Resta una seria ipotesi di rischio sulle sollecitazioni che l'estrazione geotermica provoca al sottosuolo
di Fabrizio Pinzuti
AMIATA. Da Geotermia News si apprende che in una recente intervista rilasciata all’agenzia di stampa Adn Kronos, Adele Manzella, geologa e ricercatrice dell’Istituto di Geoscienze e Georisorse (IGG) del CNR, esclude che vi siano possibili collegamenti tra la produzione di energia geotermica e l’attività sismica, con gli attuali sistemi tecnologici.
«Le tecnologie attualmente in uso – ha detto la Manzella – non hanno evidenziato alcun collegamento con l’attività sismica» ricordando che la geotermia esiste da 100 anni, un tempo di osservazione piuttosto ampio. La ricercatrice del CNR spiega anche che «non c’è contatto con le falde acquifere perché le perforazioni vengono effettuate a regola d’arte». Conclusioni cui era giunto anche il gruppo di lavoro dell’Università di Siena, incaricato dalla Regione Toscana di valutare se vi fossero sull’Amiata interferenze dell’attività geotermica con la falda idrica. “La geochimica comparata dei fluidi geotermici e delle acque di falda dell’acquifero idropotabile esclude che sussistano interferenze (fenomeni di mixing) tra i due sistemi idrogeologici” si legge, infatti, nella relazione conclusiva degli studi.
Ci si chiede pertanto se possono essere queste conclusioni un contraltare a quelle cui sono giunti altri studiosi, riassunte in una conferenza tenuta ad Arcidosso lo scorso 17 settembre dal sismologo Marco Mucciarelli, professore associato di geofisica della Terra solida e di sismologia applicata presso l’Università della Basilicata, e da Andrea Borgia, geologo e vulcanologo della European Development Research Agency (EDRA) e Dipartimento di Mineralogia dell’Università di Milano nonché docente presso il Department of Geology dell’Arizona State University, che redige con altri il “Rilievo geostrutturale preliminare dell’apparato vulcanico del Monte Amiata” (novembre 2006) nella veste di Responsabile scientifico, in seguito ad un incarico della Regione Toscana alla EDRA (ha inoltre avuto l’incarico dal Settore Tutela del Territorio e della Costa per la valutazione dell’interazione tra geotermia e acquifero) e che un anno prima del terremoto che colpì l’Amiata il 1 aprile 2000, aveva condotto un progetto scientifico per monitorare i movimenti del terreno in zone dove l’attività di trivellazione del suolo erano frequenti.
In realtà non sembrano mancare, insieme a posizioni divergenti e contrastanti, alche alcuni punti di contatto. Spiega infatti la Manzella che “una delle tecnologie che si sta utilizzando è la Enhanced geothermal systems (EGS) che prevede iniezioni di flusso in profondità per rompere le rocce e, in alcuni casi, è emerso un rischio sismico». Sulle stesse posizioni si erano espressi anche Giovanni Santarato e Nasser Abu Zeid del Dipartimento di Fisica e Scienze della Terra dell’Università di Ferrara. Nessuna trivellazione, per se stessa, innesca un terremoto – avevano spiegato i due geologi intervenendo nel dibattito acceso dalla possibilità di estendere il teleriscaldamento della città estense utilizzando vapore del sottosuolo – mentre a provocarlo potrebbe invece essere l’uso che si fa della trivellazione e le tecnologie utilizzate, quali ad esempio la fatturazione delle rocce con immissione di acqua. «L’evenienza di un terremoto associato ad una trivellazione –spiegano –richiede necessariamente due condizioni: la sismicità anche piccola dell’area e l’uso che si fa della trivellazione: in Svizzera, sia a Basilea nel 2006 (magnitudo 3.4) che lo scorso 20 luglio 2013 a S. Gallo, l’uso del pozzo non è stato neutro. A Basilea si è iniettata acqua ad alta pressione per fratturare le rocce di un serbatoio geotermico “secco” ed estrarne il calore; a S. Gallo si è iniettata acqua ad alta pressione (650 m) per bloccare una fuga di gas, che poteva far esplodere il pozzo». «In entrambi i casi – continuano – si è finito per creare fratture in maniera artificiale e quindi stressare la roccia scatenandone l’energia accumulata. Quest’energia si sarebbe comunque scatenata in futuro, a livelli superiori, quando avesse superato il limite di rottura “naturale” delle rocce. Se ne potrebbe desumere che questo tipo di uso delle trivellazioni anticipa e diluisce il rilascio dell’energia sismica!». E se Mucciarelli lancia avvertimenti per tutti quei territori, come l’Amiata, che prevedono attività di trivellazione, «a muoversi con cautela. rispettando gli studi scientifici che ormai da decenni vengono portati avanti per non trovarci a dover subire eventi come quelli dell’Emilia», Borgia spiega come la variazione di pressione, prodotta nel sottosuolo per sfruttare i vapori geotermici portandoli in superficie, sollecita e anticipa i movimenti che si sarebbero manifestati comunque ma nei millenni futuri. “Si adottano tecniche per ridurre al minimo la magnitudo ma talvolta si creano eventi come il terremoto del 2000 indotto per reiniezione per microfratturare il sottosuolo. C’è inoltre la possibilità di un abbassamento dei livelli del territorio (subsidenza) e della riduzione dell’acquifero. Sono problemi conosciuti in tutto il mondo, prosegue Borgia, e che in Italia vengono nascosti o sottovalutati. E che in Amiata la pressione venga sottratta al sottosuolo è sotto gli occhi di tutti; basta vedere con quale forza dalle ciminiere delle centrali vengono spinti in uscita i vapori di acqua e delle altre sostanze. Che ci siano nel sottosuolo dell’Amiata faglie naturali in equilibrio instabile e soggette a movimenti repentini capaci di generare terremoti è noto, essendo il territorio già catalogato come zona sismica. Il punto fondamentale per garantire la sicurezza del territorio o per minimizzare le conseguenze sta nel mantenere la pressione originaria del campo geotermico, come ha indicato anche l’Onu”. Insomma par di capire che quello che la Manzella e gli altri adombrano come ipotesi per via teoretica, a giudizio di Morgia è già avvenuto e continua ad avvenire in Amiata, un territorio particolare, anche a causa della sua origine vulcanica, che va studiato e monitorato a sé e per il quale i 100 anni di esperienza accumulati in altre realtà geotermiche possono anche non valere, o non valere in toto.