Preoccupazione sia per i nidi pubblici che per quelli privati accreditati
SIENA. La CGIL ritiene da sempre che i servizi all’infanzia debbano avere un carattere pubblico ed universale in virtù della grande funzione che svolgono nel percorso di crescita e formazione di ciascun bambino, oltre ad essere il primario strumento di conciliazione dei tempi di lavoro con il carico familiare. E’ quindi per questo valore sociale che il pubblico dovrebbe avere la capacità di evadere l’intera domanda di posti, invece la gran parte è coperta dalle strutture private accreditate.
Con la recente Delibera della Giunta Regionale 429/2020 sul sistema educativo zero-sei vengono implementati i criteri per l’utilizzo, da parte dei Comuni, di alcuni fondi stanziati dal Ministero dell’Istruzione. Per la nostra provincia si tratta di circa un milione di euro. Sarà quindi possibile destinare queste risorse non solo per l’abbattimento delle rette e l’ampliamento dell’offerta, scelte che comunque restano prioritarie in direzione di una maggiore accessibilità ai servizi, ma, vista l’attuale inattività a causa dell’emergenza Covid-19, anche per il sostentamento delle spese di gestione, sia dei nidi pubblici a gestione diretta sia dei nidi privati accreditati, che lavorino in appalto o meno. Soprattutto su quest’ultimi c’è una particolare preoccupazione.
Auspichiamo che le Amministrazioni comunali valutino attentamente l’opportunità data dalla Regione Toscana. Sarebbe importante trovare un equilibrio tra le esigenze della cittadinanza in ordine sia alla riduzione delle rette, che al momento sono annullate per la chiusura dei servizi, sia alla necessità di ampliamento dell’offerta, ma anche al contributo al sostentamento delle strutture. Le spese di gestione (gli affitti per esempio), infatti, restano anche in assenza di risorse in entrata e, senza un supporto, i nidi privati accreditati rischierebbero di trovarsi in enorme difficoltà con irreparabili conseguenze sia per le lavoratrici e i lavoratori che vi operano, che per le tante famiglie che oggi fruiscono di quei servizi perché la capacità pubblica non è riuscita a soddisfare la loro domanda.