Clima di tensione: devastata una sezione. Sindacato preoccupato
SAN GIMIGNANO. La visita di Salvini ieri al carcere di San Gimignano è stata accompagnata da preoccupanti
episodi di protesta di gruppi di detenuti del reparto di media sicurezza che oltre alla battitura delle sbarre hanno incendiato lenzuola ed oggetti e danneggiato suppellettili. La situazione è stata gestita con grande professionalità e responsabilità dal personale penitenziario, che ha evitato conseguenze più gravi. A riferirlo è il segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria Aldo Di Giacomo, evidenziando che “quanto accaduto è molto significativo del clima che si sta creando nelle carceri del Paese alimentato dalla destabilizzazione del sistema carcerario e dalla delegittimazione del personale penitenziario. Lo abbiamo detto a caldo e lo ribadiamo: spostare tutta l’attenzione mediatica sui presunti pestaggi di detenuti che sarebbero avvenuti nel carcere di San Gimignano è un’operazione
che contiene il rischio di delegittimare tutto il personale di Polizia Penitenziaria degli istituti italiani che è già costretto a difendersi da mille attacchi dentro e fuori il carcere. Siamo dunque dalla parte degli agenti e prima di esprimere condanne pesanti e definitive attendiamo il procedimento giudiziario. Ma soprattutto – dice ancora Di Giacomo – siamo fortemente preoccupati perché il nuovo Governo potrebbe riportare quella “speranza” tra
detenuti, specie appartenenti alla criminalità organizzata, della concessione di nuovi benefici a partire dall’abolizione del 41 bis che era già un’idea dell’ex Ministro Orlando, oggi alleato politico del Ministro Bonafede, subito dopo la morte di Totò Riina. Sembra dunque prevalere la linea “buonista” M5S-Pd che è destinata a produrre nella popolazione carceraria nuove tensioni. Non si sottovaluti ulteriormente: la delegittimazione del personale penitenziario, da una parte, rafforza i gruppi criminali e mafiosi che nelle carceri puntano al controllo totale e a proseguire l’attività impartendo ordini a quanti sono in libertà, come accade con i boss della mafia intercettati al telefono, oltre ad incrementare le aggressioni agli agenti, centomila volte maggiori del “caso San Gimignano”; dall’altra, equivale alla resa incondizionata dello Stato. Purtroppo dal nostro osservatorio giungono segnali sempre più allarmanti che rivolte, liti, ritrovamenti di telefonini e sim, droga, armi contundenti confermano, circa una situazione che vede gruppi di carcerati approfittare dell’indebolimento dell’autorità imponendo la loro autorità”.