Dopo la "marcia su Roma" richieste le mappature delle zone
AMIATA. Non è stato per riproporre un generico no alla geotermia che i comitati ambientalisti dell’Amiata hanno partecipato il 5 marzo a Roma, insieme alla Rete Nazionale No Geotermia Elettrica, di cui fanno fa parte, alla giornata di mobilitazione nazionale contro alcune scelte parlamentari in materia di geotermia. Non è la prima volta che la “questione geotermia” arriva in parlamento: già il 27 dicembre scorso era stata presentata alla Camera un’interrogazione sulle conseguenze della geotermia in Amiata – interpellanti Adriano Zaccagnini (ex Movimento 5 Stelle, oggi gruppo misto), Serena Pellegrino (SEL) e Alberto Zolezzi (M5S). Quattro i Ministri destinatari delle informazioni richieste al Governo: Salute, Sviluppo Economico, Ambiente e Affari Europei. Sette le domande per le quali era richiesta una risposta:
1. se, considerato che l’acqua è un bene comune di gran lunga più importante degli utili di una società energetica e tenuto conto della grave crisi idrica determinata anche dagli impianti geotermici che comportano forti aumenti dei consumi, ad avviso degli interpellanti nella specifica circostanza del Monte Amiata si sarebbe dovuto applicare il principio di precauzione;
2. se i Ministri siano a conoscenza dei fatti narrati e quali azioni intendano intraprendere; se i Ministri, visto l’eccesso di malattie registrate nei comuni geotermici con concentrazioni crescenti degli inquinanti di cui in premessa, non reputino ci sia un nesso con le suddette emissioni geotermiche, che si ripetono da diversi decenni in Amiata;
3. se non reputino che il bilancio idrico avrebbe dovuto essere definito, come richiesto anche dalle autorità di bacino, comprendendo le acque emesse dalle centrali geotermiche e che le aree di ricarica delle falde idropotabili debbano essere individuate, perimetrate e tutelate; di quali elementi disponga circa la conformità dell’attività geotermica in Amiata con le normative vigenti così come sopra citate;
4. se viste le norme e le direttive e indicazioni dell’Unione europea sulla riduzione delle emissioni di ammoniaca e metano, non reputino che le centrali geotermiche dovrebbero essere escluse dalle energie rinnovabili, visto che producono più di una centrale alimentata ad olio combustibile e se stante i dati dell’Arpat, si possa sostenere che le centrali geotermoelettriche producano energia pulita e sostenibile tale da ricevere una cospicua somma di incentivi statali;
5. se tale situazione non comporti rischi elevati per l’incolumità pubblica in caso di eventi sismici che, stante i fatti, si potrebbe verificare con conseguenze disastrose; quindi se non ravvedano un reale rischio per l’incolumità degli abitanti del territorio, considerato che l’Amiata è reputata anche zona sismica, e se non ritengono, per quanto di competenza, di fare proprie le considerazioni del professore Mucciarelli docente di sismologia applicata;
6. se non ritengano doveroso, per quanto di competenza, colmare le lacune normative, finora troppo generalizzate, in tema di geotermia, facendo proprie le istanze dei movimenti e dei coordinamenti locali che denunciano un grave rischio per la salute e per l’ambiente;
7. se i Ministri vista la costruzione di Bagnore 4 all’interno di un sito di interesse comunitario e zona di protezione speciale, non ritengano che vada ad inquinare pesantemente un’area protetta, anche in considerazione del fatto che, ad avviso degli interpellanti si sta agendo in netto contrasto con le scelte compiute in precedenza dalla pubblica amministrazione che ha prima usufruito di finanziamenti pubblici per proteggere e valorizzare le risorse naturali e le biodiversità di un’area ed ora usufruisce delle «compensazioni ambientali» di ENEL per danneggiare quello che invece avrebbe dovuto tutelare.
