SIENA. Tanto è stato scritto in merito al drappellone del 2 luglio scorso, ma nel dibattito temo che si stia guardando più al dito che alla luna e non si vuole vedere il problema di aver contaminato la tradizione senese con ambiti islamici, profanandola nel suo spirito più Sublime.Oramai è chiaro a tutti che l’ Amministrazione comunale ha commesso un ingenuo errore, perché mi auguro che di questo si tratti e non di una chiara volontà politica legata a strani metamessaggi culturali: aver commissionato il “cencio” a un artista con istanze religiose molto lontane da quelle paliesche e non aver verificato criticamente e con consapevolezza culturale quello che l'opera d'arte poteva suscitare nell’opinione pubblica senese.
Il Palio musulmano, è stato appellato tante volte della pace e del dialogo, senza mai soffermarsi su cosa possa esserci dietro la parola “dialogo” e senza neppure immaginare le incertezze del Concilio Vaticano II -chiamato in causa dall'Assessore alla cultura- e certa arrendevolezza del dibattito sul dialogo interreligioso che è fonte di discussioni, precisazioni, correzioni e approfondimenti, augurabili ma non certo risolvibili con il nostro “cencio”.
Ma, accettando la volontà del dialogo, sarebbe giusto interrogarsi su cosa dialogare -tralasciando i dogmi e la trascendenza cristiana- avvicinandosi allora al dialogo tra noi e l'Islam sui valori secolarizzati quali la comunità, la fratellanza, la tolleranza, la pace, la dignità della persona, l'emancipazione, la giustizia, lo stato e la religiose. Ma mentre i musulmani di questi non ne consentono la reciprocità, noi concediamo ciò che Marcello Pera chiama la “decostruzione relativista” di questi valori e teorizziamo il “dialogo” anche quando “occorre riconoscere che il dialogo come lo concepivano i padri del Concilio ha portato scarsi frutti” (p. Gheddo).
Nella nostra società viene “multato” chi disonora la fede d'Israele, chi vilipendia il Corano e le convinzioni dell'Islam, ma se si tratta di Cristo e ciò che è sacro ai cristiani, ecco che si invoca la libertà di opinione, bene supremo, limitare il quale è minacciare o addirittura abolire la tolleranza, la libertà generale o si invoca il fondamentalismo cristiano. Il relativismo velato dell'Amministrazione comunale senese porta al political correctnes dove esiste solo un modo di pensare e di parlare, ma questo non è accettabile.
Difficile abdicare alla nostra senesità e alla nostra religione e non vogliamo neppure veder scippata la nostra tradizione.Come ha anche riconosciuto il Sindaco, il Palio è legato alla religiosità cristiana, ma non solo con la messa del fantino, con la benedizione del cavallo o con il Te Deum ma anche con la venerazione della Madonna come madre di Gesù e quindi di Dio e non come la madre del profeta.
Vero è che i simboli augurali di un “cencio” sono “lasciati alle libere interpretazioni dei contradaioli” ma è difficile vederli nei 3 segni delle religioni del Libro, in una kefiah o in un indecifrabile scritta araba; sono aspetti fuorvianti dal tema paliesco e lasciano altre interpretazioni e indicano altri concetti che al mondo d'oggi, a quello occidentale e senese fanno male.Anche il “demone” trafitto da quel San Giorgio di arafatiana memoria che tanto ha fatto trasalire i contradaioli del Drago, spiegato come la sconfitta del “maligno”, si pone male se è vero che il “maligno” per il mondo islamico è l'occidente infedele.
Se il Palio deve stare nella contemporaneità dobbiamo essere fortemente consapevoli del nostro passato secolare di tradizioni quale ha Siena, che si inserisce in un paese l'Italia, che appartiene all'Europa, posta da sempre nella sfera occidentale del mondo.E a noi piace avere una visione occidentale di vedere la cose, il nostro mondo ha sempre prodotto civiltà e manifestazioni di significato universale, non vogliamo imposizioni di una linea culturale improvvisata come è stata quella della committenza del Palio di luglio 2010
Il Palio musulmano, è stato appellato tante volte della pace e del dialogo, senza mai soffermarsi su cosa possa esserci dietro la parola “dialogo” e senza neppure immaginare le incertezze del Concilio Vaticano II -chiamato in causa dall'Assessore alla cultura- e certa arrendevolezza del dibattito sul dialogo interreligioso che è fonte di discussioni, precisazioni, correzioni e approfondimenti, augurabili ma non certo risolvibili con il nostro “cencio”.
Ma, accettando la volontà del dialogo, sarebbe giusto interrogarsi su cosa dialogare -tralasciando i dogmi e la trascendenza cristiana- avvicinandosi allora al dialogo tra noi e l'Islam sui valori secolarizzati quali la comunità, la fratellanza, la tolleranza, la pace, la dignità della persona, l'emancipazione, la giustizia, lo stato e la religiose. Ma mentre i musulmani di questi non ne consentono la reciprocità, noi concediamo ciò che Marcello Pera chiama la “decostruzione relativista” di questi valori e teorizziamo il “dialogo” anche quando “occorre riconoscere che il dialogo come lo concepivano i padri del Concilio ha portato scarsi frutti” (p. Gheddo).
Nella nostra società viene “multato” chi disonora la fede d'Israele, chi vilipendia il Corano e le convinzioni dell'Islam, ma se si tratta di Cristo e ciò che è sacro ai cristiani, ecco che si invoca la libertà di opinione, bene supremo, limitare il quale è minacciare o addirittura abolire la tolleranza, la libertà generale o si invoca il fondamentalismo cristiano. Il relativismo velato dell'Amministrazione comunale senese porta al political correctnes dove esiste solo un modo di pensare e di parlare, ma questo non è accettabile.
Difficile abdicare alla nostra senesità e alla nostra religione e non vogliamo neppure veder scippata la nostra tradizione.Come ha anche riconosciuto il Sindaco, il Palio è legato alla religiosità cristiana, ma non solo con la messa del fantino, con la benedizione del cavallo o con il Te Deum ma anche con la venerazione della Madonna come madre di Gesù e quindi di Dio e non come la madre del profeta.
Vero è che i simboli augurali di un “cencio” sono “lasciati alle libere interpretazioni dei contradaioli” ma è difficile vederli nei 3 segni delle religioni del Libro, in una kefiah o in un indecifrabile scritta araba; sono aspetti fuorvianti dal tema paliesco e lasciano altre interpretazioni e indicano altri concetti che al mondo d'oggi, a quello occidentale e senese fanno male.Anche il “demone” trafitto da quel San Giorgio di arafatiana memoria che tanto ha fatto trasalire i contradaioli del Drago, spiegato come la sconfitta del “maligno”, si pone male se è vero che il “maligno” per il mondo islamico è l'occidente infedele.
Se il Palio deve stare nella contemporaneità dobbiamo essere fortemente consapevoli del nostro passato secolare di tradizioni quale ha Siena, che si inserisce in un paese l'Italia, che appartiene all'Europa, posta da sempre nella sfera occidentale del mondo.E a noi piace avere una visione occidentale di vedere la cose, il nostro mondo ha sempre prodotto civiltà e manifestazioni di significato universale, non vogliamo imposizioni di una linea culturale improvvisata come è stata quella della committenza del Palio di luglio 2010
Pietro Staderini
Coordinatore comunale
Popolo della Libertà Siena