"Si è preferito il vecchio e usurato meccanismo della discontinuità e del nuovismo"
SIENA. In questi ultimi giorni assistiamo a un’accelerazione dell’agenda politica del Pd che, di fatto, sta portando all’apertura vera e propria della campagna elettorale, senza aver sufficientemente approfondito l’origine della crisi e il suo possibile superamento. Le vicende che hanno portato alla sospensione di sette amici e compagni dal Pd hanno scavato un solco indelebile nella politica senese e in particolare nel partito di maggioranza e di governo della città e della provincia.
I fatti che le hanno determinate, al di là della vulgata delle mancate nomine, dimostrano un’incapacità da parte del “gruppo dirigente del Pd” e dei suoi alleati di governo di gestire e ripensare i termini della crisi e dello sviluppo possibile; in una fase di crisi economica e di sistema di livello nazionale e mondiale e in una profonda difficoltà del “sistema Siena” che coinvolge il sistema economico e produttivo della Città e della provincia e alcune delle principali “istituzioni” economiche e culturali, la Banca e l’Università in primo luogo.
E’ una crisi che richiede modelli e ricette inesplorate e capacità di governo e di coesione superiori alle precedenti a causa della gravità della stessa, della frammentazione degli interessi, dell’incapacità dei partiti a governarla, della mancanza di fiducia di tante persone nella politica e della necessità di ricostruire le basi per una partecipazione democratica e consapevole dei cittadini.
Di fronte a un contesto di questa natura a Siena qualcuno ha pensato, dopo “Siena Meravigliosa 2.0”, di fare un tuffo nel “populismo” più facile, ricorrendo alle becere categorie dei ribelli e dei traditori e della discontinuità. Invece di un’approfondita analisi, di una discussione e confronto di merito, a partire per esempio dal bilancio del comune, allargandolo ai temi della Città e della provincia, si è preferito il vecchio e usurato meccanismo della discontinuità e del nuovismo, e della ricerca del “nemico” interno al partito e alla maggioranza, nemico intorno al quale sapientemente coagulare un consenso “contro”, facile scorciatoia che ci riporta con la mente a tristi vicende del passato.
Solo così si possono spiegare, da una parte le forzature per votare velocemente un bilancio comunale che presentava crepe evidenti, preferendo a un serio confronto interno la scorciatoia della ricerca di voti fuori della maggioranza, l’intimidazione dei perplessi e soprattutto il mettere tutti di fronte al “fatto compiuto”, le dimissioni. Le dimissioni del Sindaco, si possono leggere in questa chiave: provocare con una forzatura un sussulto in un partito e in una maggioranza che si sentono e si definiscono assediati. Quale miglior collante di quello di individuare le cause del dissenso nelle mancate nomine, lette come un colpo al potere di alcuni e nelle presunte trame ordite con l’opposizione, per poter issare la bandiera in alto sul pennone della discontinuità e del nuovismo, del merito e della competenza. Una miscela propagandistica affascinante, ma di breve respiro, se non si pensa ad analizzare le cause e si prende la scorciatoia di cancellare gli ultimi venticinque anni di storia e politica della Città e della provincia, cancellando gli ultimi sindaci e ricercando un improbabile ancoraggio in personalità (i due sindaci degli anni 70/80), che mai avevano avuto tanta popolarità nel nucleo che dirige il Pd locale.
Occorre comunque ripartire analizzando e proponendo ipotesi, proposte, strategie. Perché la Città è migliore della sua classe dirigente. Una classe dirigente che dovrebbe fare un passo indietro e aprire un percorso politico per ridisegnare davvero un progetto che a politiche e programmi condivisi leghi le donne e gli uomini migliori per avanzare una proposta alla Città e costruire le condizioni di un governo legittimato dalle nuove elezioni.
Quello che sta avvenendo non ci sembra andare in questa direzione. Se non ci sarà un sussulto d’intelligenza e di concretezza che consenta di anteporre gli interessi generali ai destini e alle vicende personali non crediamo possibile riprendere un cammino virtuoso. Se ciò non avverrà, non ci resterà che prenderne atto, pur restando convinti che non sarà con qualche inno alla Città “Viva la nostra Siena” che potrà essere riconfermato il ruolo di governo del centrosinistra, che si è sempre costruito e caratterizzato con un mix virtuoso tra persone, idee, programmi e consenso fra idee e posizioni diverse.
Daniela Bindi, Fabio Borghi, Pier Paolo Fiorenzani, Fabio Lapisti, Giancarlo Meacci, Fabio Minuti, Ernesto Regina, Patrizia Rubegni, Ivano Zeppi.