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Direttore responsabile Raffaella Zelia Ruscitto
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Cassa integrazione: diatriba Campinoti-Rossi

FIRENZE. Il presidente della Regione, Enrico Rossi, ha pubblicato ieri su FB un post sull’utilizzo “non corretto” della cassa integrazione da parte di qualche azienda.

“Io e il presidente del Consiglio regionale Giani presentiamo domani una proposta di legge che consentirà di recuperare gli emolumenti percepiti dai consiglieri regionali a titolo di indennità di trasferta per le sedute del Consiglio svoltesi durante il periodo di lockdown. Le cifre saranno devolute a iniziative sociali. Io e gli assessori non possiamo dare nulla perché non percepiamo indennità di trasferta.Noi in Toscana abbiamo preso un’iniziativa concreta.

Adesso chiediamo se anche il Parlamento non ritenga di doversi comportare allo stesso modo riguardo all’indennità di trasferta.
Infine chiediamo al governo in che modo intenda recuperare le risorse, che risulterebbero pari a un quarto del complesso di quelle devolute per la cassa integrazione, percepite da aziende che non hanno visto in questo periodo di emergenza sanitaria calare i loro fatturati ma hanno pagato i lavoratori con i soldi di tutti i cittadini. Questo a fronte di altre che a causa dei ritardi si sono caricate direttamente dell’onere di anticipare la cassa integrazione.
Il tema della giustizia e della correttezza, e anche del senso di responsabilità, è questione sempre importante ma lo è ancora di più in tempi così difficili per tanti italiani”.

Il presidente di Confindustria Toscana Sud, Paolo Campinoti, ha risposto con la seguente nota.

“Adesso basta offese! A questo punto con l’ultimo post pubblicato dal Governatore Rossi abbiamo sorpassato il limite tollerabile dell’incapacità e dell’inopportunità di espressioni della politica. Il Governatore Rossi è uomo di esperienza, quindi sa il peso delle parole, non può nascondersi dietro una errata interpretazione. La sua è stata una vera volontà di  mistificare la realtà offendendo l’intero sistema produttivo della regione e del  paese.
Abbiamo assistito negli ultimi anni a continue aggressioni nei confronti di imprenditori ed imprese da parte di rappresentanti delle istituzioni politiche, che a maggior ragione oggi con la gravissima crisi in corso dovuta al Corona Virus dovrebbero soppesare le parole e lavorare a fianco con chi l’economia dei territori  sostiene.
Il post in questione è quindi l’ulteriore vergognosa espressione di chi si erge a paladino del bene comune ipotizzando comportamenti impropri o addirittura fuori legge senza la benchè minima giustificazione su dati concreti e comprovati.
Gli imprenditori ricordano o  meglio insegnano al Governatore che l’istituto della Cassa Integrazione ha dei precisi schemi applicativi che non hanno una diretta correlazione con il dato del fatturato mensile. In ogni caso se il governatore è a conoscenza di comportamenti impropri e contro la legge si rivolga alle autorità competenti e non usi un post su un social network, vetrina ormai frequentata solo per proclami politici di quarto ordine. Scrivere su un social accuse pesanti, invece di confrontarsi con i diretti interessati, è il segnale di chi è lontano  dalla gente, dalle imprese, dalla realtà.
Il fattto in questione inoltre trattasi di un errore della contabilità della Regione, facilmente risolvibile e gestibile; gli imprenditori hanno ben altri pensieri, preoccupazioni in questo tragico momento che occuparsi di banalità che evidentemente stanno a cuore  solo allo smisurato orgoglio del Governatore 
Il Signor Rossi in questo ultimo periodo della sua legislazione  a testa bassa si impegni in ciò che conta, si impegni verso l’economia della regione, sostenga chi l’economia ogni giorno la supporta, si impegni e chieda scusa!”.
 
Questa mattina, sempre su Fb, è arrivata la controrisposta di Rossi.
 

“I dati hanno la testa più dura delle invettive lanciate contro di me dalle associazioni datoriali.

