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di Giulia Tacchetti
SIENA. Nella sede del Palazzo delle Papesse è stata presentata l’anteprima della mostra di Salvador Dalí (17 settembre 2020), che verrà inaugurata ufficialmente sabato 19 settembre. La mostra dal titolo “Dalí a Siena: da Galileo Galilei al Surrealismo”, organizzata da The Dali Universe, si avvale del patrocinio del Comune di Siena, della Banca d’Italia e dell’Osservatorio Astronomico dell’Università di Siena. Saranno esposte fino al 30 settembre 2021 oltre 100 opere dell’artista catalano, con lo scopo di divulgare il suo profondo interesse per la letteratura, matematica, fisica e psicoanalisi e la sua straordinaria versatilità nei confronti di tutti i mezzi espressivi: dalla pittura alla scultura, ma anche arredi, illustrazioni, scenografie, abiti di moda, gioielli. Apre la conferenza Ferruccio Carminati, Managing Director “Dalí a Siena: da Galileo al Surrealismo”, che dopo i primi convenevoli chiarisce la posizione della società “The Dalí Universe”, che gestisce una delle più grandi collezioni private di opere d’arte di Dalí al mondo, detiene la proprietà di preziosi diritti d’autore di alcune immagini di Dalí ed è l’editore di 29 sue sculture in bronzo. L’organizzazione è curataa da Beniamino Levi, mercante d’arte e collezionista, che ha lavorato con l’artista negli anni ’60.
Le polemiche sollevate dall’articolo pubblicato da Artribune il 6 settembre sono state sostenute dai promotori d’arte di Siena, da vari cittadini, ma anche dai politici, che in vista delle prossime elezioni regionali, si danno battaglia scrivendo sulla stampa locale. Ci riferiamo agli articoli pubblicati su questa testata giornalistica che riportano la posizione di Anna Paris (PD) 11 settembre e Riccardo Galligani (Lega) 14 settembre. La polemica nasce dal fatto che parte delle opere esposte sono multipli di un’opera originale, divenendo anch’essi originali. Carminati spiega con queste parole: “La numerazione delle opere d’arte avviene dalla 2°guerra mondiale in poi e sono i Francesi che danno una regolamentazione. E’ l’artista che decide quante opere possono essere realizzate usando lo stesso stampo. L’artista va in fonderia e dà le direttive, seguendo il lavoro: per esempio la patinatura deve essere verde. Le opere vengono realizzate una alla volta, per questo la patinatura non è mai la stessa. Ovviamente il discorso vale per i metalli, bronzo, ferro, oro, platino e anche paste di vetro, per il marmo si capisce che quanto sopra detto non è possibile. I pezzi sono tutti originali, sono fatti a mano e non c’è produzione industriale. La matrice, per le incisioni, supponiamo che abbia una tiratura di 100 pezzi. Poi viene distrutta per non riprodurre più l’opera. Per i bronzi non è la stessa cosa. C’è uno stampo. Fino a 12 pezzi si usa il termine “originali”, oltre sono “ multipli”. E’ l’artista che decide quanti. Mitoraj ne faceva 4, 5, 6 ; Botero 8, 12. Morto l’artista, per 70 anni i diritti rimangono dell’autore o della persona che ha acquistato i diritti, che si chiama editore. Levi ha lavorato a lungo con Dalí e possiede un contratto scritto di pugno dall’artista in cui lui stesso dà le indicazioni di numero, allegando disegni per la realizzazione dell’opera, inclusi nel contratto”.
Interviene, poi, Donato, rappresentante della Banca d’Italia, il quale chiarisce che il punto di vista della banca è quello di vendere il palazzo, dopo un percorso di rivitalizzazione con il restauro della facciata, perché si rende necessario dopo 12 anni di chiusura che la struttura trovi una sua nuova vita. Quale migliore occasione di questa? Anche opportunità di lavoro per gruppi di giovani per un anno.
Roberto Pantè, creative director, parla di una importante occasione per diffondere la conoscenza di un Dali meno noto al pubblico. L’attività didattica è un elemento aggiunto di valore: lavoreranno gli alunni delle scuole in un grande laboratorio. Carminati conclude dicendo che la produzione dei bambini verrà portata alla biennale di Venezia. Interessante il legame tra Galileo, la scienza e l’arte nell’intervento di Alessandro Marchini, Direttore dell’Osservatorio Astronomico dell’Università di Siena: “Mentre passeggiamo nelle sale che ospitano le opere di Salvador Dali, possiamo ancora sentire l’eco dei passi di Galileo. Attraverso un continuum spazio-temporale, il Palazzo delle Papesse oggi unisce due tra i più grandi geni dell’umanità, dell’Arte e della Scienza.”
Concludiamo con un breve pensiero: ognuno è libero di alzare il sopracciglio di fronte ai multipli o copie, come vogliamo chiamare le opere esposte, ma vedere il Palazzo delle Papesse aperto con un progetto definito, in cui ci sembra chiaro quanto si va a vedere, fa sperare in un futuro che non escluda la ripresa di un’attività artistica anche con fondi regionali, privati e di altri enti pubblici. Sognare non costa niente. Per ora godiamoci l’apertura di una porta troppo a lungo rimasta chiusa.