Lettera aperta contro il "residuo di archietettura industriale"
Data la sua altezza, la si vede ad occhio nudo da mezza provincia di Siena e dalla Torre del Mangia, sembra proprio voler rovinare la cartolina di chi getta lo sguardo a sud, verso la Valdarbia. Nell’unico territorio che può vantare ben quattro siti patrimonio dell’Unesco, un orripilante obelisco si erge a disturbare l’orizzonte “ove il guardo mira”. E pensare che la “colonna” incriminata è ad appena duecento metri dall’antica Chiesa di San Michelangelo di Ponte a Tressa, trecento metri da quella di S.Ilario di Isola d’Arbia (testimoniata già intorno all’anno Mille) e vicino ad un podere che fu dei Borgia. Questa struttura, denunciata in passato anche da ItaliaNostra, pur essendo al confine con il Comune di Monteroni d’Arbia, è di poco all’interno del territorio di quello di Siena a cui ogni azione competerebbe. In passato sono state fatte anche petizioni e richieste di demolizione, cassate a volte perché troppo costose, altre (motivazione più comica) sostenendo che comunque trattasi di “testimonianza di architettura industriale”. Ma quale architettura industriale? A parte che quì di “industriale” non è mai partito nulla, ma la torre-silos era solo un contenitore dove il prodotto veniva liofilizzato con un procedimento a “piani” al termine del quale si otteneva la polvere di pomodoro. Quindi una cattedrale del fallimento o forse della speculazione industriale che, ancor prima delle testimonianze alla “Striscia la Notizia”, già dava i suoi frutti.
Ma non è tutto! La nostra “bellissima” opera d’arte, è stata inserita (Ottobre 2010) in una mostra di Oliviero Toscani in quel di Suvereto (PI), presso la Cantina di Petra, selezionata appositamente come testimonial delle brutture che deturpano il paesaggio toscano.
E allora, non è finalmente l’ora di toglierla di mezzo? Facciamo due conti e vediamo quanto può costare e magari troviamoci uno sponsor. Trasformiamolo in un evento e vedrete che il costo sarà ragionevole.
Augusto Codogno