Riguardo ad un uso non corretto della cassa integrazione vorrei invitare tutti, compreso le associazioni datoriali, a commentare le seguenti note sulle informazioni fornite dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio, con il suo presidente, Giuseppe Pisauro, davanti alle commissioni bilancio.
-1- Ecco cosa riportava LA STAMPA, il giornale di proprietà del gruppo editoriale GEDI, presidente John Elkann, in un articolo apparso ieri sul sito on line.
Titolo: Furbetti Covid, un quarto della cassa integrazione d’emergenza a imprese senza cali.
“Anche la Cig Covid ha i suoi ‘furbetti’: del mezzo miliardo ore di cassa per l’emergenza effettivamente utilizzate finora da oltre 500 mila imprese “più di un quarto delle ore”, 150 milioni, è andata ad alleggerire i conti di attività che non hanno registrato perdite di fatturato nei primi sei mesi dell’anno nonostante la crisi, e il lockdown. Ad accendere un faro sul fenomeno è l’Ufficio Parlamentare di Bilancio con il suo presidente, Giuseppe Pisauro, che davanti alle commissioni Bilancio ha illustrato alcuni dati di una analisi condotta da Inps e Agenzia delle Entrate. Dati ancora parziali, certo, come quelli sul tiraggio – finora attorno al 63% – che però combinati alla platea di 5,5 milioni, inferiore agli 8 milioni di beneficiari ipotizzati dal governo nelle relazioni tecniche ai decreti per l’emergenza, fanno pensare che ci possano essere risparmi sui 22 miliardi già stanziati in totale tra Cura Italia e Rilancio per gli ammortizzatori con causale Covid. Cassa integrazione, fondi bilaterali e cassa in deroga sono state richieste finora da circa 553 mila imprese. Se le ore autorizzate sono 2,1 miliardi – per le 18 settimane che si possono spalmare però fino a ottobre – quelle effettivamente ‘tirate’ finora, compresi i mesi più duri della crisi, sono state 536 milioni di cui 182 milioni di cassa ordinaria, 163 milioni per prestazioni della bilateralità e 191 milioni di cassa in deroga. Di queste il 27,9% è stato utilizzato da imprese senza cali – o anche con incrementi – di fatturato: una circostanza che si potrebbe spiegare anche con difficoltà pregresse, e quindi una attività produttiva già ridotta, o ancora con casi di imprese che già avevano esaurito il ‘contatore’ degli ammortizzatori e hanno quindi ripreso fiato grazie alla nuova Cig Covid. Ma il rischio di utilizzi impropri rimane alto, tanto che, come peraltro suggerito dall’Upb, il governo sta valutando di introdurre meccanismi selettivi per la prossima proroga di ulteriori settimane basati proprio sul calo di fatturato o in alternativa un cntributo da parte delle imprese che vogliano comunque accedere.”
-2- Questo, ieri l’altro, era l’inizio dell’articolo on line di REPUBBLICA.
Titolo: Gualtieri contro i “furbetti” della cassa integrazione. Chi va bene pagherà di più
Il ministro dell’Economia interviene su quel 28 per cento di imprese che chiedono gli ammortizzatori sociali senza avere cali del fatturato. Cautela dai sindacati
DI Roberto Petrini
ROMA – Scoppia il caso delle imprese senza perdite che utilizzano la cassa integrazione. All’attacco Cinque stelle, Leu e i renziani. «Non mi sorprende qualche furbizia», dice Anna Maria Furlan, segretaria generale della Cisl, cauta come gli altri sindacati che vogliono vedere chiaro nei conti. Confindustria blindata non replica: l’idea è che gli industriali siano pronti a rispondere con cifre dettagliate. Il sasso nello stagno lo lancia Giuseppe Pisauro.”
Questa è l’analisi apparsa su HUFFINGTONPOST:
Titolo: Le aziende furbette della cassa integrazione: 234mila hanno fatto profitti ai danni dello Stato.
By Giuseppe Colombo
“C’è un dato che è la cartina al tornasole di un malcostume, di un comportamento abusivo perpetrato per mesi ai danni dello Stato. E quindi degli italiani. Nel bel mezzo della pandemia. Il dato è quello rivelato nel corso di un’audizione in Parlamento da Giuseppe Pisauro, presidente di quell’Ufficio parlamentare di bilancio che vigila sulla finanza pubblica: “Oltre un quarto delle ore” di cassa integrazione Covid ”è stato tirato da imprese che non hanno subito alcuna riduzione di fatturato”. Già il fatto che un’impresa abbia mantenuto lo stesso fatturato a fronte di lavoratori rimasti a casa fa affiorare qualche sospetto, ma è scavando nel dato che emerge uno scenario ancora più oscuro: i dipendenti erano formalmente in cassa, pagata dallo Stato, ma in realtà lavoravano, in azienda o in smart working. E così le imprese furbette hanno trasformato il costo per quei dipendenti, cioè i loro stipendi, in profitto.
 
