Il limite di spesa di 2mila euro è davvero un deterrente per l'evasione fiscale?
di Vito Zita
SIENA. Come è noto fino allo scorso 30 giugno l’uso dei pagamenti in contanti aveva come limite 3mila euro che si sono ridotti dal primo luglio a 2mila. E dal 1° gennaio 2022 il limite sarà ulteriormente abbassato a mille euro di spesa.
L’introduzione del nuovo limite all’uso del contante era già stato stabilito dal decreto n. 124/2019, collegato alla Legge di Bilancio, come ulteriore strumento nelle mani del Governo per la lotta all’evasione fiscale. Ma vediamo un po’ di storia. Fino al 2010 il limite di spesa in contanti era fissato a 12.500 euro ed il primo a scendere fino alla soglia dei mille fu il governo Monti, che impose la riduzione dal 2012 al 2015; ora il governo Conte applica i nuovi limiti fino a giungere dal 1° gennaio 2022 alla vecchia barriera stabilita da Monti. In più sono state inasprite le sanzioni per chi trasgredisce: fino a 50mila euro per operazione.
Quanto accade rappresenta, comunque, una eccezione unica nel panorama europeo. I dati del Sole24Ore riferiscono che i limiti massimi di spesa in contanti vanno dai 500 euro della Grecia e della Slovenia ai 15mila euro della Polonia. Sono 12 invece i paesi europei che non hanno posto limiti all’uso del contante, tra questi, la Germania, l’Austria, Malta, Cipro, ma anche il Regno Unito e la Svezia. Eppure, pur mancando il limite ai pagamenti in contanti, nel caso dei paesi esteri citati non si verifica un alto tasso di evasione fiscale come in Italia.
Una catastrofe epocale per le abitudini degli italiani che sono affezionatissimi all’uso del contante a scapito dei pagamenti elettronici. Tanto da far emergere, principalmente sui social, l’ira funesta dei nostri connazionali che lamentano con questa decisione addirittura una limitazione alla propria libertà. Fino ad assurgere al ruolo più elevato di giudice, chiamando in causa la Costituzione. Chissà perché la Costituzione viene sempre chiamata in causa per difendere i propri diritti, veri o presunti. Ma ce la dimentichiamo sempre quando si tratta di doveri, che pure sono enunciati nei suoi articoli.
La riduzione della spesa in contanti arriva proprio subito dopo le restrizioni ai movimenti dovuti a causa del Covid-19. Periodo di pandemia che ha visto milioni di italiani effettuare pagamenti in modo tracciabile, prevalentemente carta di credito, per gli acquisti online. Ma allora, qual è il problema? La già citata limitazione di libertà in cosa consiste?
Cerchiamo di chiarire gli aspetti principali. La legislazione nazionale recepisce le indicazioni che arrivano ad ogni singolo Paese da Bruxelles con la finalità principale di rafforzare ulteriormente le barriere al riciclaggio del denaro e alla lotta contro il finanziamento del terrorismo avvalendosi di fonti internazionali, comunitarie e appunto nazionali. L’ultima direttiva è la 843/2018 (la così detta V Direttiva antiriciclaggio), attivata con il dlgs 215/2019, che si occupa di quelle attività svolte intenzionalmente e tese a nascondere, occultare o comunque ostacolare l’accertamento circa l’origine illecita di risorse finanziarie o patrimoniali utilizzate in un’operazione finanziaria, ovvero economica come già stabilito dalla Direttiva comunitaria 849/2015 (IV Direttiva antiriciclaggio), entrata in vigore il 4/7/2017 con le modifiche apportate dal dlgs 90/2017. Quindi la decisione della limitazione della spesa in contanti come opera fattiva di contrasto all’evasione fiscale, si affianca ai principi sovrannazionali enunciati, e sono un ulteriore strumento di prevenzione del riciclaggio come già stabilito dall’art. 49 del dlgs 231/2017, che determina le tre scadenze temporali e i limiti di denaro già precedentemente scritti.
Va fatto notare però che le operazioni bancarie di prelievo e/o versamento di denaro contante oltre la soglia dei 2mila0 euro richieste da un cliente non concretizzano automaticamente una violazione normativa e, pertanto, non comportano in capo all’intermediario l’obbligo di effettuare segnalazione. A questo punto gli italiani possono stare tranquilli, questo non significa vietare la mancetta al proprio figlio o nipote. Ma quello che appare è che i nostri governi puntano mediaticamente alla lotta contro l’evasione fiscale adottando limiti di spesa in contanti sempre più bassi. E come risultato giungono esclusivamente ad un nulla di fatto perchè si tratta solo di un mero atto politico, che conduce solo alla divisione sociale.
Se la finalità del contrasto all’evasione fiscale ci riguarda da vicino, vediamo cosa presenta uno studio predisposto dalla Commissione Europea, la cui relazione è stata resa nota nel giugno 2018 e che dimostra quanto segue: “Sebbene la frode fiscale e l’utilizzo del contante siano spesso associati, la relazione che intercorre tra loro non è sempre evidente. In primo luogo, sebbene vi sia una certa correlazione tra l’utilizzo di contante in un’economia e il livello di frode fiscale, sembra che svolgano un ruolo importante anche altri fattori, circostanza che spiegherebbe l’esistenza di valori anomali (per esempio l’Austria, in cui il livello di frode fiscale è basso, ma si registra un elevato utilizzo di contante). In secondo luogo, sebbene il contante sia ampiamente utilizzato per il finanziamento del terrorismo e altre attività criminali, una forma importante di frode fiscale è perpetrata tramite operazioni non monetarie, nel cui ambito la frode si basa su operazioni e strutture giuridiche complesse, spesso di dimensione multinazionale e che non comportano l’uso di contanti. Nei casi sopradescritti un divieto di pagamento in contanti sarebbe del tutto inefficace. Infine, laddove il contante è effettivamente utilizzato a scopo di frode fiscale, si possono distinguere due casi. Per entrambi la restrizione al pagamento in contanti non risulterebbe efficace per limitare la frode. Il primo caso riguarda le operazioni in cui entrambe le parti sono coinvolte nella frode fiscale, per esempio il lavoro nero. Tali operazioni possono essere di importo elevato (ad esempio, il pagamento delle retribuzioni), ma poiché entrambe le parti sono già esposte alle sanzioni associate alla frode fiscale, un divieto di pagamento in contanti avrebbe uno scarso effetto deterrente. Nel secondo caso, solo una parte utilizza la natura monetaria dell’operazione per mettere in atto la frode fiscale (in genere un venditore), mentre l’altra è inconsapevole della frode in corso e ne rimane estranea”.
La conclusione è lampante: “la restrizione al pagamento in contanti non risulterebbe efficace per limitare la frode”. Bisogna quindi che gli italiani rivolgano l’attenzione altrove, soprattutto a far rispettare agli altri i comportamenti virtuosi, in mancanza dei quali le ripercussioni negative poi pesano sull’intera collettività. Generando un mostro che continua a girare su se stesso nel tentativo di mordersi la coda.