Quello che si conosce, e qualcosa di quello che non si conosce, delle compagini in lizza
di Raffaella Zelia Ruscitto
SIENA. “Signore mio. Dacci un Santo o un artista. Padreterno che vinca la morte oltre la fatica e la sorte, che ci faccia allungare la vista oltre le porte, per vedere la luna e pure Marte…”. Come spesso capita nell’ultimo periodo, ci affidiamo alla musica “leggera” per cercare una qualche illuminazione, una ispirazione, che possa fugare le nebbie e lasciare che la luce del sole arrivi a scaldare le nostre facce, sostenendo la nostra vista.
Definite la candidature, presentate le liste, la partita delle prossime elezioni si può giocare. (8 candidati sindaco, 16 liste).
Ma chi la gioca davvero questa partita? I protagonisti dovrebbero essere gli elettori, armati della matitina e della scheda, con in pugno il prossimo, imminente destino della città. Vorremo poter essere incoraggiati da questa “visione” democratica. Ma Siena – e non solo – ci ha abituato a sorprese davvero mozzafiato.
Dalla parte opposta delle barricate – quella degli aspiranti eletti – ci sono sette uomini e una donna che hanno deciso di assumersi l’onere di risollevare le sorti del Comune e ridare una qualche credibilità alla classe politica-istituzionale.
Il compito è particolarmente impegnativo e di responsabilità: farebbe tremare le ginocchia ai più baldanzosi condottieri. E farebbe perdere il sonno anche solo nell’immaginazione. Eppure, nonostante queste considerazioni, ben otto senesi si sono messi a disposizione della comunità. Li analizzeremo, uno per uno, stabilendo collegamenti, rapporti, alleanze. Cominciando da quattro, in questo articolo, e proseguendo con li altri quattro nell’articolo di domani.
Nel 2011 i candidati erano cinque. Con linee di demarcazione “ideologica” ben definiti.
Due degli allora protagonisti si ripresentano in questo appuntamento elettorale: Laura Vigni e Michele Pinassi. La prima, dopo aver mantenuto unito e sostanzialmente invariato il movimento Sinistra per Siena, incassa, in questa tornata, il sostegno del Partito della Rifondazione Comunista e quello dell’associazione Siena si muove. Una compagine, quest’ultima, rappresentativa di uno spaccato della città “impegnato”, attivo, sensibile soprattutto ai temi della cultura e dello sviluppo della città di stampo “intellettuale”. Bella gente, insomma, con pochi o nulli contatti con l’oligarchia senese al potere. Professionisti con un lavoro quindi, ci tengono a precisare, non alla ricerca di una professione “politica”.
Michele Pinassi, invece, è il candidato del Movimento 5 stelle. Al suo fianco volti giovani, estranei alla politica. Alcuni, come Mauro Aurigi (un giovane 74enne), veri e propri precursori del grillismo, sostenitori della causa fin dall’esordio del civismo attivo di stampo “beppiniano”. Tanto che a Siena si parla di “aurigismo” più che di “grillismo”. Le politiche dello scorso febbraio hanno visto anche a Siena un ottimo risultato del Movimento. Ma, si sa, le politiche sono una cosa, le amministrative sono un’altra. Starà ai ragazzi (giovani e meno giovani) del gruppo senese conquistare la fiducia dei senesi che, nella scorsa tornata elettorale per il rinnovo del Comune, non hanno capito le potenzialità del rinnovamento ed hanno impedito il superamento – di poco – della soglia del 4 per cento. Anche Pinassi, in quella circostanza, è rimasto fuori dal Consiglio Comunale.