Le domande erano corredate da 19 documenti, per lo più prodotti da uffici pubblici, responsabili della tutela della salute e dell’ambiente e tutti comunque provenienti da fonti autorevoli (Arpat, Ars, Asl, Regione Toscana, Università, CNR, Acquedotto Del Fiora, Autorità di Bacino, Enel, Studi pubblicati su riviste scientifiche ecc.) e sulla base di questa documentazione l’interrogazione aveva già superato il vaglio della Commissione Ispettiva della Camera sulle interrogazioni. Partendo dal presupposto, avallato dagli studi allegati, che la Geotermia in Amiata non è né rinnovabile, né sostenibile e tanto meno pulita, si affacciavano, sempre sulla base della documentazione prodotta, ipotesi di illegittimità e illegalità allarmanti; come l’Enel ha potuto ottenere consistenti finanziamenti pubblici, a carico dei contribuenti, e come quegli impianti, tecnologicamente superati, hanno potuto essere autorizzati ed essere considerati capaci di produrre una energia rinnovabile e sostenibile, al punto da essere incentivata e ben accolta dagli amministratori pubblici? Inoltre le emissioni delle centrali geotermiche sono climalteranti ben oltre le centrali elettriche alimentate ad olio combustibile e sottraggono una buona parte delle riserve idriche, peggiorandone la qualità, fino all’esaurimento. Secondo le norme, direttive e indicazioni dell’Unione Europea sulla riduzione delle emissioni di ammoniaca e metano, le centrali geotermiche dovrebbero essere escluse dalle energie rinnovabili, visto che ne producono più di una centrale alimentata ad olio combustibile e, dunque, anche dalla possibilità di ricevere cospicui incentivi statali. Il tutto in zona sismica e all’interno di arre protetta dalla Comunità europea.
La nuova centrale Bagnore 4 e due nuovi pozzi sono localizzati all’interno di un sito di interesse comunitario (SIC) e zona di protezione speciale (ZPS) Monte Labbro ed Alta Valle dell’Albegna. Alcuni interventi «sono programmati in prossimità del medesimo sito ed alcuni ricadono all’interno o nelle vicinanze del Sic “Alto corso del fiume Fiora” e del Sic “Cono vulcanico del Monte Amiata”». Per gli interpellanti ne discendeva una contraddizione «con le scelte compiute in precedenza dalla pubblica amministrazione che ha prima usufruito di finanziamenti pubblici per proteggere e valorizzare le risorse naturali e le biodiversità di un’area e ora usufruisce delle compensazioni ambientali di Enel». Infine le rispettive procedure di VIA non hanno preso in esame l’impatto cumulativo delle emissioni, né è stato preso in considerazione l’inquinamento che continuano a produrre le discariche di materiali di risulta derivanti dalla lavorazione del mercurio: siti ancora in gran parte da bonificare, nonostante il loro inserimento nei piani di bonifica regionali”.
Sulla traccia di queste argomentazioni oggi i comitati affermano: «Il Parlamento italiano ha deciso di incentivare con una grande quantità di risorse economiche la produzione di energie pulite per contrastare le emissioni in atmosfera di gas clima-alteranti, per il contenimento delle emissioni di gas serra, per lo sviluppo delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica, anche per limitare l’energia prodotta dal carbone che è quella più pericolosa per la salute e il cambiamento climatico. Il problema è che la Giunta regionale Toscana, quelle provinciali di Grosseto e Siena e i sindaci dell’Amiata, tutti d’accordo, hanno deciso che una parte molto consistente di questi fondi pubblici per la produzione di energia elettrica pulita siano assegnati ad una fonte che secondo noi è inquinante: quella geotermica dell’Amiata».
All’origine della mobilitazione c’è anche l’avvio in diverse regioni d’Italia di installazioni di impianti geotermici pilota a media entalpiache, secondo le associazioni ambientaliste, “contrariamente a quanto si sostiene, presentano problemi tecnici estesi su vari fronti che necessitano di ricerche accurate, stante il fatto che ci sono geotermie e insediamenti a diverso grado di impatto ed accettabilità. Spesso, inoltre, non avendo analizzato preventivamente le aree idonee agli insediamenti, tali impianti si collocano in aree del paese vocate da tempo ad altre attività economiche che verrebbero distrutte da tali insediamenti se venissero realizzati”. Si fanno proprie le parole di Claudio Margottini, geologo, membro del comitato scientifico UNESCO/IGCP e assessore all’Ambiente del Comune di Orvieto, secondo cui la coltivazione dei giacimenti geotermici: non deve rappresentare causa, anche potenziale, di incremento dell’inquinamento ambientale e di pericolo per la salute ai cittadini che risiedono nei territori che ospitano gli impianti e di cui va individuata una modalità democratica per la ricerca necessaria del consenso; deve essere tale da evitare ogni possibilità di depauperamento del giacimento medesimo (acquifero); deve essere funzionale al raggiungimento degli obiettivi di Kyoto e quindi non rappresentare contributo, anche relativo o potenziale, alla variazione del clima; deve divenire motivo di partecipazione della popolazione residente, tenendo conto delle peculiarità delle economie esistenti nei territori in un corretto bilancio costi /benefici: deve favorire la presenza di micro-impianti (potenza minore di 500 KWh elettrici e profondità del pozzo minore di 400 m) detti ‘piccole utilizzazioni’, posti a servizio di imprese e di comunità locali. Tali finalità possono essere contemporaneamente soddisfatte, con le attuali tecnologie, soltanto tramite l’adozione di impianti che prevedano la totale reimmissione nell’acquifero di provenienza del fluido estratto ed utilizzato per alimentare gli impianti, ivi compresi i cosiddetti gas incondensabili. In altre parole si deve necessariamente andare verso una geotermia sostenibile ad impatto zero, cosa che le attuali tecnologie in parte già consentono, ma che non viene garantita dalle attuali norme”. Secondo la rete nazionale No Geotermia Elettrica a pagare gli incentivi «sono tutti i consumatori di energia con una tassa sulle bollette elettriche».
