"Il post emergenza, quando ne usciremo, non sarà privo di problematiche"
SIENA. Vorremmo lanciare una riflessione per una società più equa e solidale. No, non è il solito invito generico buonista, ma la conclusione di un’analisi che ci è stata in qualche maniera “imposta” dall’emergenza ed uscita da confronti con alcuni amici.
Il Coronavirus lascerà segni nella nostra coscienza e ci appare impellente e necessario guardare al futuro con nuova consapevolezza.
Il post emergenza, quando ne usciremo, non sarà privo di problematiche. Bisogna pensare che tutti saremo in qualche modo toccati nel personale a livello economico, e gli aiuti dello Stato verosimilmente non saranno sufficienti a coprire tutte le perdite. Se poi non sarà così, meglio. Un’economia probabilmente in recessione e molte attività con mancati flussi di cassa senza i quali sarà difficile far fronte alle spese fisse di gestione. Molti settori, come per esempio il turismo, irrimediabilmente danneggiati, visto il loro carattere stagionale, che subiranno contraccolpi anche sul medio periodo prima di tornare pienamente a regime. Molte famiglie vittime di preoccupazioni e difficoltà.
E’ davvero il momento che la società faccia la sua parte, facendo quadrato tra tutte le sue componenti: politica, Istituzioni, parti sociali, associazioni di categoria, mondo economico (istituti di credito, imprese…) e cittadini tutti.
Se l’economia riparte presto e nel migliore dei modi è interesse di tutti, anche di quelli più agiati che in questo momento non stanno affrontando particolari difficoltà.
Chi può, per quanto può, è chiamato a dare una mano, a sforzarsi a guardare al suo vicino per tendergli un aiuto, una possibilità di rialzarsi.
I parlamentari non potrebbero lanciare un appello in tal senso e dare per primi l’esempio, donando, con modalità certificate e ben rendicontate, una parte dei loro emolumenti per iniziative di sostegno alle attività economiche in difficoltà?
O ancora, per esempio: i proprietari di fondi commerciali, nel caso le cui rendite non siano fondamentali per la loro sussistenza, ma rappresentino un surplus, potrebbero cancellare una o più mensilità ai propri affittuari, in gran parte datori di lavoro di molti dipendenti, come atto di solidarietà per chi può trovarsi in difficoltà, perché si è visto contrarre in questa emergenza reddito e flussi di cassa?
Oltretutto, in tanti casi, affitti già sproporzionati e drogati da un mercato carico di franchising e aziende straniere che hanno già espulso tanti piccoli imprenditori, anche storici, dai centri storici. Anche i proprietari di case dovrebbero avere stessa sensibilità per affittuari ora senza reddito.
Ognuno, per quanto gli è possibile, potrebbe rinunciare ad una piccola parte del suo per donarlo, o anticiparlo, in qualsiasi forma preferisca, a chi ne ha più bisogno per una diffusa “operazione di solidarietà di sistema”, che sappia far fronte alla crisi provando a non lasciare indietro nessuno?
I ripetuti richiami di questi giorni all’unità, al patriottismo e all’orgoglio italiano, dovrebbero far scaturire azioni concrete di solidarietà e non solo, seppur lodevoli, iniziative mediatiche.
Proviamo, partendo da questa brutta esperienza, a ribaltare il paradigma. Proviamo a cogliere l’occasione per raddrizzare le tante storture. Proviamo a ragionare come un popolo consapevole e democraticamente maturo, lasciando da una parte individualismi e furbizie, che minano irrimediabilmente coesione sociale e futuro comune, e cerchiamo di costruire, con uno sforzo corale, una società più equa e solidale.
Noi lo faremo.
Associazione Culturale “Pietraserena”