Al posto di Ceccuzzi, candidato del Pd, oggi c’è Bruno Valentini. Diciamo che con il primo abbiamo scampato per un pelo la sua ricandidatura. Lo hanno fermato, bisogna dirlo e ricordarlo, i giudici di Salerno che stanno indagando sul crack del pastificio Amato. Un avviso di garanzia e lui ha ritirato la sua candidatura. L’apparato del partito, compatto, lo ha sostenuto strenuamente fino alla fine. Fino alla candidatura alle ultime primarie di partito del suo braccio destro, Alessandro Mugnaioli. L’imprinting dell’ex sindaco Ceccuzzi si vede ancora nel partito: si vede e si sente senza bisogno di essere fini commentatori delle vicende politiche. Le grida festanti dei democratici che avevano sostenuto il candidato Valentini si sono affievolite di fronte al muro di gomma dell’apparato che, avendo maldigerito la vittoria dell’ex sindaco di Monteriggioni, ha fatto ostruzionismo fin dalla conferenza stampa del giorno dopo le primarie, indetta dal segretario dell’Unione comunale, Giulio Carli. Argomento dell’incontro con la stampa: informazioni inerenti la stesura della lista del Pd a sostegno del candidato. E il candidato? Non ne sapeva nulla. Della conferenza e della lista. La polemica è rimbalzata in rete e, pesantemente, anche nelle stanze del partito. L’annuncio delle dimissioni di Carli dalla sua carica (dopo la stesura delle liste elettorali) è stata la notizia del giorno. Qualcuno ha creduto che quello fosse il primo passo verso una “ripulitura” del partito. Verso l’uscita di scena di tutti gli uomini e le donne di Ceccuzzi, coresponsabili di una gestione moralmente discutibile del partito. Di una “occupazione” del Pd che, di fatto, negava a quella “d” di esprimersi in un dissenso, un dubbio, una diversa opinione rispetto al pensiero unico espresso dal leader.
Le scelte compiute dalla vecchia dirigenza, non solo rivelatesi clamorosamente sbagliate, ma chiaramente espressione di una gestione “affaristica” e personalistica del bene comune, priva di scrupoli o di “alti ideali”, hanno segnato gli ultimi 15 anni di storia senese. Il solco lasciato nella banca, nella Fondazione, all’Università, in ospedale, in Comune, è talmente profondo da essere arrivato a toccare lo spirito stesso dei senesi. E non è solo per i debiti ancora non quantificati con chiarezza: è piuttosto per la rete di relazioni clientelari, di poltrone “regalate” senza merito, di rapporti personali instaurati all’ombra del potere “trasversale”, di favori e prebende, di ricatti e minacce, di uccisioni sociali e di vendette destinate agli oppositori del pensiero unico ad aver fatto montare la nausea.
In una stagione in cui i rappresentanti politici si sono dimostrati – localmente e a livello nazionale – decisamente di infimo profilo rispetto al popolo che andavano ad amministrare, in molti hanno voluto vedere nella Siena di fine aprile 2013 il riscatto della buona politica. Valentini, per molti, doveva rappresentare questo riscatto. Per quegli stessi, già il giorno dopo, le cose non erano così nette e chiare. L’apertura a Marzucchi, all’Udc (alla tornata precedente all’opposizione) ed a personaggi riferibili alla passata stagione, ha freddato gli animi di molti speranzosi. Poi l’invito al dimissionario Carli di congelare la decisione ha dato “la mazzata finale”. Ma non si doveva invitare i protagonisti del passato a fare un passo indietro? Non si doveva “cambiare musica e cambiare suonatori?” Siamo davvero disposti a credere che le “colpe” si possono concentrare in una persona sola? Come sta accadendo per la Banca Mps o per la Fondazione? E’ già rientrata dalla porta principale la politica del compromesso che si era tentato di defenetrare solo qualche ora prima?Perchè i nomi dei “manovratori” che agiscono nell’ombra e che, comunque, corrono di bocca in bocca sono, anche in questa tornata elettorale, sempre gli stessi?
Si presentava come consigliere del PdL (eletto) alla scorsa tornata elettorale Enrico Tucci. Dopo essere entrato in collisione con la dirigenza locale rappresentata da Marignani, il medico prestato alla politica ha avviato un percorso personale che lo ha avvicinato all’associazione Pietra Serena. Da questa collaborazione è nata la lista “Cittadini di Siena” che riunisce membri dell’associazione suddetta e cittadini che fanno riferimento a Fare per Fermare il declino e, direttamente, al candidato sindaco. E’ merito di Tucci, e demerito degli altri candidati di “opposizione”, aver lanciato la proposta di primarie tra i candidati espressione del tessuto cittadino “scollegato” dalla maggioranza. Una operazione che avrebbe consentito di concentrare le forze, attualmente sfaldate, per arrivare alle elezioni con una personalità forte e legittimata da una consultazione democratica “di indirizzo” che non avrebbe fatto dire a Valentini (senza tema di essere smentito) che i suoi avversari sono tutti scaturiti da accordi tra gruppi di potere o partiti, senza alcun coinvolgimento della gente.
(… continua)
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