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di Enrico Campana-Capelli
SIENA. La rubrica di questa settimana? Potrei scrivere un libro, tanti sono gli spunti che si affastellano nella mia mente qual fiori di campo. Cominciare dal Costituto? Che interessante lettura, che attualità vanta ancora il codice legislativo della Siena del Trecento!, ma facciamo per la prossima volta. O questo Giro d’Italia diventato spietato come il Tour, soprattutto nella tappa sugli sterrati eroici di Montalcino che hanno sfigurato i volti dei “girini” irriconoscibili al traguardo, maschere di fanghiglia? O i primi atti del neo-Governatore della nostra Regione che fa della Toscana la perla della Sanità nazionale? La visita ai carcerati per regalargli materassi nuovi e quelle al vescovo di Pistoia e al presidente del Monte dei Paschi, i vertici del potere guelfo e ghibellino, sperando che sia magari lui – il signor Rossi da Bientina – il guru del grande popolo di laici e cattolici adulti che dopo le elezioni sta fuggendo – allarme allarme – dal Partito-eccellenza di Toscana e che registrerebbe un pauroso calo delle tessere – in alcuni casi persino di due terzi, come mi racconta un politico – che si sarebbe registrato in alcune comunità del senese.
E il basket? Beh, non c’è che l’imbarazzo della scelta. Il “povero” (si fa per dire, guadagna infatti 3 milioni di euro ma non lo invidio…) Ettore Messina continua a trangugiare fiele, il suo Real ha perso in casa anche dal Siviglia, dice che berrà fino in fondo l’amaro calice. Per i nostri coach è stata proprio una stagione-no. Don Ettore si è forse cristallizzato nella sua filosofia che andava bene con i tetragoni russi (robot è una parola russa, rebote..) non per la “movida” della Spagna applicata anche allo sport. Questo Real è proprio tale e quale quello che avevo visto con la lingua penzoloni contro con Siena, battibilissimo, ma non voglio ricorrere alla proprietà transitiva, far polemica sull’occasione persa in Eurolega. In fondo nelle ultime 6 edizioni, la sfavillante all star senese s’è seduta una sola volta fra le Magnifiche Quattro, e proprio grazie all’ex figurino dell’amata Lupa. Anche Sergio Scariolo, campione d’Europa con la Spagna, la Ferrari del basket come lui l’ha definita, non è arrivato alle Final Four nonostante i potenti mezzi del Khimki dove tuttavia qualche giocatore voleva andare via, perchè a fine stagione non arrivavano gli stipendi . Alle Final4 “Supersimo”c’era arrivato al debutto sulla panca, quest’anno ha fatto un altro passo indietro proprio quando il suo prestigio saliva con l’incarico (giusto, giusto, mettiamolo alla prova) di reggere il timone della nazionale. Mica sarà che l’azzurro porta jella?, mi chiedo. Nessun coach italiano è infatti arrivato quest’anno a una finale europea, e gli stessi assistenti in azzurro che ha perso solo 2 partite nei playoff, Delmonte e Capobianco, non hanno avuto una buona stagione. Quindi – e qui invece la proprietà transitiva ci vuole – probabilmente il nostro basket autarchico non paga, specie se vediamo l’identità (invidiabile) che il Barcellona ha dato al trionfo in Coppa dei campioni, anche in funzione dell’epos iberico in questo sport, per anni nostro subalterno. Un paese più squattrinato del nostro, la Spagna, ma con ben altra concezione dello sport-value, un bene patrio al quale guardano i giovani e la gente.
Sette coach italiani si giocano nei playoff lo scudetto, l’ottavo, lo slavo Repesa è già un piede fuori dopo che la sua Benetton è saltata in aria a Siena in gara1, ma cantar vittoria non si può. Siamo di fronte a un declassamento – discorso globale, non riferito a Siena – frutto di autarchia. Centrifugato di ego, superbia, poco coraggio, inadeguata conoscenza dei nuovi (?) padroni del vapore, come dimostra il loro agire delle ultime settimane: hanno fatto arrivare, ultima spes, una decina di rinforzi che non si accontentato certo di un piatto di spaghetti. La retrocessione di Ferrara può insegnare qualcosa, meno le molte dichiarazioni stonate del suo presidente che lascia dopo 11 anni fra le polemiche. Certamente ha fatto un grande sacrificio per ingaggiare Sharrod Ford, ha ragionato da imprenditore deluso, e questo (la ragione dello sport, non l’errore eventuale dell’imprenditore) non è bello trattandosi di verdetti sportivi.
