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Direttore responsabile Raffaella Zelia Ruscitto
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Novus ordo Montis Pascuorum

Cavalieri Rossi e Manganelli?

di Marco Sbarra 

SIENA. Ricordate cosa scrivevo mesi fa sul Cittadino online nel link “Non aprite quel sito e, soprattutto, non commentate”? “Sinceramente, non credo che il Presidente Profumo, l’Amministratore Delegato Viola, o la Responsabile delle Risorse Umane Dalla Riva abbiano…addirittura dato il via libera, ancor più illegittimo, all’adozione di provvedimenti disciplinari nei confronti di coloro che osano scrivere commenti critici verso di loro o l’Azienda”.

La mia fede purtroppo è andata delusa quando, il 10 dicembre 2012, ho ricevuto una lettera del Monte in cui mi si notificava l’apertura di un procedimento disciplinare in conseguenza dei miei articoli pubblicati dal Cittadino online. Motivo? Violando il Codice Etico aziendale, avrei messo in pericolo la reputazione della Banca, per la qual cosa sono stato da ultimo sanzionato con un Rimprovero scritto.

Tutto sommato poteva andarmi peggio, perché quando un’Azienda reputa che il dipendente abbia potuto violare la sua reputazione arriva dritto come un fuso un bel licenziamento.

Che il Monte abbia voluto limitarsi a ricordarmi, bonariamente, che un dipendente deve sempre “attaccare l’asino dove vuole il padrone e, se si rompe il collo, suo danno”? Oppure sarà stata la Provvidenza a salvarmi quando ha fatto saltar fuori, nei primi mesi dell’anno in corso, una miriade di fatti e notizie impressionanti sul “Sistema Monte” che hanno offerto una clamorosa conferma alle mie denunce?

Rimane la gravità del fatto. L’Azienda ha lanciato un avvertimento preciso: è vietato disturbare il Manovratore. E la libertà di opinione e di critica, tutelate costituzionalmente? Un optional.

Sottoporre il dipendente ad un procedimento disciplinare perché richiama pubblicamente l’attenzione su fatti di clamorosa evidenza che hanno danneggiato sia il Monte che i suoi dipendenti, la dice lunga su quale sia l’atmosfera che si vive nell’ ambiente di lavoro.

Al punto n. 2 del verbale approvato dall’assemblea dei dipendenti di Massa il 23 luglio 2012 si chiedeva di “Denunciare alla Magistratura il Presidente del Cda, il D.G. e l’intero Cda che ha deliberato l’acquisto di cui al punto n.1 (Banca Antoveneta, n.d.r.) per verificare se siano stati commessi dei reati, tenuto conto della enorme e ingiustificata discrasia fra il prezzo d’acquisto del Monte e quello, precedente di soli due mesi, del Banco Santander”.

Il senso di una tale richiesta era chiaro: fare luce su quella differenza anomala di prezzo, allora risultante di almeno 2,7 miliardi di euro, che poteva far sospettare dell’esistenza di fondi neri e tangenti.

Quei cattivi pensieri di sicuro non si sono diradati quando recentemente i giornali hanno rivelato che la Procura di Siena avrebbe quantificato in 17 miliardi di euro l’importo complessivo della transazione (cfr. Il Giornale del 25/27/29 gennaio 2013).

La vulgata corrente nei salotti che contano ci ha ammannito la storia del Grande Timoniere Mussari che avrebbe deciso l’acquisto di Antonventa spinto dal nobile intento di far fare un Grande Balzo in avanti al Monte, nel mentre celebrava quella radiosa conquista in un tripudio di osanna, come ben ricordiamo. Ancora recentemente, proprio il giorno dopo le perquisizioni della Gdf al Monte, Qualcuno che Conta candidamente sentenziava, come riporta Radiocor del 10.5.2012, che “Non ritengo avvieremo alcuna indagine” in Cda sull’acquisizione di Antonveneta: “Quale sarebbe l’utilità? …Tutti nella vita professionale abbiamo fatto errori, non serve guardare indietro. Quel disastro ridotto a poco più di una bagatella, mi par di capire.

Domanda: e se non fosse andata così, se quella transazione non fosse stato un innocente “errore” commesso, nell’arco di un solo giorno – come racconta la tradizione – dal conducator Mussari? E se le “imprudenze” e i “pasticci” non fossero dovuti alla fretta di chiudere un ghiotto affare a lungo inseguito e tout court miracolosamente offerto su un piatto d’argento, ma facessero parte di una precisa strategia?

