La compagnia petrolifera dovrà pagare i danni per la marea nera di petrolio negli USA
di Lexdc
NEW ORLEANS. Tre anni dopo il disastro della Deepwater Horizon nel golfo del Messico, si apre in queste ore a New Orleans (Louisiana) la prima fase del processo civile sul gravissimo disastro ambientale provocato dall’esplosione e dalla conseguente fuoriuscita di greggio in mare sulla piattaforma petrolifera della British Petroleum lo scorso 20 aprile 2010. Una crisi ecologica profondissima, che ha probabilmente alterato per sempre il mare del sud degli Stati Uniti, durata 106 lunghi giorni con lo sversamento in mare di 4,9 milioni di barili di petrolio, la morte di 11 operai e il ferimento di altri 17, distrutto l’economia di tutta la fascia costiera che va da New Orleans alla Florida. La multinazionale inglese aveva affittato dalla svizzera Transocean, la più grande compagnia al mondo nelle perforazioni off-shore, la piattaforma chiamata Deepwater Horizon per 496mila dollari al giorno; ora è imputata della violazione del Clean water act, la legge Usa che regola gli scarichi di sostanze tossiche nei mari, per la qual cosa è già stata condannata in sede penale.
In questa fase saranno determinate le colpe della compagnia petrolifera e la dinamica dei fatti. La seconda fase del dibattimento, che dovrebbe cominciare a settembre, servirà invece a stabilire quanto petrolio sia finito in mare. I media locali riportano che l’accusa sta utilizzando ben 300 super avvocati, come riferiscono i media locali. Gli Stati coinvolti, infatti, hanno presentato un conto alla British Petroleum salato: chiedono un risarcimento di 34 miliardi di dollari, a cui aggiungere quello richiesto dal Dipartimento della giustizia di altri 21, la sanzione massima prevista in questi casi (4.300 dollari per ogni barile riversato in mare). Il ministro della Giustizia americano, Eric Holder, ritiene infatti che all’origine del disastro ci sia stata una «grave negligenza» da parte della BP. Mentre uno degli avvocati di parte civile, Jim Roy, ha parlato di «produzione e profitto a scapito della sicurezza e della protezione».Dal canto suo BP ha reso noto di aver già speso più di 24 miliardi di dollari per le spese relative alla marea nera e stima in 42 miliardi il costo definitivo della bonifica. L’accordo nella grande causa civile, al momento, sembra però difficile da raggiungere in quanto l’azienda petrolifera non sembra intenzionata a superare in totale, per tutti i risarcimenti, la cifra di 42,2 miliardi di dollari. Assieme alla Bp, sul banco degli imputati, ci sono la Transocean proprietaria dell’impianto di trivellazione e la Halliburton, che ha fornito il cemento che avrebbe dovuto mettere in sicurezza il pozzo.