Decido che scriverò questa puntata al mio rientro a casa, esco per due cose che mi stanno a cuore. Vado da un corniciaio e gli lascio la bella e sorprendente lettera che un Procuratore Capo della Repubblica ha infilato dentro una busta colore indaco, il colore preferito di Piero della Francesca, scrivendomi che ha apprezzato “il recursus storico e letterario nato dalla sua finissima penna di giornalista, di una bellezza unica..”. La storia riguarda un quadro dedicato a San Giovanni decollato, il santo patrono di Montepulciano, apparso improvvisamente due anni fa dopo secoli bui grazie a un gruppo di filantropi più volterriani che bigotti, e tornato quasi invisibile in un momento in cui ci sarebbe bisogno di predicatori coraggiosi e di spiritualità. Tornerò – prometto – sull’argomento per il Cittadino.
Mentre mi preparano la cornice, decido di fare un salto all’Ufficio Anagrafe dove c’è la coda. Stacco il mio numerino, mi scrutano con occhi inquietanti due indiani col turbante giallo e blu, un paio di boscaioli slavi, un’avvenente ragazza romena e il suo fidanzato, e due signore velate. Siamo in minoranza, ci sentiamo strani, il sottoscritto e la giovane coppia che mi racconta di essere lì per registrare la nascita della loro figlioletta che volevano chiamare Chanel, come la figlia di Totti, ma hanno ripiegato su Tiffany dopo quello che ha fatto il capitano della Roma. Non so però quel che ha fatto, chiudo l’argomento. “Tiffany è il famoso gioielliere, bella idea”, mi congratulo.
E’ già tardi, l’ufficio sta per chiudere, fortuna sono l’ultimo della coda. Vado allo sportello, l’impiegato (o l’ufficiale?) mi riconosce: “Dottore, cosa posso fare per lei”. “Lasci stare il dottore…sa, vorrei..una cosa insolita..”. “Dica dica, sono tutto orecchi”. “Vorrei cambiare il mio cognome, ingentilirlo Un pò..”. “Dottore sta scherzando?..”. “No, no, ho letto di una teoria degli slavi, sostengono che il cognome figurato riflette il destino”. “Se è per questo lo dicevano i latini, ma perché mai vorrebbe cambiare?”. “Quando scrivo, ogni parola spesso viene giudicata come il tocco grave di una Campana…Mi sento a disagio, non sono certo uno che si vuole dare le arie di un Pier Capponi davanti all’Imperatore. Sa chi è Pier Capponi, lei?”. “Certo, lo sanno tutti in Toscana, Pier Capponi per difendere Firenze sfidò imperatore germanico ammonendolo così: se voi suonerete le nostre trombe, noi suoneremo le nostre campane”.
“Divertente… ma io non sono un eroe…gli è che… mi sa che qui a Siena mi vogliono invece fare la fine del povero cappone che finisce in pentola…”
“Mmm..dottore, scusi, ma stiamo chiudendo, finiamola di scherzare: e allora come vorrebbe chiamarsi”.
“Campanucci…”. “Non è possibile, bisognerebbe che lei scrivesse al presidente della Repubblica…Ma scusi dottore se son curioso, ma perché vuole cambiare il suo cognome che suona forte con un vezzeggiativo”.
