
"Carissimi,
e' molto difficile scrivere questa lettera, che ho in testa da giorni ma non mi riesce di completare e riportare sul foglio. Tuttavia, ci devo riuscire!
Perciò ci provo! Perché, se è vero che "il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce", sono proprio le sollecitazioni della razionalità (riflessione, ragionevolezza, ponderazione e così via … raziocinando) che mi fanno "rompere gl'indugi" e comunicare, con grande rispetto per i destinatari, miei abituali interlocutori, la mia decisione definitiva di lasciare ogni incarico di partito.
Come ho preannunciato ad Elisa, qualche giorno fa, non intendo dimettermi dal partito.
O meglio: ormai, il partito democratico si va concretizzando come forza politica di riferimento per la difesa e il consolidamento della democrazia (politica, economica, culturale e così via) nel suo significato più pregnante, soprattutto in un momento in cui i valori che la caratterizzano sono messi giornalmente in pericolo. Questa caratterizzazione (che considero "in divenire", come ricerca di una identità ancora non precisata) è sicuramente relativa al contesto storico e politico-culturale (ed è giusto che sia così, in una visione pragmatica, e non ideologica), ma ha anche ben definite radici genetiche (una sorta di DNA) che sono parte di me, almeno per quanto mi riguarda, ma spero anche oggettivamente e in una dimensione abbastanza generalizzata.
Pertanto, proprio in ragione di queste ultime valutazioni, mentre ribadisco che desidero lasciare ogni incarico, confermo la mia volontà di rimanere nel partito, con gli obblighi e i doveri di un semplice iscritto. Me lo suggerisce (o me lo impone) l'ottimistica prospettiva che le normali vicende in atto, pur legate all'opportunità e alla concretezza, come indotte dal realismo politico, non finiscano con l'implicare mutazioni, irreversibili o stravolgenti, per me comunque inaccettabili, perché assolutamente estranee a quelle "radici genetiche": per esempio, se il valore in positivo dell'opportunità (politica, cioè nel senso storico-etimologico di attinenza alla polis) andasse disperso, consolidandosi invece come vero e proprio opportunismo particolaristico, cosa di cui sinceramente avverto, con grande sconcerto, già qualche "segnale".
E' solo un esempio (come ho detto), ma il quadro generale, in cui ritengo di poterlo collocare, fa nascere il timore che possa essere compromessa, o addirittura annientata, l'idea stessa di partito come strumento di elaborazione e di pratica politica, quale quello ipotizzato in Costituzione e che, pur con tutte le problematiche che hanno punteggiato la nostra democrazia dal 1946 del secolo scorso, e al di là delle scemenze, medianiche e non, sulla "partitocrazia" (e di altre scemenze molto attuali, come la prospettiva di una legislazione sui partiti), hanno segnato il (pur contraddittorio e faticoso) progresso della nostra società civile e politica.
Per chiarezza: non ho né rimpianti né nostalgie, consapevole come sono che le questioni sono altre, e attengono principalmente al fatto che si sono persi "per strada" i caratteri propri della democrazia politica, sul cui significato non c'è da dire nulla che non sia stato detto, soprattutto perché parlo a persone perfettamente consapevoli.
Perciò, mi fermo qui e comunico formalmente le mie dimissioni da membro (e Presidente) della Commissione provinciale di Garanzia e da ogni altro incarico, cui sono stato a suo tempo eletto, ringraziando per la collaborazione e il sostegno ricevuti.
Un ringraziamento altrettanto sentito va alle persone dell'apparato il cui apporto, soprattutto in particolari momenti, è stato veramente indispensabile e prezioso.
Desidero precisare che sono pienamente disponibile ad ogni ulteriore chiarimento, in qualunque sede di partito, all'insegna della collaborazione e della trasparenza, secondo criteri di vita democratica, interna e non, quali quelli che debbono caratterizzare i partiti politici come strumenti di partecipazione, di dialogo e di confronto nell'interesse generale.
Con viva e fraterna cordialità,
Giovanni Sapia