In Italia sembrano non arrivare ancora conseguenze negative
di LEXDC
SIENA. Ci sembra importante cominciare con le parole del governo nipponico: “Il primo ministro giapponese, Naoto Kan, ha dichiarato oggi che per la decontaminazione del sito della centrale nucleare di Fukushima OCCORRERANNO DECINE DI ANNI, presentando per la prima volta un programma di lungo termine per questo tipo di operazione. Dopo lo tsunami seguito al potente terremoto dell’11 marzo, i sistemi di raffreddamento della centrale nucleare di Fukushima furono danneggiati, permettendo una fusione del terzo reattore provocando una delle peggiori catastrofi del nucleare civile”.
Alla fine la verità l’hanno dovuta dire al mondo intero. E hanno dovuto mandare in frantumi il mito dell’organizzazione e della precisione del paese del Sol Levante. Infatti, Il governo giapponese ha “scoperto” che le apparecchiature elettriche della centrale nucleare di Tokai Daini, nella prefettura occidentale di Ibaraki, non soddisfano gli standard di resistenza ai terremoti. La centrale in questione, nel giorno del terremoto, si è bloccata automaticamente e ci sono serissimi dubbi che riprenderà alcun genere di attività. Invece il dilettante ministro dell’industria, Banri Kaieda (dilettante almeno per lo standard italiano di responsabilità politica dei nostri ministri che non lasciano mai lo scranno), ha annunciato che si dimetterà per assumersi la responsabilità del caos che circonda il possibile riavvio della centrale nucleare di Genkai. La Kyushu Electric Power, proprietaria dell’impianto, insieme alle sue consociate, ha tentato di condizionare in tempo reale un meeting governativo, tenutosi a giugno a Saga, sulla sicurezza della centrale nucleare di Genkai, con una serie di email per influenzare l’opinione pubblica e il governo sul riavvio dei reattori. Tuuto nasce dalla fretta sospetta delle autorità di Tokio di realizzare “stress test” per validare i sistemi di sicurezza in atto nelle centrali nucleari nipponiche, ma hanno ottenuto il risultato opposto: municipalità e prefetture hanno preso la palla al balzo per “procrastinare le loro decisioni sui permessi alle utilities per riprendere le operazioni fino a quando i test e le valutazioni non saranno stati completati”, cioè applicando i modelli di stress test europei che sembrano a tutti più seri ed efficaci per capire se e quanto una centrale nucleare possa tornare in funzione con relativo pericolo per la popolazione e il territorio.
Per venire ai fatti nostri in Italia, il giorno cinque luglio Ispra ha aggiornato la situazione del controllo della radioattività in Italia anche in relazione agli avvenimenti di Fukushima. Dagli esami svolti risulta che gli andamenti delle concentrazioni di Iodio 131 e di Cesio 137 nel particolato atmosferico (che sono i principali radionuclidi indicatori della presenza di radioattività nell’aria) fino ad oggi non hanno avuto valori particolari, sono in generale accordo con quelli rilevati negli altri paesi europei, non hanno alcuna rilevanza dal punto di vista radiologico e sono tali da non costituire alcun rischio di tipo sanitario.