SIENA. Il gruppo di ricerca di Biologia evolutiva, coordinato dalla professoressa Cosima Baldari, studia da molti anni, con il supporto dell'AIRC e più recentemente dell'ITT-Regione Toscana, le cause e i meccanismi di sviluppo della leucemia linfatica cronica, la forma più comune di leucemia negli adulti dei paesi occidentali.
"La principale causa di questa forma di leucemia – spiega la professoressa Baldari – è rappresentata da difetti nell'apoptosi, il processo fisiologico che regola l'eliminazione delle cellule senescenti o danneggiate. Il nostro gruppo ha individuato la proteina p66Shc come un importante mediatore dell'apoptosi dei linfociti B, il corrispondente normale delle cellule leucemiche nella leucemia linfatica cronica".
Partendo dall'ipotesi che un difetto di espressione di p66Shc potesse contribuire ai difetti di apoptosi, i ricercatori hanno analizzato un gruppo di pazienti, di cui metà con prognosi favorevole e metà con prognosi sfavorevole, per la presenza di p66Shc nelle cellule leucemiche. I risultati, ottenuti in collaborazione con il gruppo del professor Francesco Lauria, del dipartimento di Medicina clinica e scienze immunologiche dell'Ateneo senese, hanno dimostrato un difetto nell'espressione di p66Shc in tutti i pazienti, con i livelli più bassi nei pazienti con prognosi sfavorevole. Questo difetto causa un'alterazione nel macchinario che controlla l'apoptosi, impedendo l'eliminazione delle cellule leucemiche.
"Le terapie attualmente usate non sono purtroppo in grado di fermare la progressione della malattia nei pazienti nei quali questa si manifesta in forma aggressiva – prosegue la professoressa Baldari -. Il nostro lavoro punta a identificare uno spettro più ampio possibile di fattori che possano predire se il decorso della malattia sarà benigno o maligno per la messa a punto di terapie mirate da mettere in atto nei pazienti con prognosi sfavorevole".
I risultati, pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica Blood e presentati in anteprima al Congresso Internazionale della Società Americana di Ematologia, non solo forniscono un nuovo fattore predittivo per la leucemia linfatica cronica, utile per la scelta e l'attuazione in tempo utile della terapia, ma identificano p66Shc come un nuovo bersaglio molecolare per la messa a punto di terapie innovative.
"La principale causa di questa forma di leucemia – spiega la professoressa Baldari – è rappresentata da difetti nell'apoptosi, il processo fisiologico che regola l'eliminazione delle cellule senescenti o danneggiate. Il nostro gruppo ha individuato la proteina p66Shc come un importante mediatore dell'apoptosi dei linfociti B, il corrispondente normale delle cellule leucemiche nella leucemia linfatica cronica".
Partendo dall'ipotesi che un difetto di espressione di p66Shc potesse contribuire ai difetti di apoptosi, i ricercatori hanno analizzato un gruppo di pazienti, di cui metà con prognosi favorevole e metà con prognosi sfavorevole, per la presenza di p66Shc nelle cellule leucemiche. I risultati, ottenuti in collaborazione con il gruppo del professor Francesco Lauria, del dipartimento di Medicina clinica e scienze immunologiche dell'Ateneo senese, hanno dimostrato un difetto nell'espressione di p66Shc in tutti i pazienti, con i livelli più bassi nei pazienti con prognosi sfavorevole. Questo difetto causa un'alterazione nel macchinario che controlla l'apoptosi, impedendo l'eliminazione delle cellule leucemiche.
"Le terapie attualmente usate non sono purtroppo in grado di fermare la progressione della malattia nei pazienti nei quali questa si manifesta in forma aggressiva – prosegue la professoressa Baldari -. Il nostro lavoro punta a identificare uno spettro più ampio possibile di fattori che possano predire se il decorso della malattia sarà benigno o maligno per la messa a punto di terapie mirate da mettere in atto nei pazienti con prognosi sfavorevole".
I risultati, pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica Blood e presentati in anteprima al Congresso Internazionale della Società Americana di Ematologia, non solo forniscono un nuovo fattore predittivo per la leucemia linfatica cronica, utile per la scelta e l'attuazione in tempo utile della terapia, ma identificano p66Shc come un nuovo bersaglio molecolare per la messa a punto di terapie innovative.