“Perché a quelli il cui cognome finisce in “Ucci” la fortuna arride, caro signore. Non sono forse i numeri uno i Gucci pellettieri, l’Amerigo Vespucci che proprio 5 secoli fa scoprì l’America, il potente Bernardo Tanucci primo ministro borbonico per 43 anni, e oggi gli Angelucci delle cliniche e dei giornali, il Comanducci dominus della Rai, dalle nostre parti i Contucci con le loro millenarie cantine del Nobile, e nello sport guardi il potere di Gianni Petrucci, è lui ad aver deciso per l’Olimpiade 2020 a Roma, o di Ferdinando Minucci nel basket”.
“Dottore, lei dimentica però anche Sandro Riminucci e il nostro sempre amatissimo George Bucci”.
“Ha ragione, se per questo c’è anche Balducci l’avvocato perugino che gestisce grandi campioni di basket e un simpaticone come Gennaro Colucci, il designatore della Lega Basket”. “Noi a Siena lo conosciamo bene, l’abbiamo visto in pizzeria”. “Sì, a Siena si mangia una pizza buona quanto quella di Napoli, anch’io ci vengo spesso. Se lei lo incontra, me lo saluti”. “Sarà fatto, dottore devo chiudere, allora che si fa?”. “Guardi, mentre parlavo con lei riordinavo con la mente tutti questi ucci-ucci, mi son ricordato anche del furbetto Ricucci, beato lui che stava sotto le coperte Anna Falchi, di quel canuto Balducci delle Grandi Opere che i n questo sta in galera per la storia degli appalti e di altri “ucci-ucci” meno fortunati di quelli di cui si parlava prima, pensiamo all’eroe di Gavinana, il Francesco Ferrucci o nel basket di oggi la sorte del Frank Vitucci della Benetton, oltre un paio d’altri tipi che mai mi sono mai piaciuti e per fortuna non hanno mai avuto a che fare col basket di Siena”.
Decido di soprassedere, la burocrazia mi angoscia, preferisco tenermi il mio cognome, anzi siccome adesso è possibile, recupererò quello della mia adorata mamma, Merina Capelli. Fino a sei anni ho portato il suo cognome. E credo con onore, come tutte le volte che nel corso degli anni del mio lavoro giornalistico ho messo il mio “squillante” cognome in fondo a un articolo.
SIENA. La rubrica di questa settimana? Potrei scrivere un libro, tanti sono gli spunti che si affastellano nella mia mente qual fiori di campo. Cominciare dal Costituto? Che interessante lettura, che attualità vanta ancora il codice legislativo della Siena del Trecento!, ma facciamo per la prossima volta. O questo Giro d’Italia diventato spietato come il Tour, soprattutto nella tappa sugli sterrati eroici di Montalcino che hanno sfigurato i volti dei “girini” irriconoscibili al traguardo, maschere di fanghiglia? O i primi atti del neo-Governatore della nostra Regione che fa della Toscana la perla della Sanità nazionale? La visita ai carcerati per regalargli materassi nuovi e quelle al vescovo di Pistoia e al presidente del Monte dei Paschi, i vertici del potere guelfo e ghibellino, sperando che sia magari lui – il signor Rossi da Bientina – il guru del grande popolo di laici e cattolici adulti che dopo le elezioni sta fuggendo – allarme allarme – dal Partito-eccellenza di Toscana e che registrerebbe un pauroso calo delle tessere – in alcuni casi persino di due terzi, come mi racconta un politico – che si sarebbe registrato in alcune comunità del senese.
