Nucleare e politica: interessi e incertezze dopo le parole di Berlusconi
di LEXDC
SIENA. Arpat e Ispra, nell’ormai consueto report sulla radioattività nel nostro paese, confermano alla data del 21 aprile 2011: “I dati mostrano sostanziale coerenza sul territorio nazionale e le attuali valutazioni non fanno prevedere conseguenze per l’ambiente e la popolazione”. Almeno per ora possiamo dormire sonni abbastanza tranquilli, per il futuro, compresa la radioattività che transita per gli oceani dal materiale inquinato della centrale giapponese, dovremo attendere altre evidenze scientifiche, che oggi nessuno può prevedere. Forse. Perché il sito internet di Ispra da allora, complice pensiamo il clima vacanziero pasquale, non è stato più aggiornato. Un disguido? Sicuramente, ma almeno non con la nostra salute. Come in Giappone, la radioattività non è visibile a occhio nudo, ma in compenso riesce ad arrivare dappertutto… ma analizziamo la situazione nel suo complesso.
A Emma Marcegaglia l’annullamento della seconda era atomica italiana costerà almeno un miliardo di euro. Tondini e lastre di acciaio prodotti dalle sue fabbriche siderurgiche che non verranno utilizzati per la costruzione delle quattro centrali nucleari proposte dal governo Berlusconi nel 2009. Quindi è del tutto comprensibile l’uscita disinteressata del presidente di Confindustria a Firenze qualche giorno fa: “Auspichiamo che sia solo una pausa di riflessione e non uno stop definitivo, serve un piano energetico a lungo termine” avendo fatto nel frattempo “investimenti sulle diverse fonti energetiche, compreso il nucleare”. Peccato che siano stati investiti solo una decina di milioni di euro per formare una società, la Sni, distintasi per delle pubblicità ingannevoli con gli scacchi, precisiamo noi. I nuclearisti, sempre meno e sempre più sfiduciati, sono sostenuti dalla politica del rinvio del governo. L’uscita di ieri mattina, infelice nella forma e nemmeno troppo sincera di Berlusconi ma che confermava quello che tutti avevano capito, conferma che quella del governo è una scelta tattica presa non per gli interessi degli italiani. Che, pro o contro il nucleare, hanno bisogno che venga impostata una chiara politica energetica, che senza sviluppo tecnologico nemmeno le rinnovabili possono risolvere i problemi. Fukushima aumenterà il costo dell’energia elettrica francese (fatta con l’atomo) grazie alla revisione delle norme di sicurezza che comporterà costi incalcolabili aldilà delle Alpi che graveranno su noi consumatori.
Così, per dispetto, andremo in deficit energetico già nei prossimi anni (per ora, grazie all’oscuro lavoro di Terna non ci siamo ancora caduti): il governo sembra un bambino dispettoso che, messo a giocare in porta invece che al centro dell’attacco, se ne esce con la frase “il pallone è mio” e se lo porta via lasciando tutti senza gioco. Questo è chiaro dal fatto che la definizione del Quarto Conto Energia è confusa e illogica, e il settore delle rinnovabili rischia di entrare in profondo rosso con tutte le ricadute occupazionali relative.
Al di là delle scaramucce politiche la realtà parla di un Giappone sempre più in emergenza nucleare. Le tracce di iodio nel latte materno di puerpere distanti 100 km dalla centrale di Fukushima, la contaminazione di flora e fauna marine che proibiscono il consumo di pesce in tutta la regione, i timori delle autorità hawaiane sui venti radioattivi che spingono dal Sol Levante verso l’America spiegano senza troppi giri di parole che il livello 7 è stato raggiunto e se possibile superato. I terremoti nell’area, poi, continuano implacabili come gli allarmi tsunami e rendono ancora più complesse le operazione per rinchiudere in se stessa la radioattività prodotta dai reattori feriti a morte. Viene allargata l’area di sgombero obbligatorio per la popolazione di un raggio di 10 km supplementari e il governo non esclude un ulteriore allargamento dell’area “off limits”, il nuovo deserto nucleare. Il governatore della regione di Fukushima ha dichiarato: “Riavviare la centrale nucleare è inconcepibile”. Molti paesi ormai rifiutano non solo i prodotti agricoli giapponesi, ma anche i manufatti per paura della contaminazione, creando già grossi problemi all’industria nipponica. Perfino l’industria automobilistica ha subito una flessione produttiva di oltre il 60% con Toyota e Honda in prima fila. E pensare che la ricostruzione del Giappone dovrebbe generare un volano positivo per l’economia mondiale, benchè il paese sia gravato da un debito pubblico superiore perfino a quello greco!