di Enrico Campana
SIENA. Tema da chat: "Come CT azzurro Simone Pianigiani part time o full time: ha ragione Meneghin o Gianni Petrucci?. E come andrà a finire?”.
Nella mia rubrica di questa settimana su www.sportevai.it ho lanciato uno spunto d’attualità per creare un gruppo di discussione, spunto che ho voluto orientare su una stranissima e sorprendente querelle balzata in primo piano con un’intervista recente sulla rosea di Ruggiero Palombo, l’esperto n.1 del Palazzo dello sport (il CONI) con Gianni Petrucci. Il quale continua a essere irremovibile sul “tempo pieno”, come aveva già detto in altre occasioni, spiegando che all’allenatore si richiede una rappresentatività in esclusiva. Un’opinione forte, che ha creato ipotesi di una retromarcia, o quanto meno di uno stop perché la scelta del nuovo CT a furor di popolo era mancante solo dell’accordo pre-matrimoniale fra i due “sposi”, Dino Meneghin e Simone Pianigiani.
L’incontro non c’è stato, il coach giovedì era a Kaunas per l’Euroleague e a Roma è andato a rappresentarlo – per preparare una bozza di contratto con il segretario della Fip – il suo legale, l’avvocato Florenzo Storelli del foro di Lucca, il quale, ricordiamo, è riuscito a portare felicemente in porto un accordo fra la Federbasket e Carlo Recalcati, che poteva creare ostacoli a questa successione "mensanina" in nazionale.
Gianni Petrucci non ha certo detto che queste nozze non s’hanno da fare, ha solo ribadito che non era questione di soldi, e che ritiene indispensabile che un CT abbia una rappresentatività in esclusiva. Ha ragioni commendevoli che commenterò a proposito del doppio incarico di Supersimo nella rubrica per Il Cittadino dei prossimi giorni, con una premessa: la dissonanza non è un bel biglietto da visita per il nuovo arrivato, e forse nemmeno per Dino Meneghin, che certamente ha deciso con logiche realistiche. E cioè: i titoli di Pianigiani, il suo gioco, i records, la sperimentata bontà della formula già ai tempi con Recalcati coach di Siena, oltre ai molti casi di oggi, primo quello aureo di Scariolo che si divide fra Mosca e la Spagna. Non ultimo anche la politica della lesina che incombe sulle federazioni, oltre ad alcuni fatti oggettivi. La Federbasket nell’ultimo biennio ha goduto di minor visibilità per i risultati e quindi minori sponsor, e il costo per la candidatura dei mondiali 2014 non è stato completamente coperto dalla Fondazione MPS e dalla Lottomatica, c’è stata anche una voce passiva straordinaria di bilancio: la buona uscita per Recalcati che anche in questo caso Petrucci ha sottolineato.
Fino a prova contraria non c’è nulla che possa far saltare la scelta di Meneghin, e non è il caso di fare dietrologia, un’arte italiana, collegando le critiche di Petrucci alle modalità di scelta per il solo fatto di aver polemizzato con la Mens Sana. Gianni proclama spesso che la sua gestione va nella direzione della massima autonomia ai presidenti federali, ha criticato più di una volta i suoi presidenti, ma mai gli ha fatto arrivare un ukase, e mi dicono che Dino – una sua creatura – ci sia rimasto male. Ma che anche in questa decisione sarà pari a quell’uomo forte di cui ha bisogno il basket come ha sottolineato il presidente mensanino Minucci alla presentazione del libro “La storia sociale della pallacanestro italiana” nella sala delle Lupe di Siena, dando il via libera al suo coach.
Dino è forte di una delega del consiglio federale e con quella va avanti senza sentirsi il verbo o un figlio scapestrato. Gli hanno messo il cerino in mano, non ha paura di scottarsi. E dunque posso aggiungere anche alcuni dettagli relativi al buon fine: la prossima settimana, con la sosta dell’Eurolega, Pianigiani passerà 2-3 giorni a Roma per mettere la firma sul contratto che prevede un biennale garantito più un’opzione per altri due, non basata sui risultati ma sulla volontà reciproca, e quindi preparare un progetto ad hoc per la selezione e preparazione. Dicono che abbia un progetto “Italian Syle”, con una cooperazione stretta con i colleghi italiani di successo, e chieda un coach a tempo pieno di sua fiducia per i collegamenti e per seguire i giocatori. Ma questa sarebbe una figura pleonastica.
Più che un coach, a proposito di rappresentatività, serve invece un manager fatto e finito, e non un portaordini. Uno che sappia anche rinsanguare le casse della Federazione, perché la nazionale ha sempre un suo fascino e, del resto, Meneghin stesso è protagonista dello spot dello sponsor “lucente” della Nazionale.
Il 16 e 17 dicembre, cioè domani e dopodomani l'agenda prevede che Meneghin riferisca al consiglio federale, un banco di prova formale a meno di colpi di scena, tipo dimissioni in massa dei consiglieri come è avvenuto ai tempi di Maifredi, e quindi un'apertura della crisi…
SIENA. Tema da chat: "Come CT azzurro Simone Pianigiani part time o full time: ha ragione Meneghin o Gianni Petrucci?. E come andrà a finire?”.
