Lettera aperta a un ex-presidente
SIENA. Egregio ex-presidente, questa lettera è esattamente ciò che appare. Una lettera, un messaggio e Le assicuro, non è un attacco o qualcosa di simile; la sto scrivendo fresca di lettura dei quotidiani di oggi, dove si fa la cronaca (o il report, come si usa dire in Italia) di una serie di fatti che possono essere definiti con una gamma di sostantivi che vanno da “leggerezze” a “reati”, e aggettivati a seconda dei sentimenti che uno prova leggendoli, ma anche secondo quanto chi legge è stato toccato (o colpito) dalle conseguenze dei medesimi.
Le conseguenze: appunto di queste vorrei accennarLe, in questa missiva. Perché mi domando se Lei ha un’idea di quanto e come – in giro per questa provincia (anche in tutto il resto del paese, beninteso, ma io per ora vivo qui) – le persone e le famiglie sono state colpite dalla crisi e di quanto e come, invece, questa provincia (ma anche il resto del paese, cioè quasi tutta l’Italia) avesse, avrebbe – anzi, ha – strumenti formidabili per affrontare quello che pare essere un fenomeno mondiale, ma che invece è eminentemente una tragedia europea (perché leggo sulla stampa internazionale che al di là dell’Europa, il mondo sta vivendo tutta un’altra storia). La tragedia di un continente in balia della finanza, cioè di quel modo di guadagnare soldi con i soldi – anziché con il lavoro – ; e come si fa? Speculando, ovviamente; un’attività che per farla bisognerebbe essere come il Cerutti Gino, quello della canzone, cioè un drago, il che vuol dire uno che non si fa far su dal primo che passa.
Mi verrebbero un bel po’ di battute in mente, ma purtroppo la situazione contingente non invoglia a fare battute; perché viviamo tutti un momento molto deprimente, quando non drammatico (lo leggiamo su tutti i quotidiani, tutti i giorni).
Mi verrebbero in mente anche un bel po’ di ‘cattiverie’ nei Suoi confronti – dopo aver letto di quello che è successo nella realtà da Lei presieduta – ma non ne ho voglia, né penso che servirebbero a qualcosa. E oltretutto, ora è il momento di pensare invece a cose concrete, perché troppa gente sta male, troppa gente ha l’impressione di vivere in un incubo, in cui è piombata repentinamente, senza avere la minima idea di cosa sia successo di sbagliato.
Le ‘cose’ sbagliate, anche quelle, le leggiamo sui quotidiani, anche se la stampa nazionale vela più che svelare; c’è il presidente della Repubblica da eleggere (e pare che non sarà a furor di popolo, perché del popolo ai politici non gliene importa alcunché), un governo da fare (giostrando ben bene poltrone e poltroncine così da accontentare tutti). Soprattutto, bisogna che la gente non capisca fino in fondo quanto male le è stato fatto – per egoismo?, per incapacità?, per avidità?, per arroganza infinita? – e quanto invece sarebbe potuto essere ‘bene’, se solo la metà di quelli che abitano le stanze del potere avessero applicato buonsenso e cura della cosa comune, nelle scelte e nelle decisioni da prendere.
Uno dei punti, che desidero sottolineare con questa lettera, è che ci sarebbero tante possibilità per farcela, per migliorare le cose; tra le altre, c’è – in giro per il mondo – una grande domanda di Italia, lo diceva anche Aldo Cazzullo stamattina alla radio, e avremmo tanto da offrire (sperando che l’Italia tutta capisca che bisogna offrire l’Italia autentica e non le squallide imitazioni o i surrogati, da cui talvolta ci si lascia tentare in questo benedetto paese). Per ripartire, contrariamente a ciò che pensano i politici menefreghisti e faciloni, non bisogna far ripartire la solita edilizia (che ci ha offerto troppo spesso il peggio di sé, anche da queste parti), ma bisogna riguardare il paese con occhi più attenti, affettuosi, e con animo sereno. Non credo di poterLe chiedere di avere l’animo sereno, ex-presidente, perché comunque io penso che Lei sia una persona intelligente, e se lo è davvero, penso che a quest’ora sarà preso da tutt’altri pensieri Ma tuttavia, Le vorrei chiedere di provare – se Le riesce – a pensare meno a quello che ci tocca leggere sui giornali e dedicarsi a riflettere su come rimediare. Rifletta seriamente, se è vero che Lei ha le responsabilità di cui ho letto oggi sui giornali, il minimo che può fare è, cercando di rimediare almeno un po’, mettersi di buzzo buono per trovare il modo di aiutare famiglie, lavoratori e investitori a venirne fuori.
Infine, c’è un’altra cosa che mi permetto di suggerire: non si accontenti più del Suo inglese: è una lingua che noi italiani, forti dell’idioma dantesco, abbiamo sempre sottovalutato, ma che invece – come si suole dire – ha un suo perché.
Silvana Biasutti