Mi chiedo: è verosimile derubricare a un semplice “abbaglio” l’aver pagato una cifra così spropositata senza neanche accertarsi del reale valore dell’oggetto della transazione? Oddio, se vogliamo dar credito a quanto riportato dal Sole 24 Ore, al Monte non ha mai fatto difetto una certa signorile generosità nell’acquisizione di altre Banche. Il giornale della Confindustria il 10.5.2012 scriveva che la Bam fu valutata “… più di tre volte il patrimonio netto (il “tesoretto” della futura “razza padana”in pre-mobilitazione su Telecom si forma allora”). Per non parlare dell’affaire Banca del Salento o Banca 121, che il medesimo organo di informazione il 27.9.2006 rivelò essere “… costato circa 3.500 miliardi di lire”. Qualcuno è in grado di dirmi che fine abbia fatto quel “gioiello” di ingegneria finanziaria e, soprattutto, quel surplus del prezzo d’acquisto?Quello che è certo è che l’acquisizione di Antonveneta comporterà a breve la perdita del controllo del Monte da parte della Fondazione, a favore di un Cavaliere Bianco, pardon Rosso – noblesse oblige – che presto arriverà.

Perché vede, caro Mussari, sono assolutamente d’accordo con lei quando afferma che fare il banchiere non è il suo mestiere, ma l’operazione Antonveneta era talmente sconsiderata da un punto di vista economico-finanziario che un qualunque “bonus pater familias” se ne sarebbe accorto.

Invece lei, incoronato banchiere dell’anno 2008 (andatevi a rileggere le motivazioni: che capolavoro di sublime surrealismo…), ma guarda un po’, si è un tantinello distratto…

Permette che più di un dubbio possa sorgere?

Mi è consentito ipotizzare che quella incredibile svista in realtà sia stata il cavallo di Troia per rivoluzionare l’assetto proprietario del Monte, di fatto immodificabile, e perché no, per creare fondi neri (è sempre un’ipotesi, sia chiaro), in esecuzione di un piano raffinatissimo e diabolico partorito da una cabina di regia composta da un formidabile rassemblement politico-affaristico, capace di piegare ai suoi voleri chiunque?

E’ una personale supposizione beninteso, che non vuole assurgere al rango di certezza, ma solo porre interrogativi e chiavi di lettura.

Quale sarebbe il gioco praticato è presto detto: come già avvenuto in altre occasioni nella nostra Italietta, si brigherebbe in modo da ridurre la preda sull’orlo del fallimento (grazie, che so, ad un esborso incredibilmente abnorme uscito dalle sue casse), così da aprire la strada ad un Buon Samaritano che, generosamente, la rilevi per un tozzo di pane. Magari gratis – diabolica perfidia – utilizzando, nel nostro caso, il surplus del valore di vendita di Antonveneta, sempre che l’ipotesi della presenza di tangenti venisse confermata.

Era forse Mussari il dominus del Monte? La Fondazione, socio di maggioranza, poteva non saperne niente, il Partito che da sempre è al vertice della piramide di controllo poteva essere all’oscuro di tutto, la Banca d’Italia che ha il compito di controllare che gli intermediari finanziari “siano gestiti in modo sano e prudente” e che ha concesso l’autorizzazione all’acquisto di Antonveneta, poteva non avere gli strumenti per venire a conoscenza degli intrallazzi, la Consob, che svolge la funzione istituzionale di tutela degli investitori, poteva non essersi accorta delle spericolatezze compiute dagli ex amministratori del Monte?

Mi fermo qui.

Ripeto, siamo nel campo delle mere supposizioni, ma di certo il quadro esposto potrebbe dare una risposta all’enorme punto oscuro che si cela dietro quella sciagurata transazione che ha causato la distruzione di patrimoni di miliardi di euro e di valori centenari, lo scadimento della reputazione e del valore del Monte e l’impoverimento della città di riferimento, nonché dei dipendenti, umiliati e demotivati.

Egregi Magistrati di Siena, ritenete che l’ipotesi esposta sia da scartare a priori?