Tra i destinatari, in Toscana, ci sono le centrali geotermiche dell’Amiata, «una fonte che invece è più inquinante di quella del carbone». Un non senso, secondo i comitati. «Gli incentivi per le rinnovabili che il parlamento dà alle aziende produttrici di energia – ha spiegato Roberto Barocci di Sos Geotermia – pagati dai cittadini con il 20% della bolletta della luce ammontano a 10-12 miliardi di euro l’anno. Una finanziaria, in pratica. Eppure la Toscana li dà alle centrali geotermiche che inquinano più di quelle a carbone. Come chiamarlo se non un raggiro della legge per un obiettivo opposto a quello del legislatore?». A sostegno di questa affermazione, Sos geotermia cita un articolo scientifico uscito il 1º marzo sul Journal of cleaner production, dal titolo Environmental impact of electricity from selected geothermal power plants in Italy, scritto da Mirko Bravi, ricercatore all’università di Pisa, e Riccardo Basosi, professore ordinario di chimica fisica all’università di Siena, nominato dall’ex ministro dell’Istruzione Carrozza rappresentante italiano nel Comitato di Horizon 2020, programma quadro della ricerca europea per il 2014-2020. Nell’articolo i due studiosi arrivano alla conclusione che le centrali geotermiche dell’Amiata, a parità di energia prodotta, non solo «sono più inquinanti di quelle a carbone per le immissioni in atmosfera di gas serra e acidificanti, ma emettono anche notevoli sostanze cancerogene». Il comitato ricorda che è «statisticamente dimostrato che in Amiata molte malattie sono dovute alla presenza crescente delle stesse sostanze emesse anche da quelle centrali: mercurio, arsenico, boro, radon» e che la mortalità negli uomini è più alta del 13 rispetto alla media dei comuni limitrofi non geotermici. Un noto studio epidemiologico della Regione Toscana attesta 54 malattie tra gli amiatini che crescono al crescere di inquinanti quali arsenico, mercurio e altri, gli stessi prodotti dalle centrali geotermiche d’Amiata. «I rischi per l’ambiente e per la salute delle popolazioni che risiedono nei territori oggetto di ricerca, sono numerosi – è stato detto dai medici epidemiologi».
«La logica – ha detto Barocci in rappresentanza dei comitati – suggerisce che le centrali geotermiche partecipino all’insorgere di queste malattie, eppure la Regione ha concluso che non ci sono rischi». Rischi che, invece, la legge prevede di considerare, in base al principio di cautela. «Perciò chiederemo all’Europa di avviare una procedura di infrazione per l’Italia», ha annunciato Maurizio Montalto, studioso con pluriennale esperienza in sicurezza e igiene industriale, monitoraggio ambientale e riduzione dell’inquinamento. Il caso Amiata, sollevato lo scorso novembre durante il congresso degli epidemiologi italiani, comincia a far riflettere chi è convinto che l’energia geotermica sia pulita. «Penso che lo sia – ha detto Roberto Barocci – ma non lo è ovunque perché con l’attività geotermica, dal sottosuolo, insieme al vapore acqueo, escono anche metalli pesanti». Secondo Barocci l’errore che si sta commettendo è quello di generalizzare e definire quindi la geotermia come una risorsa rinnovabile e pulita in maniera identica su tutto il territorio nazionale. «Le variabili geologiche sono importanti e l’Amiata che da sempre è stata sede di miniere di mercurio oggi sprigiona tutto il suo male. Noi come comitati chiediamo stop a questi raggiri che il Parlamento legittima» A fronte di questi dati i politici, dice il comitato, foraggiano la geotermia amiatina con contributi pubblici destinati a forme di produzione di elettricità pulita. Gli ambientalisti parlano senza mezzi termini di un «raggiro che sembra impossibile e che invece sta avvenendo da molti anni e nessuno ancora interviene».
