Diversi lavoratori e abitanti hanno denunciato patologie specifiche come la silicosi
di Umberto De Santis
SIENA. Testi. Una zona molto conosciuta tra i comuni di Greve in Chianti e San Casciano Val di Pesa dove sorge un cementifico che ha fatto la storia e l’economia della zona da molti anni e dove già si brucia CDR, al quale si vorrebbe aggiungere un inceneritore di grandi proporzioni. Abbiamo chiesto l’opinione di Vincenzo Santini, portavoce del Comitato Chianti senza inceneritore www.chiantisenzainceneritore.it. Un altro caso di emergenza ambientale nel santuario del Gallo Nero, vicinissimo alla provincia senese.
Come si vive in un territorio oggetto per tanti anni di attività inquinanti come un cementificio e un gassificatore?
Per quanto riguarda il cementificio bisogna ricordare che per molti decenni è stata l’unica attività industriale presente sul territorio. Nonostante fosse palese che inquinava, non è stato osteggiato dalla popolazione. Solo negli ultimi tempi, visto che hanno cominciato a bruciare CDR, si è cercato di capirne di più: la legge affida al presunto inquinatore la raccolta dei dati e questo ci ha allarmato e ha fatto nascere il comitato. Per il gassificatore il discorso è diverso: fu costruito pensando che potesse bruciare, oltre alle biomasse previste anche CDR; quando si resero conto che così non era bloccarono tutto, da un decennio è in stand by, con i relativi costi di manutenzione, in attesa di essere riavviato. Di fatto la presenza del cementificio ha portato diversi lavoratori e abitanti a denunciare patologie specifiche come la silicosi. Ora si aggiunge la costruzione di una centrale a turbogas, dono della precedente giunta, forse non più necessaria ma che darà il suo contributo all’ inquinamento.
Siete contro il termovalorizzatore e calcolate che i suoi effetti più nocivi si estendono per un raggio di 20 chilometri dal luogo dove dovrebbe sorgere. Con quali danni per ambiente, persone ed economia?
La conferenza organizzata lo scorso mese con il prof. Dominique Belpomme, oncologo di fama mondiale, che mise in stretta relazione l’ aumento di casi di tumore con la vicinanza di un inceneritore e di Ernesto Burgio, pediatra e ricercatore, che tracciò un parallelo tra emissioni e malformazioni infantili, ci ha illustrato i rischi a cui andiamo incontro, compreso le coltivazioni del territorio, se si dovesse accertare presenza di diossina o di nanopolveri. Crollo delle produzioni di vino e olio, dell’ economia, dei posti di lavoro, del valore degli immobili.
Tuttavia a 20 km. da voi c’è in funzione il termovalorizzatore di Poggibonsi. Allora è una lotta inutile?
Innanzitutto bisogna chiarire che il termine valorizzatore esiste solo in Italia, è sbagliato anzi ingannevole, tanto che la comunità europea ci ha sanzionati per pubblicità ingannevole. Bruciare rifiuti non valorizza niente, anzi senza gli incentivi del governo non sarebbe economicamente conveniente. Lo studio dell’ univeristà di Lion è arrivato alla conclusione che il rischio di malformazioni fetali è fortissimo nel raggio di 10 km. Bisogna far capire che esistono altre soluzioni per lo smaltimento dei rifiuti: produrne meno, riciclarli, riusarli. Così da avere uno scarto finale inerte del 10% circa, contro il pericoloso inerte del 20/30% degli inceneritori da stoccare in discariche speciali. La lotta non è inutile.
I dati sulla qualità dell’ aria dell’ Arpat dicono che Poggibonsi è sicura, ma i dati scoperti oggi a Pavia parlano che i dati si possono falsificare. Come possono controllare i cittadini cosa succede contro la loro salute?
Non solo a Pavia, ma anche all’inceneritore di Pietrasanta/Falascaia che emetteva diossine fuori norma e che ha inquinato il torrente Baccatoio si taroccavano pure i dati della emissione di monossido di carbonio. Prima di dire che l’aria è sicura bisognerebbe poter conoscere i dati riguardanti le polveri ultrasottili, cioè quelle che sfuggono ai filtri degli inceneritori, anche di ultima generazione, che sono le più pericolose per la salute umana. Un primo passo sarebbe la nomina prefettizia di commissioni indipendenti di cui dovrebbero far parte i comitati con il potere di far effettuare analisi dell’aria, del suolo, dell’acqua e delle matrici biologiche, ove lo ritengano opportuno.
Si parla veramente di un possibile deposito di scorie nucleari nel Chianti, anche se la Sogin non conferma. Cosa ne pensate?
Vogliamo sperare sia una battutaccia di spirito; potremmo proporre Arcore…
Il ministero dello Sviluppo Economico e la regione Toscana stanno autorizzando trivellazioni alla ricerca di idrocarburi e acqua calda in diversi siti intorno a voi. Che ne pensate dello sfruttamento del vostro territorio?
Noi riteniamo che ogni territorio ha sviluppato nei secoli e soprattutto negli ultimi decenni una sua vocazione: il Chianti è diventato famoso nel mondo per la sua qualità della vita e le sue produzioni agricole specializzate; che ora sia proprio necessario venire qua a cercare il petrolio ci lascia perplessi e ci fa pensare che l’attuale dirigenza politica non abbia le capacità per governare.