Il Fondo Ambientale Italiano auspica una pianificazione territoriale coordinata tra Stato, Regioni e Comuni con la programmazione di impianti nel quadro di una rigorosa tutela paesaggistica
SIENA. Si discute in questi giorni della costruzione di una centrale geotermica ad Abbadia San Salvatore (SI) in Val di Paglia, ai confini con la Val d’Orcia. Il progetto è in corso di valutazione da parte degli organi competenti che raccoglieranno fino al 12 gennaio le osservazioni di istituzioni e cittadini, tra cui il FAI – Fondo Ambiente Italiano, chiamato ad esprimersi dai suoi volontari locali.
La centrale prevista è un impianto sperimentale di nuova generazione che sfrutterà la risorsa geotermica – fonte di energia pulita, assimilabile alle rinnovabili – senza produrre emissioni di processo (ovvero reiniettando tutti i fluidi e i gas estratti) e senza consumare acqua per il raffreddamento; il progetto prevede alcuni interventi di mitigazione paesaggistica, che tuttavia non potranno nascondere le 40 torri di raffreddamento alte 14 metri e l’elettrodotto di 78 piloni lungo 6,5 km. Pur virtuosa nelle finalità e innovativa nella tecnica, pertanto, la centrale avrà un innegabile e rilevante impatto sul paesaggio.
L’impianto sorgerà su un’area di espansione produttiva di circa 2 ettari individuata in accordo con il Comune di Abbadia San Salvatore, vicina a edifici industriali e non lontana da centrali geotermiche di più vecchia costruzione; l’area è soggetta a un vincolo idrogeologico e a un vincolo diffuso di interesse paesaggistico, ma è considerata idonea alla costruzione, previa valutazione (in corso) dei diversi impatti. Tuttavia, a un centinaio di metri appena corre il confine dell’area di rispetto del sito UNESCO della Val d’Orcia, che sancisce il valore di un paesaggio unico al mondo, da tutelare e promuovere non solo come patrimonio dell’umanità, ma come concreta risorsa per lo sviluppo locale e nazionale.
Si discute in questi giorni, pertanto, se debba prevalere una risorsa positiva – come un impianto per la produzione di energia alternativa – su un’altra risorsa positiva: il paesaggio integro e tutelato della Val d’Orcia. La centrale di Val di Paglia finisce così al centro di un dibattito nazionale oggi sempre più ricorrente, che diventa conflitto nelle istituzioni e tra i cittadini, e che tende a generare una contrapposizione insensata e fuorviante: entrambe le risorse sono fondamentali per il futuro del Paese e non possono essere messe in contrapposizione. E’ un dibattito pericoloso, che rischia di frenare la “transizione ecologica” che l’Italia, come ogni altro paese del mondo, deve perseguire oggi con assoluta determinazione. Il paesaggio del futuro, del resto, non potrà essere uno scenario mummificato, ma un soggetto vivo su cui si può e si deve intervenire, ad esempio con progetti sperimentali per la sostenibilità energetica necessaria al Paese. E’ un dibattito serio, che pone tutti di fronte a una complessa valutazione di opportunità, ma che potrebbe essere risolto da una pianificazione territoriale più efficace, più coordinata e più prescrittiva.
L’attuale impianto legislativo, infatti, lascia al concessionario privato un margine ancora troppo ampio nella scelta sulla localizzazione di impianti come la centrale in Val di Paglia. In un territorio come questo, invece, così ricco di risorse geotermiche ma unico per il valore paesaggistico, Stato, Regioni e Comuni dovrebbero convergere preventivamente su una soluzione non solo idonea, ma ottimale: un piano territoriale capace di contemplare e integrare al meglio tutte le necessità e le previsioni di trasformazione del territorio, e che includa nello specifico, ad esempio, un programma per nuovi impianti di energie alternative concepito nel quadro di una rigorosa tutela del paesaggio. Si tratterebbe, in pratica, di superare il tradizionale approccio “in negativo”, che si limita a segnalare le aree non idonee a interventi sul paesaggio o le aree parzialmente idonee, per affermare invece una strategia di pianificazione “in positivo”, che preventivamente definisca le aree più idonee a quegli interventi, dove l’impatto sul paesaggio sia il minore possibile e dove esso implichi addirittura una trasformazione migliorativa del territorio, come ad esempio la rigenerazione di quanto già costruito, abbandonato e degradato.
Se potessimo disporre di questo tipo di pianificazione, non si discuterebbe oggi della centrale geotermica di Val di Paglia. Un piano come quello auspicato, infatti, avrebbe preventivamente indicato dove localizzare la centrale: non solo in un’area idonea, ma nell’area più idonea, puntando a una soluzione ottimale. Ecco perché il FAI suggerisce per questo difficile caso uno studio serio e condiviso per la ricollocazione della centrale geotermica di Val di Paglia in area più idonea.
Il FAI auspica, inoltre, che questa vicenda possa contribuire ad innescare un ripensamento generale sui processi e sugli strumenti di pianificazione, proprio a partire dalla Toscana, che nel 2014 fu capofila e modello per tutta Italia nella redazione dei piani paesaggistici regionali co-pianificati tra ministeri. Questo strumento è sembrato il più evoluto e utile per il buon governo del territorio, ma in casi concreti come questo rivela invece un’incompletezza, una debolezza, e quindi una mancanza di efficacia, che generano conflitti territoriali, appesantimenti burocratici, paralisi decisionali e imbarazzi tra gli attori coinvolti (amministrazioni, imprenditori privati e cittadini), oltre ad alimentare un dibattito come quello di questi giorni, disordinato e talvolta sviante, che è più utile ai singoli opinionisti (non sempre competenti) che alla risoluzione del problema e alla sua comprensione da parte dell’opinione pubblica.