I dati
Partiamo dal dato di Pisauro. Per arrivare a questo dato, l’Ufficio parlamentare di bilancio prende come riferimento quelli più dettagliati di un monitoraggio fatto dall’Inps e quelli di un check dell’Agenzia delle Entrate sulla fatturazione elettronica. Il periodo di riferimento è il primo semestre del 2020 (la cassa per l’emergenza Covid è scattata dal 23 febbraio) messo a confronto con lo stesso periodo del 2019. Incrociando questi dati esce fuori che un terzo delle ore di cassa integrazione è stato utilizzato da imprese che hanno avuto perdite di fatturato superiori al 40 per cento. E fin qui nulla di anomalo dato che il fatturato è calato a fronte di dipendenti in cassa integrazione. Ma oltre un quarto delle ore è stato tirato, quindi usufruito, da imprese che non hanno subito alcuna riduzione di fatturato.
Così sono lievitati i profitti di 234mila imprese furbette
I dati dettagliati, di cui Huffpost è venuto a conoscenza, dicono che il numero delle aziende furbette che hanno usato la cassa integrazione Covid pagata dallo Stato e che però non hanno subito alcun calo del fatturato sono 234mila. Meglio: 234mila ci hanno provato perché questo numero si riferisce a quello delle aziende che hanno ricevuto l’autorizzazione a usare la cassa dall’Inps. Non tutte sono andate fino in fondo, ma il numero cambia di poco. E la percentuale di nulla. In 188mila, infatti, hanno usufruito di queste ore. Sono andate fino in fondo. Per fare cosa?
Il meccanismo ha funzionato grosso modo così. Prendiamo come esempio un’impresa con dieci dipendenti. C’è il coronavirus, quindi il lockdown. L’impresa dice allo Stato che ha bisogno di mettere i dipendenti in cassa. Lo Stato, attraverso l’Inps, paga la cassa integrazione a questi dipendenti. Però questi dipendenti continuano ad andare in sede o a lavorare in smart working da casa. E il fatturato così rimane uguale. Solo che questo fatturato genera un profitto, che prima non c’era. In poche parole: il fatturato è rimasto uguale, ma è un fatturato ottenuto con i dipendenti pagati dallo Stato. Ecco allora che il costo di quei lavoratori, cioè i loro stipendi, ovviamente a carico dell’impresa, sono diventati profitto per l’impresa stessa.
Lo schema del Governo per una cassa integrazione più selettiva
Questo e altri fenomeni hanno messo un’ipoteca su una considerazione che il Governo ha già in mente da settimane: la cassa integrazione è servita per tenere a galla il mondo del lavoro, ma molte imprese non ne avevano bisogno. E perciò si cambia. Anche perché la cassa Covid, pagata dallo Stato, può diventare un alibi per non far ritornare i dipendenti a lavoro, a stipendio pieno, e così è l’intero ciclo produttivo viaggia sempre a singhiozzo.
Lo schema per disincentivare il ricorso alla cassa integrazione sarà contenuto nel decreto agosto. Solo chi ha avuto un calo del fatturato pari o superiore al 20% nel primo semestre di quest’anno rispetto a quello del 2019 potrà accedere alla cassa Covid alle condizioni attuali. La cassa continuerà a pagarla lo Stato. Le imprese che hanno avuto invece un calo contenuto, sotto il 20%, se vorranno ricorrere ancora alla cassa dovranno pagarne una parte. In alternativa potranno ottenere una decontribuzione al 100% per quattro mesi: niente più contributi versati all’Inps.”
-4- Questo è il quotidiano on line QUI FINANZA:
“Cassa integrazione, la mossa del governo contro i furbetti del Covid
Durante il lockdown migliaia di imprese hanno ricorso alla cig anche senza subire cali di fatturato: la strategia del governo da agosto
