"Questa dovrebbe essere la regola per una democrazia autentica"
di Mauro Aurigi
SIENA. A Siena c’è ancora chi si rallegra (nella fattispecie su Facebook) con i propri sodali per la vittoria dei “sì” all’ultimo referendum. Tra loro anche aderenti e simpatizzanti della (sedicente) sinistra evidentemente allineati, per l’occasione, alla destra. Anzi, direi allineati alla pancia di questo Paese che ormai ha sulle scatole i parlamentari e il sistema parlamentare. Insomma col risultato referendario è ormai confermato che in Italia esiste una destra solidamente maggioritaria, che si è ingoiata anche una fascia non trascurabile della sinistra. Voglio dire che la maggioranza dell’elettorato italiano si è appiattito su questa motivazione di fondo che sta dietro a quel “sì” referendario: MENO SONO QUELLI CHE LEGIFERANO, MEGLIO LEGIFERANO. E’ un concetto che ovviamente è connaturato al pragmatismo della destra. Ma è un concetto che significa anche che, alla fine, UN UOMO SOLO AL COMANDO E’ IL MIGLIORE DEI SISTEMI POLITICI. E questa è cosa che noi italiani, tragicamente, dovremmo ricordare bene.
Peggio: alcuni di loro sono sicuramente senesi e qualcuno è anche esperto di “storia patria”. Mi domando come costoro non abbiano capito di essere in profonda contraddizione. E mi spiego.
Il sistema politico dell’antica e gloriosa Repubblica senese – del resto come quelli di analoghe città del centro-nord dell’epoca – era complicato e quindi di difficile comprensione. Ma non può sfuggire che il parlamento senese (Consiglio generale), in una città che non superò mai i 50mila abitanti (tanti quanto ancora oggi), fosse di regola composto di circa 300 consiglieri in carica un solo anno senza rielezione, se non dopo anni. Ma in situazioni di particolare importanza (per esempio, una dichiarazione di guerra), il Consiglio generale poteva essere portato a oltre 800 membri (da qualche parte ho anche letto che addirittura poteva arrivare anche a 1500). Ecco, basta una banale equazione per capire che l’Italia di oggi per stare alla pari con la Siena di ieri e quindi per godere di analogo successo (perché di successo reale allora si trattò), dovrebbe avere di norma un parlamento di 360mila componenti o, in casi straordinari (vedi la partecipazione a guerre come quella di D’Alema contro la Serbia e quella di Berlusconi contro l’Iraq), di 960mila se non addirittura di 1.800.000. Ossia, secondo l’ottica della destra attuale, quello di allora era un mostruoso, paralizzante monumento all’inefficienza burocratica.
E invece no. A questa gente sembra non passi neanche per l’anticamera del cervello che ancora oggi, caso forse unico in Italia, l’80% e forse più dell’attuale popolazione senese viva direttamente o indirettamente di ciò che fu realizzato allora (Università, Spedale, Banca, Turismo, per tacere del resto), ossia quando era in vigore il principio che PIU’ SONO QUELLI CHE LEGIFERANO, MEGLIO SI LEGIFERA. Principio questo che indiscutibilmente significa anche che quanto più ampi sono i livelli di democrazia, ossia quanti più sono quelli che decidono, cosa che ovviamente attiene alla sinistra (quella verace!), tanto più alti sono i livelli di prosperità di una comunità.
Ciò detto, pensate cosa sia riuscito a fare in quasi 70 anni (1287- 1355), con una simile pletora di (secondo la destra) paralizzanti istituzioni pubbliche, il Governo senese dei Nove: Duomo, il Campo, Palazzo pubblico ecc. E guardate che città invece è stato capace di edificare fuori dalle mura, in un analogo numero di anni, il regime repubblicano e “democratico” (la virgolettatura è d’obbligo) dal 1945 ad oggi. E non solo fuori dalle mura se si pensa alla mostruosa Camera di commercio e all’altrettanto mostruosa struttura universitaria a Porta Tufi.
Che dire? E’ mortificante, ma non mi rimane che ripetere, sempre più stancamente, che in Italia il fascismo non è nato con Mussolini, né è morto con lui.