Ma, alleluja, i guai sono finiti: ecco profilarsi all’orizzone la sagoma di un Mister X che grazie all’abolizione del tetto del 4% (a questo proposito sia rivolto un encomio solenne ai prodi Consiglieri Comunali PD di Siena per la riuscitissima farsa del 12 c.m.), con una cifra irrisoria acquisirà il controllo del terzo Gruppo Bancario italiano, che finalmente vedrà risplendere il sol dell’avvenire.

Sarà senz’altro Nuovo l’Ordine del Monte che sta sorgendo sulle macerie ancora fumanti della “Bad Bank”, ma novello non sembra essere l’Attore Protagonista, che al di là delle tinteggiature di stagione e in coerenza con la sua Etica da sepolcri imbiancati, calca impavido la scena: l’immarcescibile Partito purpureo di Siena e d’Italia, ab illo tempore dominus di Siena e del Monte, così come, ancora da ultimo, la maggioranza dei cittadini di Siena, non so se più immemore o masochista, ha decretato.

State pure tranquilli che il Nuovo Dominus che verrà in soccorso del Monte dovrà aver ottenuto il suo imprimatur; “sic est, sine fine dicentes… Amen”.

Posso sperare che a rispondere forse del più grande scandalo finanziario italiano (o forse della più ardimentosa Stangata di tutti i tempi) rimangano almeno i comprimari e qualche amministratore furbetto lesto di mano?

L’Azienda censura varie mie affermazioni, ma nella sua ansia inquisitoria si lascia sfuggire frasi che gettano una luce sinistra sul ruolo del Sindacato. Non ci credete?

Il Monte mi imputa che avrei “…aperto una casella postale…per invitare gli altri dipendenti a manifestare il proprio dissenso sia nei confronti della Banca, per le decisioni assunte in materia di gestione del personale, preannunciate con la presentazione del piano industriale, sia nei confronti del sindacato che sta attualmente gestendo la vertenzae censura la mia affermazione che “La Banca ha pensato bene di allestire un bel teatro, con il copione già scritto, che vede la partecipazione straordinaria del Sindacato nella parte del mitico servo Leporello.

Che ne dite? Ma dove s’è mai visto che una Banca si senta toccata sul vivo da accuse contro l’Organismo antagonista, tanto da spingerla a difenderlo nella sua immagine nel bel mezzo di un periodo di forte contrapposizione Azienda/Lavoratori?

I nostri Sindacati sono indipendenti dall’Azienda o rivestono la funzione di sua ruota di scorta?

Servono altre prove per certificare che il Sindacato ha fatto parte a pieno titolo del tragico “Sistema Monte”, condividendo in toto le politiche dei vertici e in particolare tutte le loro spregiudicate operazioni?

E i dipendenti? Abbandonati a se stessi e fottuti.

Mi sento in dovere di ringraziare il Presidente Profumo per aver fatto deliberare dall’Assemblea dei soci l’esercizio dell’azione di responsabilità nei confronti dell’ex Presidente e suo sodale Mussari e dell’ex Direttore Generale Vigni. Sono sicuro che gli saranno riconoscenti tutti i dipendenti che, preveggenti, approvarono il punto n. 1 del verbale dell’assemblea di Massa del 23 luglio 2012.

Chi ha danneggiato la reputazione del Monte lo dice una Relazione degli Amministratori per gli azionisti (la citazione è ripresa dal Sole 24 Ore del 2 aprile 2013):

«L’emersione del carattere illecito delle operazioni in esame (i derivati Alexandria e Santorini, n.d.r.) e delle loro conseguenze patrimoniali ha esposto la banca a un danno reputazionale che si è immediatamente tradotto in pregiudizi di ordine patrimoniale, tra cui in particolare il ritiro di depositi per alcuni miliardi, successivamente alla comunicazione al mercato e sulla stampa delle rivelazioni relative alle due operazioni con Nomura e Deutsche Bank.

Nel link citato all’inizio avevo promesso, nel caso fossi stato oggetto di un provvedimento disciplinare da parte dell’Azienda che:

1) Ne avrei parlato sul Cittadino online, uno dei pochissimi organi di informazione liberi (che ringrazio di cuore per l’opportunità offertami): Fatto!

2) Avrei fatto valere le mie ragioni in giudizio: mi sento qui di rassicurare chi di dovere che: “omnia tempus habent”!

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