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SIENA. La nostra cultura classica, antropocentrica, ha sempre visto collocare l’uomo al centro del mondo e gli animali in posizione inferiore. Per l’uomo biblico invece – e di conseguenza per il cristiano – uomini e animali sono creati da Dio, partecipi alla stessa convivenza, destinati a vivere insieme (condividendo lo stesso spazio terrestre) e insieme a morire dopo una vita di relazioni. Più chiaramente, uomo e animali non nascono per caso ma la Parola di Dio diventa evento, genera la vita ad ogni essere e all’uomo e agli animali Dio da la benedizione e lo stesso comando: “Siate fecondi, riempite la terra”. Per questo l’uomo gli apprezza, entra in relazione con loro, li distingue (chiamandoli ciascuno con il proprio nome), li ritiene amati da Dio “che provvede loro il cibo” (salmo).
L’uomo dunque deve riconoscere negli animali i “compagni di viaggio”, un “aiuto” specie per i poveri e indifesi, dei collaboratori nel lavoro e nelle difficoltà: si pensi ai buoi che un tempo aravano la terra, ai cani guida per i ciechi, al loro olfatto prezioso in occasione di valanghe o terremoti.
E’ vero non parlano come noi, non esprimono il pensiero, il loro corpo è una macchina perfetta come il nostro ma sono privi di razionalità, non potranno mai progredire, oltrepassare i loro istinti ne esprimere atti di volontà. Si dubita che possiedano una “loro” anima quanto è incerto che il percorso che porta all‘”uomo sapiens” passi attraverso gli ominidi.
Nelle favole abbiamo fatto parlare gli animali con la nostra voce e i nostri dialetti e li abbiamo associati ai nostri vizi e alle nostre logiche con il tentativo di renderli più vicini. Addirittura la Bibbia raffigura Dio al mitico ed enorme Leviatano, quando nel libro di Giobbe (41, 3-26) si esprime così : nessuno sulla terra è pari a Lui …. Egli è il più superbo di tutte le fiere. Per queste ed altre considerazioni, la Chiesa Cattolica da antica consuetudine ha sempre benedetto gli animali e i loro elementi come facciamo del resto ogni anno nella festa di Sant’Antonio Abate. Ma i cavalli del Palio oltre che rivestire la dignità degli animali sopra descritta rappresentano ciascuno un popolo di contrada, ( del resto vincono anche senza fantino, da scossi): che si riconosce in essi travasando nel proprio cavallo le passioni, le speranze e l’euforia della Festa.
In onore di Maria Madre di Dio prendono il via le celebrazioni liturgiche in Provenzano (Luglio) e al Duomo (Agosto), che in realtà non si concludono, ma nel Palio proseguono come unica Festa di Chiesa e di popolo, che dall’altare inizia e all’altare termina con il canto di ringraziamento ( Te Deum) .
Quest’anno nella mia contrada nel giorno di Sant’Antonio abbiamo benedetto anche la “Stalla”, servendosi del nuovo Benedizionale della Chiesa: (raccolta ufficiale di formulari e di espressioni che riguardano tutti gli aspetti della vita dell’uomo, specie il rapporto globale uomo-creazione) intendendo benedire tutti i cavalli che ci saranno consegnati in sorte.
Concludendo, la benedizione del cavallo e del fantino nell’Oratorio di ciascuna contrada diviene un comando augurale (eulogico) “ Vai e torna vincitore”, e una richiesta di aiuto a Dio per l’incolumità del fantino e del cavallo.
Terminata la benedizione, nella Chiesa esplode un forte grido di incitazione al nome della contrada e anche noi usciamo benedetti per affrontare momenti di trepidazione, di lacrime, di gioia o di pianto.
Don Tito Rovai
(foto archivio Augusto Mattioli)
L’uomo dunque deve riconoscere negli animali i “compagni di viaggio”, un “aiuto” specie per i poveri e indifesi, dei collaboratori nel lavoro e nelle difficoltà: si pensi ai buoi che un tempo aravano la terra, ai cani guida per i ciechi, al loro olfatto prezioso in occasione di valanghe o terremoti.
E’ vero non parlano come noi, non esprimono il pensiero, il loro corpo è una macchina perfetta come il nostro ma sono privi di razionalità, non potranno mai progredire, oltrepassare i loro istinti ne esprimere atti di volontà. Si dubita che possiedano una “loro” anima quanto è incerto che il percorso che porta all‘”uomo sapiens” passi attraverso gli ominidi.
Nelle favole abbiamo fatto parlare gli animali con la nostra voce e i nostri dialetti e li abbiamo associati ai nostri vizi e alle nostre logiche con il tentativo di renderli più vicini. Addirittura la Bibbia raffigura Dio al mitico ed enorme Leviatano, quando nel libro di Giobbe (41, 3-26) si esprime così : nessuno sulla terra è pari a Lui …. Egli è il più superbo di tutte le fiere. Per queste ed altre considerazioni, la Chiesa Cattolica da antica consuetudine ha sempre benedetto gli animali e i loro elementi come facciamo del resto ogni anno nella festa di Sant’Antonio Abate. Ma i cavalli del Palio oltre che rivestire la dignità degli animali sopra descritta rappresentano ciascuno un popolo di contrada, ( del resto vincono anche senza fantino, da scossi): che si riconosce in essi travasando nel proprio cavallo le passioni, le speranze e l’euforia della Festa.
In onore di Maria Madre di Dio prendono il via le celebrazioni liturgiche in Provenzano (Luglio) e al Duomo (Agosto), che in realtà non si concludono, ma nel Palio proseguono come unica Festa di Chiesa e di popolo, che dall’altare inizia e all’altare termina con il canto di ringraziamento ( Te Deum) .
Quest’anno nella mia contrada nel giorno di Sant’Antonio abbiamo benedetto anche la “Stalla”, servendosi del nuovo Benedizionale della Chiesa: (raccolta ufficiale di formulari e di espressioni che riguardano tutti gli aspetti della vita dell’uomo, specie il rapporto globale uomo-creazione) intendendo benedire tutti i cavalli che ci saranno consegnati in sorte.
Concludendo, la benedizione del cavallo e del fantino nell’Oratorio di ciascuna contrada diviene un comando augurale (eulogico) “ Vai e torna vincitore”, e una richiesta di aiuto a Dio per l’incolumità del fantino e del cavallo.
Terminata la benedizione, nella Chiesa esplode un forte grido di incitazione al nome della contrada e anche noi usciamo benedetti per affrontare momenti di trepidazione, di lacrime, di gioia o di pianto.
Don Tito Rovai
(foto archivio Augusto Mattioli)