SIENA. Lorenzo Marruganti è uno dei 3 senesi di successo del basket italiano del giorno d’oggi. Non so se anche lui vincerà un giorno il Mangia d’Oro, ma non mi sembra proprio che a questo brami. Singolare in tutto, al contrario del famoso detto, Siena dimostra infatti che a piazza del Campo e dintorni si può essere – altrochè!… – profeti e intoccabili quanto è difficile invece per i senesi esserlo fuori.
Nella stagione-record della Mens Sana, dunque, anche il Marruganti, l’ex ombra discreta del capo, è stato capace di farsi notare nel mondo del basket come uno dei migliori general manager in circolazione. E soprattutto in un mercato sfacciatamente esterofilo – come il nostro campionato – per quanto riguarda quel ruolo professionale, tanto che nessuno ha detto nulla sui molti errori dei miei amati slavi Bodiroga e Savic, e nessuno – ma questo è ancor peggio – ha battuto ciglio quando un proprietario ha dato il benservito al suo “gm” italiano che gli aveva costruito la squadra più forte (anche di Siena) della A. Squadra che lui – il proprietario medesimo – ha provveduto a “distruggere” giorno dopo giorno con una serie di scellerate esternazioni mai ascoltate nel basket (e purtroppo anche viste, avendo tirato una volta persino calci alla porta degli arbitri…).
Il 3° posto di Teramo – lo scudetto dell’ingegno, dei ragazzi della Via Pal abruzzesi – è certamente merito dunque anche del Marruganti, al quale Ferdinando Minucci ha offerto la gioia del primo scudetto e il primo importante scatto professionale nella sua carriera nella pallacanestro. “Certo, da lui qualcosa ho imparato…”, afferma con l’abituale stile e professionalità.
Da tempo pensavo di dedicare una rubrica agli “impeccabili” del basket. Figure non minori, d’esempio, ingranaggi pensanti senza i quali il sistema non andrebbe avanti. Come il dottor Rimondini o Gigi Terrieri, bandiere della storia Virtus, certi segretari e segretarie, certi allenatori e dirigenti delle giovanili, addetti ai tavoli, accompagnatori, giornalisti di periferia ,che passano da una palestra all’altra per dettare un tabellino e 5 righe, massofisioterapisti mitici come il Sandro Galleani di Varese, medici, custodi di palestra, editori-sognatori come Ricky Morandotti, responsabili di servizi unici come Luca Foresti da 25 anni il genio della statistica di Lega, e magari uno di quei tifosi che non si perde un solo allenamento. Attori non protagonisti, questi, di un teatrino dove oggi tutti vogliono tutti, tutti sono contro tutti (a proposito, giunge la notizia che Roma vuole sfiduciare il presidente di Lega che sarebbe caro a Siena a Bologna) e la figura del presidente bonhomme è quasi estinta.
Lorenzo Marruganti aveva 20 anni quando Fabio Giustarini, mitico ex capitano all’indomani della retrocessione in B fu chiamato a ricoprire il ruolo di “Gm” dal presidente Parri, gli chiese di fare l’addetto stampa, dato che già scriveva per Superbasket. Promosso poi segretario, lavorò dal ’96 al 2000 in “part time”: team manager la sera e il fine settimana, durante il giorno invece responsabile della distribuzione nazionale di un’azienda di cristalli valdelsana. Anche lì ci sapeva fare, grazie a lui il fatturato s’impennò a livelli record, ma di fronte al “posto sicuro”,atavico feticcio senese, a una brillante carriera dirigenziale, preferì l’offerta del “capo” con le mansioni di segretario generale degli anni del primo grande salto, quello di Ataman, di Recalcati, della Coppa Saporta, dello scudetto, dell’Eurolega.