Giuseppe Pisauro, presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio che vigila sulla finanza pubblica, in un’audizione nelle commissioni Bilancio di Camera e Senato ha denunciato come molte aziende, ben 234 mila secondo l’Huffington Post, abbiano provato a ricorrere alla cassa integrazione Covid in modo massiccio sebbene non abbiano subìto cali di fatturato. Il tutto a carico dello Stato.
Furbetti della cassa integrazione: i dati di Pisauro
La cassa integrazione per l’emergenza Covid è scattata il 23 febbraio. I sospetti di un abuso della cig sono iniziati quando si è notato come alcune imprese abbiano mantenuto lo stesso fatturato a fronte di lavoratori rimasti a casa.
Pisauro ha dimostrato l’esistenza dei furbetti della cig incrociando i dati del monitoraggio dell’Inps con quelli della fatturazione elettronica dell’Agenzia delle entrate nel primo semestre del 2020 rispetto al primo semestre del 2019. È infatti emerso che se circa un terzo delle ore di Cig, Cig in deroga e Fondi della bilateralità è stato utilizzato da imprese con perdite di fatturato superiori al 40%, oltre un quarto delle ore è stato tirato da imprese che non hanno subìto alcuna riduzione.
Guardando i dati più da vicino emerge uno scenario ancora più oscuro: i dipendenti formalmente in cig, pagata dallo Stato, in realtà lavoravano sia in azienda sia in smart working. Il risultato? Le aziende, ben 234 mila, hanno provato a trasformare il costo per quei dipendenti addirittura in un profitto. Non tutte queste imprese ci sono riuscite: il numero si riferisce a quelle che hanno ricevuto l’autorizzazione a usare la cassa dall’Inps. Sarebbero andare fino in fondo in 188 mila.
Il governo correi ai ripari: cig più selettiva
Questi numeri li conosce ovviamente anche il governo, che quindi ha pensato a rendere più selettiva la cassa integrazione. Se durante il lockdown è servita a evitare i licenziamenti e il fallimento di molte imprese, adesso la strategia è diversa: disincentivare la cig.
Nel decreto agosto, infatti, solo chi ha avuto un calo del fatturato pari o superiore al 20% nel primo semestre di quest’anno rispetto a quello del 2019 potrà accedere alla cassa Covid (che continuerà a essere pagata dallo Stato) alle condizioni attuali. Chi ha avuto un calo inferiore al 20%, invece, se vorrà continuare a usufruire della cassa dovrà pagarne una parte. L’alternativa? Una decontribuzione al 100% per quattro mesi, ossia nessun contributo versato all’Inps.”
Potrei continuare, ma credo basti.
Chiedo a tutti di fare un commento su questo scempio di denaro pubblico compiuto da un certo numero di imprese.
I dati andranno ulteriormente approfonditi, capiti settore per settore, analizzati secondo il grado di gravità.
È un approfondimento che proveremo a fare anche per la Toscana, sperando che le associazioni datoriali della regione siano d’accordo e, anzi, vogliano dare il loro contributo.
Infine, io penso che, se ci sono state violazioni delle leggi, sarebbe legittimo da parte dello Stato chiedere che sia restituito il denaro pubblico usato in modo così inopportuno.”
PS Ci sono stati molti imprenditori che, a causa dei ritardi dell’INPS, hanno anticipato di tasca propria la cassa integrazione ai lavoratori.
A quanto pare, invece, ce ne sono altri che hanno utilizzato i soldi della cassa integrazione per pagare i lavoratori facendoli lavorare con il denaro dei cittadini.
Domanda. Chi ha in atteggiamento da nemico dell’impresa? Chi denuncia questi fatti o chi cerca di coprirli con reazioni scomposte e ideologiche?”
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