E il basket? Beh, non c’è che l’imbarazzo della scelta. Il “povero” (si fa per dire, guadagna infatti 3 milioni di euro ma non lo invidio…) Ettore Messina continua a trangugiare fiele, il suo Real ha perso in casa anche dal Siviglia, dice che berrà fino in fondo l’amaro calice. Per i nostri coach è stata proprio una stagione-no. Don Ettore si è forse cristallizzato nella sua filosofia che andava bene con i tetragoni russi (robot è una parola russa, rebote..) non per la “movida” della Spagna applicata anche allo sport. Questo Real è proprio tale e quale quello che avevo visto con la lingua penzoloni contro con Siena, battibilissimo, ma non voglio ricorrere alla proprietà transitiva, far polemica sull’occasione persa in Eurolega. In fondo nelle ultime 6 edizioni, la sfavillante all star senese s’è seduta una sola volta fra le Magnifiche Quattro, e proprio grazie all’ex figurino dell’amata Lupa. Anche Sergio Scariolo, campione d’Europa con la Spagna, la Ferrari del basket come lui l’ha definita, non è arrivato alle Final Four nonostante i potenti mezzi del Khimki dove tuttavia qualche giocatore voleva andare via, perchè a fine stagione non arrivavano gli stipendi . Alle Final4 “Supersimo”c’era arrivato al debutto sulla panca, quest’anno ha fatto un altro passo indietro proprio quando il suo prestigio saliva con l’incarico (giusto, giusto, mettiamolo alla prova) di reggere il timone della nazionale. Mica sarà che l’azzurro porta jella?, mi chiedo. Nessun coach italiano è infatti arrivato quest’anno a una finale europea, e gli stessi assistenti in azzurro che ha perso solo 2 partite nei playoff, Delmonte e Capobianco, non hanno avuto una buona stagione. Quindi – e qui invece la proprietà transitiva ci vuole – probabilmente il nostro basket autarchico non paga, specie se vediamo l’identità (invidiabile) che il Barcellona ha dato al trionfo in Coppa dei campioni, anche in funzione dell’epos iberico in questo sport, per anni nostro subalterno. Un paese più squattrinato del nostro, la Spagna, ma con ben altra concezione dello sport-value, un bene patrio al quale guardano i giovani e la gente.
Sette coach italiani si giocano nei playoff lo scudetto, l’ottavo, lo slavo Repesa è già un piede fuori dopo che la sua Benetton è saltata in aria a Siena in gara1, ma cantar vittoria non si può. Siamo di fronte a un declassamento – discorso globale, non riferito a Siena – frutto di autarchia. Centrifugato di ego, superbia, poco coraggio, inadeguata conoscenza dei nuovi (?) padroni del vapore, come dimostra il loro agire delle ultime settimane: hanno fatto arrivare, ultima spes, una decina di rinforzi che non si accontentato certo di un piatto di spaghetti. La retrocessione di Ferrara può insegnare qualcosa, meno le molte dichiarazioni stonate del suo presidente che lascia dopo 11 anni fra le polemiche. Certamente ha fatto un grande sacrificio per ingaggiare Sharrod Ford, ha ragionato da imprenditore deluso, e questo (la ragione dello sport, non l’errore eventuale dell’imprenditore) non è bello trattandosi di verdetti sportivi.
Decido che scriverò questa puntata al mio rientro a casa, esco per due cose che mi stanno a cuore. Vado da un corniciaio e gli lascio la bella e sorprendente lettera che un Procuratore Capo della Repubblica ha infilato dentro una busta colore indaco, il colore preferito di Piero della Francesca, scrivendomi che ha apprezzato “il recursus storico e letterario nato dalla sua finissima penna di giornalista, di una bellezza unica..”. La storia riguarda un quadro dedicato a San Giovanni decollato, il santo patrono di Montepulciano, apparso improvvisamente due anni fa dopo secoli bui grazie a un gruppo di filantropi più volterriani che bigotti, e tornato quasi invisibile in un momento in cui ci sarebbe bisogno di predicatori coraggiosi e di spiritualità. Tornerò – prometto – sull’argomento per il Cittadino.
Mentre mi preparano la cornice, decido di fare un salto all’Ufficio Anagrafe dove c’è la coda. Stacco il mio numerino, mi scrutano con occhi inquietanti due indiani col turbante giallo e blu, un paio di boscaioli slavi, un’avvenente ragazza romena e il suo fidanzato, e due signore velate. Siamo in minoranza, ci sentiamo strani, il sottoscritto e la giovane coppia che mi racconta di essere lì per registrare la nascita della loro figlioletta che volevano chiamare Chanel, come la figlia di Totti, ma hanno ripiegato su Tiffany dopo quello che ha fatto il capitano della Roma. Non so però quel che ha fatto, chiudo l’argomento. “Tiffany è il famoso gioielliere, bella idea”, mi congratulo.