“Non voglio fare il fenomeno, in tutte le cose ci vuole un po’ di fortuna, e anche passione. E quella c’è da quando mio padre mi portò a 6 anni a vedere la Mens Sana e fui colpito da un avversario che dava spettacolo, con i lunghi capelli stretti da una fascia. Era John “Kociss” Fultz, adesso suo figlio gioca con noi”.
Son passati 5 anni da quando è andato via, non rimpiange di aver lasciato l’odierno “dream team” del basket, scegliendo un club che esisteva da soli tre anni?
“Ho fatto una scelta professionale e di vita rimettendomi in discussione in una città che non era la mia, e i fatti ora mi danno ragione. Sto vivendo una bellissima esperienza umana e professionale; a Teramo è nato il mio secondo figlio e quando esco, mi è difficile raggiungere l’ufficio. devo dire no a 50 caffè, tutti ti ringraziano, trovo persone che, grazie al basket, sono contente. A fine campionato arriveremo al 6° posto con la squadra che la società si poteva permettere, ma che si specchia in certi valori che sono la nostra priorità. Non è gente che costa tanto, ma è un gruppo che sta bene assieme a ama quel che fa, con un grande allenatore, Andrea Capobianco, il quale da parte sua ha aumentato in maniera esponenziale il rendimento dei giocatori, mettendo in campo i valori della società e captando l’attesa del territorio e della popolazione. In un tutto l’anno non ho visto un solo allenamento che non fosse un buon allenamento”.
Per i piccoli, non c’è maggior risorsa dell’ingegno.
“Niente viene per caso, Teramo lavora sui dettagli in ogni cosa, dalle scelta dei giocatori al gioco. Faccio un esempio. Il recupero del 30 aprile con la Fortezza. Siamo avanti 7 punti palla in mano, la partita è già vinta, chiediamo un time out, non per deridere l’avversario. E’ una partita dentro o fuori, abbiamo bisogno di vincere di 10 punti per essere fra le prime 4, il nostro coach non si fa prendere alla sprovvista, nel minuto di sospensione disegna lo schema, la palla arriva a Moss, tiro da 3, canestro. La cura dei dettagli, ripeto, questa è la nostra arma vincente”.
Chiudo il taccuino, il Marruganti non omologabile come un ghibellino o un guelfo, è solo un perfetto professionista.
Nella stagione-record della Mens Sana, dunque, anche il Marruganti, l’ex ombra discreta del capo, è stato capace di farsi notare nel mondo del basket come uno dei migliori general manager in circolazione. E soprattutto in un mercato sfacciatamente esterofilo – come il nostro campionato – per quanto riguarda quel ruolo professionale, tanto che nessuno ha detto nulla sui molti errori dei miei amati slavi Bodiroga e Savic, e nessuno – ma questo è ancor peggio – ha battuto ciglio quando un proprietario ha dato il benservito al suo “gm” italiano che gli aveva costruito la squadra più forte (anche di Siena) della A. Squadra che lui – il proprietario medesimo – ha provveduto a “distruggere” giorno dopo giorno con una serie di scellerate esternazioni mai ascoltate nel basket (e purtroppo anche viste, avendo tirato una volta persino calci alla porta degli arbitri…).
Il 3° posto di Teramo – lo scudetto dell’ingegno, dei ragazzi della Via Pal abruzzesi – è certamente merito dunque anche del Marruganti, al quale Ferdinando Minucci ha offerto la gioia del primo scudetto e il primo importante scatto professionale nella sua carriera nella pallacanestro. “Certo, da lui qualcosa ho imparato…”, afferma con l’abituale stile e professionalità.
