Il Giappone si appresta a smantellare le centrali nucleari
di LEXDC
SIENA. Il 13 maggio, in un comunicato dai toni concitati, la Tokyo Electric Power Company (Tepco) ha dichiarato: «Crediamo che il reattore numero 1 della centrale nucleare di Fukushima Daiichi sia in uno stato di “meltdown”». Questo significa che la crisi nucleare quindi non sarebbe sotto controllo in fase di ripiego, ma appena iniziata e pericolosissima. Meltdown cioè fusione, causata da un livello così basso dell’acqua di raffreddamento nel reattore tale da rendere completamente esposte le barre di combustibile nucleare. La Tepco ritiene che «Il combustibile fuso sia raffreddato, a giudicare dalla temperatura della superficie del reattore». Ma il sospetto fortissimo è che il “meltdown”, la fusione, abbia prodotto uno o più “buchi” nel bottom, la parte inferiore del reattore, causando la fuoriuscita di acqua nel vessel, che starebbe sversando anche nell’edificio del reattore. La Tepco ha usato nuovamente la tecnica delle scuse postume, ma in realtà non sanno dove sia finita nemmeno l’acqua pompata per due mesi nei reattori e ora dispersa nel terreno e in mare, con gli esiti disastrosi che tutti si aspettano.
Gli urgenti controllo richiesti alle strutture nucleari esistenti dal governo giapponese hanno costretto la Chubu Electric Power Company ad avviare le procedure per fermare i due reattori operativi nella sua centrale nucleare di Hamaoka, nel Giappone centrale, perché risultati non essere in grado di resistere ad un terremoto di magnitudo 8 che dovrebbe verificarsi nella regione entro 30 anni. L’operazione dovrebbe concludersi entro il weekend. E così, entro l’estate, si prevede che il 75% delle centrali nucleari giapponesi, vuoi per età vuoi per ragioni di sicurezza, sarà completamente fermo e inutilizzabile. Nel supersicuro nucleare giapponese ormai non ci crede più nessuno, e la moratoria del governo italiano sembra solo un placebo elettorale che non sposterà la sostanza del problema: non esiste il nucleare sicuro, tutto il resto sono chiacchiere da venditori di fumo. Intanto la radioattività avanza in tutte le prefetture del nord del paese con tassi del 1000% rispetto ai valori tollerabili di becquerel. Tanto da rendere l’acqua imbevibile e da proibire la raccolta dei prodotti degli orti. Non vogliamo annoiare i nostri lettori con elenchi di città e località dell’isola di Honsu, dove si trova tra l’altro anche la capitale Tokio, ma così stanno le cose!
Il nostro abituale collegamento con l’Ispra, l’istituto statale italiano che monitora lo stato della radioattività in Italia, ci conferma le notizie che abbiamo appena scritto, che provengono da fonti legate alle organizzazioni ambientaliste. Solo alcuni valori, attribuiti alle stime della Tepco, cioè del soggetto inquinatore, sarebbero in lenta diminuizione, ma è noto a tutti che per aver raccontato balle spaziali il governo giapponese è stato bacchettato da quello statunitense, che in questa arte non è secondo a nessuno. Per quanto riguarda la situazione nel nostro paese, Ispra dichiara “I valori riscontrati non hanno alcuna rilevanza dal punto di vista radiologico e sono tali da non costituire alcun rischio di tipo sanitario, e che le concentrazioni” effettuate su campioni di foraggio, latte, verdure “sono in generale accordo con quelle rilevate in altri paesi Europei.”.
Infine, in tanta sciagura, una buona notizia. La città di Fudai, in Giappone, ha avuto porto, barche, attrezzature portuali distrutte dallo tsunami per un valore di 47 milioni di euro. Ma neanche un morto e nemmeno una casa danneggiata. Grazie alla preveggenza di un sindaco, Wamura Kotaku, che fece erigere una diga contro l’oceano già negli anni ’70, contestata per le sue dimensioni definite eccessive, ma che oggi fa di Fudai l’unica città senza morti e senza distruzione di tutta la costa nord del Giappone, proprio perché lo tusnami è stato di dimensioni eccessive. La notizia è stata data con risalto dai media mondiali, e non vuole nascondere la gravità della situazione nell’area, che non è dovuta ai danni del combinato terremoto-tsunami, quanto piuttosto alla diffusa radioattività sul territorio, che nessuno sa come vedere e controllare.