E’ già tardi, l’ufficio sta per chiudere, fortuna sono l’ultimo della coda. Vado allo sportello, l’impiegato (o l’ufficiale?) mi riconosce: “Dottore, cosa posso fare per lei”. “Lasci stare il dottore…sa, vorrei..una cosa insolita..”. “Dica dica, sono tutto orecchi”. “Vorrei cambiare il mio cognome, ingentilirlo Un pò..”. “Dottore sta scherzando?..”. “No, no, ho letto di una teoria degli slavi, sostengono che il cognome figurato riflette il destino”. “Se è per questo lo dicevano i latini, ma perché mai vorrebbe cambiare?”. “Quando scrivo, ogni parola spesso viene giudicata come il tocco grave di una Campana…Mi sento a disagio, non sono certo uno che si vuole dare le arie di un Pier Capponi davanti all’Imperatore. Sa chi è Pier Capponi, lei?”. “Certo, lo sanno tutti in Toscana, Pier Capponi per difendere Firenze sfidò imperatore germanico ammonendolo così: se voi suonerete le nostre trombe, noi suoneremo le nostre campane”.
“Divertente… ma io non sono un eroe…gli è che… mi sa che qui a Siena mi vogliono invece fare la fine del povero cappone che finisce in pentola…”
“Mmm..dottore, scusi, ma stiamo chiudendo, finiamola di scherzare: e allora come vorrebbe chiamarsi”.
“Campanucci…”. “Non è possibile, bisognerebbe che lei scrivesse al presidente della Repubblica…Ma scusi dottore se son curioso, ma perché vuole cambiare il suo cognome che suona forte con un vezzeggiativo”.
“Perché a quelli il cui cognome finisce in “Ucci” la fortuna arride, caro signore. Non sono forse i numeri uno i Gucci pellettieri, l’Amerigo Vespucci che proprio 5 secoli fa scoprì l’America, il potente Bernardo Tanucci primo ministro borbonico per 43 anni, e oggi gli Angelucci delle cliniche e dei giornali, il Comanducci dominus della Rai, dalle nostre parti i Contucci con le loro millenarie cantine del Nobile, e nello sport guardi il potere di Gianni Petrucci, è lui ad aver deciso per l’Olimpiade 2020 a Roma, o di Ferdinando Minucci nel basket”.
“Dottore, lei dimentica però anche Sandro Riminucci e il nostro sempre amatissimo George Bucci”.
“Ha ragione, se per questo c’è anche Balducci l’avvocato perugino che gestisce grandi campioni di basket e un simpaticone come Gennaro Colucci, il designatore della Lega Basket”. “Noi a Siena lo conosciamo bene, l’abbiamo visto in pizzeria”. “Sì, a Siena si mangia una pizza buona quanto quella di Napoli, anch’io ci vengo spesso. Se lei lo incontra, me lo saluti”. “Sarà fatto, dottore devo chiudere, allora che si fa?”. “Guardi, mentre parlavo con lei riordinavo con la mente tutti questi ucci-ucci, mi son ricordato anche del furbetto Ricucci, beato lui che stava sotto le coperte Anna Falchi, di quel canuto Balducci delle Grandi Opere che i n questo sta in galera per la storia degli appalti e di altri “ucci-ucci” meno fortunati di quelli di cui si parlava prima, pensiamo all’eroe di Gavinana, il Francesco Ferrucci o nel basket di oggi la sorte del Frank Vitucci della Benetton, oltre un paio d’altri tipi che mai mi sono mai piaciuti e per fortuna non hanno mai avuto a che fare col basket di Siena”.
Decido di soprassedere, la burocrazia mi angoscia, preferisco tenermi il mio cognome, anzi siccome adesso è possibile, recupererò quello della mia adorata mamma, Merina Capelli. Fino a sei anni ho portato il suo cognome. E credo con onore, come tutte le volte che nel corso degli anni del mio lavoro giornalistico ho messo il mio “squillante” cognome in fondo a un articolo.