Mario Ascheri si chiede anche cosa si possa proporre
di Mario Ascheri
SIENA. L’emergenza epidemica deve incoraggiare anziché ostacolare una riflessione sulla importante ricorrenza, che è soltanto cominciata. Il Comitato scientifico ristretto nominato dal Comune è buona cosa, ma i suoi lavori saranno facilitati quanto più ci sarà discussione sulla questione, non così nota come si può pensare.
Partirei da un dato: tutti sanno che cosa è un sito Unesco, prestigioso, da subito ricoperto di affidabilità internazionale e quindi di appetibilità per operatori di formazione molto diversa: da quelli culturali a quelli economici. Certo gli amministratori non possono ignorarlo, e Siena non l’ha ignorato, appunto, e giustamente. Ma dobbiamo affrontare la ricorrenza in modo consapevole e farne emergere anche le criticità, sia per l’Unesco che per il sito, a lungo trascurato.
Nessuno ignora (forse) che l’Unesco abbia oggi problemi – non meno di altre organizzazioni internazionali – ben evidenziati ad esempio dall’assenza sopravvenuta da qualche anno degli Stati Uniti e di Israele per voti assembleari a favore della Palestina.
Che è successo? Che, fondato nel 1945 per favorire i processi di pace tramite la cultura, gli Stati membri ora ammessi sono addirittura più numerosi di quelli rappresentati all’ONU e le maggioranze sono formate da voti in cui il singolo Stato, anche minuscolo (o solo in apparenza Stato sovrano) equivale a quello di Stati Uniti, Cina, Russia…
Anni fa, in cui tutto andava meglio anche per l‘Unesco, i “siti” trovarono il loro fondamento nella convenzione di Parigi del 1972, operativa tre anni dopo. Sono così nati i siti oggi divenuti 1725: World Heritage Sites, tecnicamente, in cui il nostro Paese ovviamente eccelle, un po’ per motivi oggettivi, un po’ per aver intensamente partecipato per anni ai lavori di Parigi con presidenti molto attivi.
I siti sono stati una geniale invenzione, anche se hanno oscurato le altre attività Unesco, non poche a voler verificare dal sito on line, ove si troverà anche materiale prezioso raccolto negli anni.
Ma non mancano le difficoltà, sotto la lucente crosta della Bellezza internazionale. L‘organizzazione del tutto è tutt’altro che semplice. A Parigi va il rappresentante del governo italiano che regge la Commissione Italiana per l’Unesco ora a palazzo Altemps, retta da un D.M. del 2007 che la pone al centro della gestione di un fondo a bilancio dello Stato assegnato in base a piani triennali presentati dai siti. Proposte migliori portano a un riparto favorevole: l’ultimo piano senese prevedeva addirittura, pour épater les bourgeois, una ciclostazione da 2 milioni di euro che l’allora amministrazione (Valentini) garantiva essere già finanziata nel piano dei lavori pubblici.
No comment, e del resto qualche altra sorpresa quell’amministrazione ce la riservò. Senonché a protesta del Club per l‘Unesco di Siena, che allora ancora presiedevo (fine 2018, direi: c’è articolo in questo giornale) dall’ufficio del Ministero competente (Esteri) non pervenne neppure un riscontro. Qui bisogna sapere che i ministeriali sono giustamente invitati al Palio (che io sappia è stata prassi costante) e che quindi hanno verificato il sito in momenti non propriamente normali, diciamo così. Non risulta comunque che, come accaduto per l’eccesso invasivo di turismo di massa per Venezia e San Gimignano, l’Unesco italiano abbia mai mandato “avvisi” ufficiali per una migliore condotta.
E non è tutto qui. L’universo Unesco è popolato proprio perché porta risorse: qualcuno ricorderà l’esposizione di siti al SMS fatto per due anni: era organizzato da una società privata intraprendente operante con grandi clamori: ma come potevano i siti di Regioni che potevano investire in turismo dire di no? Epperò sono eventi che hanno fatto conoscere meglio certe realtà importanti, ma al tempo stesso hanno rafforzato l’opinione corrente che il sito sia un fatto eminentemente turistico, una medaglietta, sempre utilmente sfruttabile.
E infatti c’è anche un’associazione dei Comuni che ospitano i siti e della quale è stata fino alla scadenza del mandato presidente il sindaco di San Gimignano, che è ora nel Consiglio (presidente è il sindaco di Cerveteri). L’associazione ha fatto varie cosette anche costose in anni recenti, che sono sicuro nessuno dei miei attenti lettori ricorderà. A latere per qualche anno ha prosperato una bella rivista patinata, “Siti”, che da qualche anno però tace – non restituendo neppure l’abbonamento versato invano – con la crisi dei periodici illustrati.