Nella mia rubrica di questa settimana su www.sportevai.it ho lanciato uno spunto d’attualità per creare un gruppo di discussione, spunto che ho voluto orientare su una stranissima e sorprendente querelle balzata in primo piano con un’intervista recente sulla rosea di Ruggiero Palombo, l’esperto n.1 del Palazzo dello sport (il CONI) con Gianni Petrucci. Il quale continua a essere irremovibile sul “tempo pieno”, come aveva già detto in altre occasioni, spiegando che all’allenatore si richiede una rappresentatività in esclusiva. Un’opinione forte, che ha creato ipotesi di una retromarcia, o quanto meno di uno stop perché la scelta del nuovo CT a furor di popolo era mancante solo dell’accordo pre-matrimoniale fra i due “sposi”, Dino Meneghin e Simone Pianigiani.
L’incontro non c’è stato, il coach giovedì era a Kaunas per l’Euroleague e a Roma è andato a rappresentarlo – per preparare una bozza di contratto con il segretario della Fip – il suo legale, l’avvocato Florenzo Storelli del foro di Lucca, il quale, ricordiamo, è riuscito a portare felicemente in porto un accordo fra la Federbasket e Carlo Recalcati, che poteva creare ostacoli a questa successione "mensanina" in nazionale.
Gianni Petrucci non ha certo detto che queste nozze non s’hanno da fare, ha solo ribadito che non era questione di soldi, e che ritiene indispensabile che un CT abbia una rappresentatività in esclusiva. Ha ragioni commendevoli che commenterò a proposito del doppio incarico di Supersimo nella rubrica per Il Cittadino dei prossimi giorni, con una premessa: la dissonanza non è un bel biglietto da visita per il nuovo arrivato, e forse nemmeno per Dino Meneghin, che certamente ha deciso con logiche realistiche. E cioè: i titoli di Pianigiani, il suo gioco, i records, la sperimentata bontà della formula già ai tempi con Recalcati coach di Siena, oltre ai molti casi di oggi, primo quello aureo di Scariolo che si divide fra Mosca e la Spagna. Non ultimo anche la politica della lesina che incombe sulle federazioni, oltre ad alcuni fatti oggettivi. La Federbasket nell’ultimo biennio ha goduto di minor visibilità per i risultati e quindi minori sponsor, e il costo per la candidatura dei mondiali 2014 non è stato completamente coperto dalla Fondazione MPS e dalla Lottomatica, c’è stata anche una voce passiva straordinaria di bilancio: la buona uscita per Recalcati che anche in questo caso Petrucci ha sottolineato.
Fino a prova contraria non c’è nulla che possa far saltare la scelta di Meneghin, e non è il caso di fare dietrologia, un’arte italiana, collegando le critiche di Petrucci alle modalità di scelta per il solo fatto di aver polemizzato con la Mens Sana. Gianni proclama spesso che la sua gestione va nella direzione della massima autonomia ai presidenti federali, ha criticato più di una volta i suoi presidenti, ma mai gli ha fatto arrivare un ukase, e mi dicono che Dino – una sua creatura – ci sia rimasto male. Ma che anche in questa decisione sarà pari a quell’uomo forte di cui ha bisogno il basket come ha sottolineato il presidente mensanino Minucci alla presentazione del libro “La storia sociale della pallacanestro italiana” nella sala delle Lupe di Siena, dando il via libera al suo coach.
Dino è forte di una delega del consiglio federale e con quella va avanti senza sentirsi il verbo o un figlio scapestrato. Gli hanno messo il cerino in mano, non ha paura di scottarsi. E dunque posso aggiungere anche alcuni dettagli relativi al buon fine: la prossima settimana, con la sosta dell’Eurolega, Pianigiani passerà 2-3 giorni a Roma per mettere la firma sul contratto che prevede un biennale garantito più un’opzione per altri due, non basata sui risultati ma sulla volontà reciproca, e quindi preparare un progetto ad hoc per la selezione e preparazione. Dicono che abbia un progetto “Italian Syle”, con una cooperazione stretta con i colleghi italiani di successo, e chieda un coach a tempo pieno di sua fiducia per i collegamenti e per seguire i giocatori. Ma questa sarebbe una figura pleonastica.
Più che un coach, a proposito di rappresentatività, serve invece un manager fatto e finito, e non un portaordini. Uno che sappia anche rinsanguare le casse della Federazione, perché la nazionale ha sempre un suo fascino e, del resto, Meneghin stesso è protagonista dello spot dello sponsor “lucente” della Nazionale.
Il 16 e 17 dicembre, cioè domani e dopodomani l'agenda prevede che Meneghin riferisca al consiglio federale, un banco di prova formale a meno di colpi di scena, tipo dimissioni in massa dei consiglieri come è avvenuto ai tempi di Maifredi, e quindi un'apertura della crisi…