Sismicità indotta, inquinamento delle falde acquifere, subsidenza e aumento dei rischi sanitari: questi alcuni dei pericoli legati alle installazioni di impianti geotermici a media entalpia, pilota e non, che denuncia la rete nazionale ‘No geotermia elettrica’. I comitati, in occasione della prima giornata di mobilitazione contro la geotermia “elettrica, speculativa, inquinante” chiedono pertanto una moratoria “contro il Piano del 2010 del governo Berlusconi di cui non si giustifica più l’urgenza dell’avvio, a fronte di una capacità complessiva di generazione elettrica elevatissima e largamente superiore alle necessità nazionali”. Gli attivisti chiedono “studi più approfonditi, in particolare sulle procedure attraverso il coinvolgimento delle popolazioni”. Oggi si deve “abbattere il dogma della geotermia come ‘infallibile’, affermano i comitati; la geotermia in alcune zone sicuramente non è quella virtuosa fonte energetica rinnovabile che è stata propagandata per anni”. Infatti, “sempre più spesso ormai si assiste, durante le conversioni in legge della decretazione del governo, al forzato inserimento di norme da parte di lobbies geotermiche, a volte anche straniere, tendenti a superare o mistificare l’inaffidabilità tecnica e l’invasività sociale ed economica dei progetti”. E’ necessario quindi “scardinare la logica che la green economy è ‘tutta buona'”, rileva Adriano Zaccagnini (Gapp), vicepresidente della commissione Agricoltura della Camera. Dobbiamo ricordarci, aggiunge, che “gli incentivi per geotermia sono gli stessi degli impianti a biomasse e a biogas che non hanno sostenibilità economica, ma rappresentano solo lo sfruttamento delle risorse in maniera inappropriata”. «I rischi per l’ambiente e per la salute delle popolazioni che risiedono nei territori oggetto di ricerca, sono numerosi – è stato detto dai medici epidemiologi». Adriano Zaccagnini e da Lamberto Zolezzi deputato pentastellato, dai banchi della conferenza hanno esortato a portare avanti questa battaglia di informazione e sensibilizzazione sul tema. Alberto Asor Rosa, in qualità di rappresentante di Comitati di rete, attivi sull’intero territorio nazionale si è detto totalmente solidale sia con le parole d’ordine di questa mobilitazione sia con i risultati scientifici e tecnici che stanno alla base della protesta dei comitati. Ricatto occupazionale e disinteresse, se non ostacolo vero e proprio, da parte della politica. Sono questi i rischi che, secondo il professor Alberto Asor Rosa, corrono le associazioni ambientaliste e le amministrazioni che si battono per avere chiarezza sulla geotermia. Asor Rosa ha parlato di un «contesto politico culturale tutt’altro che attento, interessato e benevolo» verso il tema dell’ambiente. Il secondo allarme è quello che lo studioso definisce «un’arma di ricatto formidabile nei confronti di tutte le battaglie ambientaliste», cioè il problema dell’occupazione, ovvero sostenere la necessità di non sospendere attività umane, anche dimostratisi pericolose per la salute e l’ambiente, perché ciò provocherebbe la perdita di posti di lavoro. Per questo Asor Rosa suggerisce di non limitarsi «alla denuncia della distruzione del territorio» ma di «ipotizzare le alternative possibili».
Le associazioni chiedono dunque una moratoria sulla geotermia finché non sarà fatta una mappatura per indicare dove lo sfruttamento geotermico non può essere fatto. «Siamo disposti a discutere su singole proposte di centrali ma a patto che gli impianti in Amiata vengano chiusi. Perché lì si muore», ha concluso Barocci. Un appello raccolto dai non molti parlamentari presenti, con molte assenze di parlamentari toscani di varia appartenenza politica, così come mancavano sindaci e assessori amiatini, al contrario dei colleghi sardi, umbri e laziali che hanno partecipato attivamente e interessatamente al convegno.