Il circolo Città Domani è in cerca di un'alternativa
SIENA. Tutti attendono in questi giorni gli effetti della scelta della Fondazione di scendere del 15% in banca MPS. Ma quale scelta! Non c’era più nessuna scelta: indebitata fino al collo la Fondazione non poteva fare altro. O vendeva, o le azioni in suo possesso sarebbero state escusse (fatte proprie dai creditori senza colpo ferire). E speriamo che sia finita qui, perchè c’è ancora una mezza miliardata di debiti da pagare. Se per caso il Monte sarà costretto a fare una nuova ricapitalizzazione, addio anche al 33,5% che oggi viene dato come quota che garantisce il controllo della Banca.
Queste sono le conseguenze della decisione di acquistare Antonveneta a prezzi e condizioni assurde e della decisione di partecipare all’aumento di capitale della Banca MPS perchè la politica (elezioni comunali vicine) voleva tranquillizzare la città dicendo che si rimaneva sopra il 50%.
La causa di questi disastri sta tutta nel sistema di potere cittadino. Ceccuzzi, che ha costruito la sua carriera contornandosi di signorsì ed allontanando da sé ogni persona che esprimesse una qualche capacità critica, oggi si trova a inghiottire i parecchi bocconi amari che lui stesso ha cucinato. Pensiamo il paradosso: qualche decennio di lavoro per giungere alla poltrona di Sindaco, ed ora dover amministrare un Comune pieno di debiti (tra i più indebitati d’Italia) senza poter più contare su una sola lira degli utili del Monte dei Paschi, che per molti anni la Fondazione aveva elargito alla città ed al suo territorio; e il sistema delle nomine al Monte dei Paschi e nelle sue partecipate, che garantiva clientele e consensi, oggi fortemente depotenziato in quanto il numero delle partecipate stesse alla fine della partita risulterà fortemente ridotto e occorrerà anche fare i conti con i soci minori della banca, che all’assemblea di aprile si presenteranno con molto maggiore potere ed assai più agguerriti.
Ceccuzzi, quando indicò Mussari per la presidenza della Fondazione e poi della banca, sapeva benissimo che la sua unica dote era un’oratoria piena di retorica e demagogia che poteva abbindolare qualche credulone ma non avrebbe surrogato l’assenza di una reale preparazione. Certo, a ciò si accompagnava una fortissima ambizione personale che mal si conciliava con l’esigenza di equilibrio che è richiesta dall’amministrare una Fondazione ed una Banca, ma che aveva il grande vantaggio di assicurare contro il pericolo di qualsiasi insubordinazione. A Ceccuzzi ha fatto gioco, per tenere assieme il sistema di potere, che per anni ci fossero utili da erogare, anche quando in realtà si erodeva il capitale della banca, e che ci fossero incarichi da ripartire per accontentare amici e clienti, compresa quell’opposizione che così non avrebbe creato problemi alle scadenze elettorali. Guarda caso, alle elezioni dello scorso giugno, niente primarie della coalizione e debolissimi avversari a capeggiare l’opposizione.
Ma il diavolo fa le pentole e non i coperchi. Quando ci fu da indebitare la Fondazione per aumentare più volte il capitale sociale della Banca, se a presiedere la Fondazione ci fosse stata una persona libera ed autonoma, questa avrebbe detto: attenti, che qui ci stiamo impiccando e sperperiamo il patrimonio della città. Ma come si fa a pretendere da uno che è messo lì per accontentare i desiderata del sistema che abbia la capacità di alzare la voce e dire di no? Così, per compiacere il Ceccuzzi, Mancini non venne sfiorato neppure dal dubbio che ci si poteva opporre ad indebitare fino al collo la fondazione e a bruciare il patrimonio secolare della città. Quindi, in mancanza di figure autonome e garanti dell’interesse generale, non c’è stato nessun paracadute che evitasse alla città di sfracellarsi, ed ora l’effetto di questi disastri pesa su tutta la comunità e, destino maligno, sul Sindaco in prima persona.
Se ancora ci fosse un sistema politico e dei partiti capaci di sviluppare un’analisi ed una riflessione critica da questi fatti bisognerebbe partire. Se non si valorizzerà l’autonomia di giudizio e l’indipendenza dei singoli, se non si avrà una politica che è a servizio del bene comune, se non si tornerà a valori come l’altruismo e il disinteresse personale, questa città è destinata a sprofondare in un grigio inverno brezneviano.
Con il nostro piccolo circolo “Città Domani” e la lista “Sinistra per Siena” noi stiamo cercando di mettere in moto un meccanismo di costruzione di un’alternativa. Coloro che pensano sia utile, ci possono dare una mano.
Alessandro Vigni – Sinistra per Siena – Circolo Città Domani