Ma torniamo all’associazione dei Comuni. Si può ben dire che essa ha operato senza alcun raccordo con l’unica associazione del settore in provincia, ossia il Club Unesco per Siena, fondato da Giovanna Muschietti, con un’operosità decisiva sia per il riconoscimento come sito di Siena Novanta che per quello della val d’Orcia. La Muschietti si occupò anche del totem con i versi per la Pace di Roberto Gagliardi, ma soprattutto si occupava della festa degli alberi con il Comune e le scuole. Credo fino al 2011 quando per età e salute non si occupò più del Club e segnalò a Firenze (sede della presidenza Ficlu allora, ma ci torniamo), che il sottoscritto doveva essere la persona giusta per far ripartire il club a Siena. Tentativi disperati, anche perché non ebbi alcun nome di iscritti. Partii da zero e qualcosa si riuscì a fare: ad esempio per Petriolo grazie anche alla collaboraizone del prefetto Saccone. Il seguito è stato scritto da Odile Bonnefoi e ora, dal 2019, da Anna Maria Guiducci che dovrebbe far ripartire il club.
Le difficoltà però non sono diminuite, forse anche per la vivacità associativa che a Siena è molto ricca, ma una forte proposta dovrebbe trovare un’amministrazione comunale sensibile.
Il problema ulteriore, però, è che i Club locali sono federati dalla Federazione (Ficlu) nazionale, che è sotto tutela della Commissione e dei ministeriali, per cui i club dove operano lavorano essenzialmente come club di servizio tipo Lions o Rotary, ma forse senza la loro libertà di movimento. Avete mai sentito di club che facciano battaglie paesaggistiche o urbanistiche come faceva Italia Nostra? Avete mai visto interventi in occasione di revisione dei piani regolatori o come altro si chiamano oggi?
Questa lunga premessa per dire che c’è da scegliere, prima di questa o quella iniziativa, la linea politico-culturale complessiva degli eventi per i 25 anni – a parte quelli scontati e “innocui” come visite a bottini, giri per la città eccetera – come per gli anni che verranno e il piano di gestione in particolare (che può portare soldi da Roma sulla legge speciale per i siti).
Tra i vari motivi che autorizzano i riconoscimenti, quello di Siena (centro storico) l’ebbe per rappresentare un capolavoro del genio creativo umano, che mostra un importante interscambio di valori umani in un lasso di tempo o in un’area culturale del mondo, riguardo agli sviluppi dell’architettura o della tecnologia, delle arti monumentali, dell’urbanistica o della progettazione del paesaggio. In più per essere Siena un eccezionale esempio di (edificio o) complesso architettonico o tecnologico o paesaggistico che illustri uno o più stadi significativi della storia umana.
Ambiente-valori umani-complesso architettonico sono la triade da tener presente, quindi.
E allora si deve vedere se Siena deve fare cose rituali, le più facili (bei discorsi nella Sala del Mappamondo?), oppure se l’evento deve costringere a un approfondimento. Che cosa in questi 25 anni ha migliorato la triade di cui si parlava? Ho già avuto occasione di lamentare ad esempio la mancanza di una cattedra Unesco (per il restauro?) presso una delle nostre università, oppure la mancanza di un museo/centro che dir si voglia della città (quello bello al SMS è però un profilo specifico di storia cittadina), mentre si è parlato assai di più di un centro per il Palio (che io vedo invece come parte del museo più generale).
Fino a che punto, poi, il piano triennale vorrà qualificarsi con una certa discontinuità rispetto al precedente? Come si può fare oggi un serio e innovativo convegno urbanistico a Siena, visto che se c’è una cosa che non è mai mancata a Siena è la riflessione su questo punto, almeno ufficialmente.
Terzo ed ultimo: la triade è divenuta significativa perché Siena è stata una capitale. Ma allora bisognerà spiegare in che senso, quali i suoi caratteri originari ecc. Non è stata tutto Monte…
Insomma: il 25esimo è una ricorrenza culturale importante, non solo turistico-enologica-spettacolare, ed è molto impegnativa e i tempi sono stretti anche se ovviamente spostati: bisogna distinguere quel che si può fare epidemia perdurante (quanti mesi?) e dopo, quel che richiede più preparazione per i programmatori e i relatori, che non possono essere invitati a una presenza puramente istituzionale – per i ministeriali sarebbe una passeggiata, se non vengono a verificare una Siena diversa dal passato recente…
C’è da riflettere e bisogna aiutare l’amministrazione e il comitato scientifico a farlo. I tempi non sono i migliori anche dal punto di vista finanziario. Per cui è necessario un ulteriore colpo di coda…