento di Barelli (mica sarà che è d’accordo con Petrucci e sarà il suo vicepresidente?, opinano i soliti bene informati) a dimostrare alla politica di essere l’uomo più affidabile per il cambiamento in tempi di crisi economica e di costume. Se davvero si vuole fare una scelta coraggiosa, fondata sull’autonomia dello sport, anche se ancora qualche giornale – più petrucciano dello stesso Petrucci… – scrive che la ritirata di Barelli è già una sconfitta di Berlusconi, la politica doveva fare un passo indietro, mandando attraverso il suo organo vigilante (il sottosegretario Rocco Crimi) un messaggio chiaro ai baroni federali dello sport. Noi ci tiriamo fuori, ma voi dovete rinnovare lo sport italiano, e soprattutto farne un modello di comportamento morale e gestionale, altrimenti questa autonomia non ve la sarete meritata. Questo credo sia la morale di questo teatrino. Stile vuole che non abbiano aggiunto una postilla, che però gira nell’aria vista la mala gestione: se non ci pensate voi stessi a sistemare le cose, magari saremo costretti a intervenire. Non è possibile pensare ad altri 500-600 milioni drenati dalle tasche dei contribuenti per un pugno di medaglie quando poi l’80 per cento degli atleti vincenti veste la divisa dei corpi militari, e quindi – anche in questo caso – paga sempre Pantalone. Non è possibile immaginare un CONI che si fa beffe di Tremonti e risponde al varo di un consiglio d’amministrazione (che si chiama CONI servizi) per ridurre i costi aumentando il deficit e attribuendosi – grazie alla duplicazione dei ruoli – generose indennità. Non è possibile tapparsi le orecchie di fronte ai richiami sulla trasparenza della Corte dei Conti, alle interpellanze parlamentari, far finta che la gente non sia divisa, dissimulare sorridendo di certe intercettazioni telefoniche, usare il bastone e la carota (soprattutto nei casi di doping, dall’ergastolo sportivo al perdono in un battibaleno), riuscire di questi tempi a trovare un tesoretto di 3 milioni di euro per garantire ai vincitori di medaglie un vitalizio extra di 200 mila euro per difendere l’alloro e la propria immagine, o una continua progressione aritmetica del deficit, o non cospargersi mai e poi il capo di cenere in due lustri di potere.
Si torna quindi alla corsa a due, vinca il migliore, l’ideale non mi pare la continuità di una gestione che costa troppo allo stato (ultima perla, la chiusura della Sportass passata all’Inps, con altri 300 milioni dei contribuenti), estranea a una cultura manageriale anche del livello minimo, perciò ci vuole una rottura. Non escludiamo da qui al 6 maggio altri colpi di scena, perché la politica sportiva, quella dei votaioli, è anche peggiore a volte di quella che ci passa la Tv, ma non cambiare sarebbe peggio che perseverare!
Per questo, grazie al professore di ferro, potrebbe sgretolarsi di colpo, come un castello di carte, la resistenza al cambiamento mascherata dalla minaccia politica. La casistica, in tutta la sua carriera, dice che è uscito sempre vincitore anche nelle situazioni più critiche, chiedere anche ad Andreotti.