Da tempo pensavo di dedicare una rubrica agli “impeccabili” del basket. Figure non minori, d’esempio, ingranaggi pensanti senza i quali il sistema non andrebbe avanti. Come il dottor Rimondini o Gigi Terrieri, bandiere della storia Virtus, certi segretari e segretarie, certi allenatori e dirigenti delle giovanili, addetti ai tavoli, accompagnatori, giornalisti di periferia ,che passano da una palestra all’altra per dettare un tabellino e 5 righe, massofisioterapisti mitici come il Sandro Galleani di Varese, medici, custodi di palestra, editori-sognatori come Ricky Morandotti, responsabili di servizi unici come Luca Foresti da 25 anni il genio della statistica di Lega, e magari uno di quei tifosi che non si perde un solo allenamento. Attori non protagonisti, questi, di un teatrino dove oggi tutti vogliono tutti, tutti sono contro tutti (a proposito, giunge la notizia che Roma vuole sfiduciare il presidente di Lega che sarebbe caro a Siena a Bologna) e la figura del presidente bonhomme è quasi estinta.
Lorenzo Marruganti aveva 20 anni quando Fabio Giustarini, mitico ex capitano all’indomani della retrocessione in B fu chiamato a ricoprire il ruolo di “Gm” dal presidente Parri, gli chiese di fare l’addetto stampa, dato che già scriveva per Superbasket. Promosso poi segretario, lavorò dal ’96 al 2000 in “part time”: team manager la sera e il fine settimana, durante il giorno invece responsabile della distribuzione nazionale di un’azienda di cristalli valdelsana. Anche lì ci sapeva fare, grazie a lui il fatturato s’impennò a livelli record, ma di fronte al “posto sicuro”,atavico feticcio senese, a una brillante carriera dirigenziale, preferì l’offerta del “capo” con le mansioni di segretario generale degli anni del primo grande salto, quello di Ataman, di Recalcati, della Coppa Saporta, dello scudetto, dell’Eurolega.
“Non voglio fare il fenomeno, in tutte le cose ci vuole un po’ di fortuna, e anche passione. E quella c’è da quando mio padre mi portò a 6 anni a vedere la Mens Sana e fui colpito da un avversario che dava spettacolo, con i lunghi capelli stretti da una fascia. Era John “Kociss” Fultz, adesso suo figlio gioca con noi”.
Son passati 5 anni da quando è andato via, non rimpiange di aver lasciato l’odierno “dream team” del basket, scegliendo un club che esisteva da soli tre anni?
“Ho fatto una scelta professionale e di vita rimettendomi in discussione in una città che non era la mia, e i fatti ora mi danno ragione. Sto vivendo una bellissima esperienza umana e professionale; a Teramo è nato il mio secondo figlio e quando esco, mi è difficile raggiungere l’ufficio. devo dire no a 50 caffè, tutti ti ringraziano, trovo persone che, grazie al basket, sono contente. A fine campionato arriveremo al 6° posto con la squadra che la società si poteva permettere, ma che si specchia in certi valori che sono la nostra priorità. Non è gente che costa tanto, ma è un gruppo che sta bene assieme a ama quel che fa, con un grande allenatore, Andrea Capobianco, il quale da parte sua ha aumentato in maniera esponenziale il rendimento dei giocatori, mettendo in campo i valori della società e captando l’attesa del territorio e della popolazione. In un tutto l’anno non ho visto un solo allenamento che non fosse un buon allenamento”.
Per i piccoli, non c’è maggior risorsa dell’ingegno.
“Niente viene per caso, Teramo lavora sui dettagli in ogni cosa, dalle scelta dei giocatori al gioco. Faccio un esempio. Il recupero del 30 aprile con la Fortezza. Siamo avanti 7 punti palla in mano, la partita è già vinta, chiediamo un time out, non per deridere l’avversario. E’ una partita dentro o fuori, abbiamo bisogno di vincere di 10 punti per essere fra le prime 4, il nostro coach non si fa prendere alla sprovvista, nel minuto di sospensione disegna lo schema, la palla arriva a Moss, tiro da 3, canestro. La cura dei dettagli, ripeto, questa è la nostra arma vincente”.
Chiudo il taccuino, il Marruganti non omologabile come un ghibellino o un guelfo, è solo un perfetto professionista.