di Michele Pinassi*
“La scuola è il nostro passaporto per il futuro, poiché il domani
appartiene a coloro che oggi si preparano ad affrontarlo.”
(Malcom X)
SIENA. Stamani mio figlio, 4 anni, nella sua candida ingenuità mi ha chiesto: “babbo, è finita questa brutta malattia?” “No, amore, purtroppo no. Perché me lo chiedi?” “Voglio giocare con i miei amici“.
La scuola non riaprirà, ormai è (quasi) certo. Se ne riparla a settembre. Per il momento ci si accontenta della Dad -Didattica A Distanza- fatta davanti a un PC e una webcam grazie a Internet. Per chi se lo può permettere, ovviamente. I dati ci dicono che almeno il 20% dei ragazzi non ha avuto modo di seguire le lezioni da casa.
La scuola di mio figlio aveva scelto di usare Google Classroom. Poi, improvvisamente, la decisione di puntare su Microsoft Office 365. Pare che dagli uffici scolastici regionali abbiano fortemente suggerito questa soluzione. Le scuole si sono adeguate. Si parla di bambini di 4 anni, le cui competenze digitali sono pari a zero. Certo, magari hanno imparato a far scivolare il dito sullo schermo del tablet per scegliere il loro cartone preferito. Ma questo non credo possa sostituire forse la componente più importante del loro percorso: le relazioni tra pari, la socialità in classe e le attività in gruppo, i ritmi quotidiani.
L’istruzione è importante. È fondamentale per la nostra libertà. In questi giorni lo stiamo vedendo forse più che altre situazioni: saper distinguere una notizia vera da una falsa, saper interpretare le normative, essere in grado di comprendere l’importanza di un certo atteggiamento o pratica. È notizia di oggi che, dopo le ultime affermazioni di Trump, negli USA è segnalato un aumento delle persone intossicate dall’aver ingerito disinfettante. Ecco, credo che questo sia un esempio lapalissiano di quanto la scolarizzazione sia importante.
Non mi ripeterò sulle considerazioni già fatte qualche giorno fa, quindi andiamo al sodo: perché usare piattaforme commerciali messe a disposizione (spesso gratuitamente) da grandi multinazionali come Google o Microsoft? Davvero non c’erano alternative oppure è semplicemente l’ennesima soluzione più comoda che, alla fine, accontenta (quasi) tutti?
Abbiamo scelto di delegare la raccolta, protezione, gestione dei dati della didattica dei nostri figli a Google o Microsoft, avendo in cambio una piattaforma più o meno funzionale. Più o meno, perché certamente il prodotto offerto, per quanto completo, è “così com’è“. Se a un osservatore distratto questo potrà sembrare un vantaggio, in realtà ci sono diversi punti critici:
- come saranno usati questi dati? Per quanto tempo saranno conservati? Saranno utilizzati per fare analisi?
- se la piattaforma dovesse, per un qualche motivo, smettere di funzionare o avere problemi, quali livelli di servizio sono garantiti?
- se venisse effettuata una modifica unilaterale del contratto, magari chiedendo il pagamento di una fee, cosa accaderebbe alle decine di migliaia di studenti e docenti che le utilizzano?
Per non parlare di tutto l’ampio tema relativo alla necessità di garantire piena compatibilità con le svariate piattaforme esistenti, da Microsoft Windows a MacOS a GNU/Linux.
Capisco che probabilmente molte scuole non hanno personale e/o competenze adeguate a realizzare piattaforme di didattica a distanza in autonomia, usando software libero (come previsto dal CAD) come Moodle, Jitsi Meet etc etc etc… ma forse a livello regionale, predisponendo un percorso virtuoso di sovranità digitale sui propri dati e sistemi ICT in sinergia con gli altri attori istituzionali (penso alle Università), la costruzione di una infrastruttura autonoma di Dad sarebbe stata possibile (e forse esiste già).
Guardo ad esempio all’iniziativa spontanea iorestoacasa.work, alla quale hanno aderito molte realtà istituzionali come il GARR: una piattaforma gratuita e libera per realizzare videoconferenze, basata sulla piattaforma libera Jitsi Meet.
Insomma, mi chiedo se, anche per evitare di rafforzare l’oligopolio dei dati detenuto attualmente da queste grandi multinazionali, non sarebbe stato meglio adottare soluzioni diverse.
Sicuramente la pandemia CoVID19 ha indotto una improvvisa accelerata sui tempi, richiedendo di trovare velocemente soluzioni a una questione, la Didattica a Distanza, su cui l’Italia è da anni drammaticamente in ritardo. Il digital divide, l’età media piuttosto alta del corpo docente e gli scarsi investimenti nella scuola pubblica certamente non hanno aiutato.
Questa sera ho avuto la malaugurata idea di vedere la conferenza stampa del presidente Conte in merito alla tanto agognata “fase 2“. Più che fase 2, mi è sembrata una fase 1.1: nessuna grande novità, se non che ancora altre attività produttive saranno aperte. Sugli spostamenti cambia poco: la speranza di potersi spostare almeno dentro il territorio regionale è svanita velocemente. Neanche una parola sulla scuola, sui nostri figli, sulle loro necessità e il loro benessere psicofisico dopo oltre 50 giorni di quarantena. Forse riapriranno i parchi pubblici, ma decideranno i sindaci secondo le possibilità di regolamentarne gli accessi. Che futuro può avere un Paese che da più importanza alle esigenze della “Serie A” che a quelle dei suoi figli?
Di domenica anche gli eroi han fatto festa.
*www.zerozone.it