Primarie: ma dov’è finito il famoso "confronto dialettico" del PD?

SIENA.  In queste ore, riflettendo su quanto accaduto nel Partito Democratico, mi è ripetutamente venuto in mente un “ricordo di famiglia”. Quando, giocando con mio nipote a scacchi – lui aveva cinque o sei anni – mi divertivo ammirando la sua voglia di vincere a tutti i costi.  E, quando dico “a tutti i costi”, intendo dire che quel favoloso bambino le tentava tutte: cambiare le regole del gioco, le mosse dei pezzi, far sparire qualche pedone… era un bellissimo sfoggio di fantasia! La similitudine è evidente. L’unica differenza sta nell’effetto sull’intelletto. Dal nipotino ci si lascia coinvolgere amorevolmente, dai vertici del Pd senese, magari no. Una parola azzeccata l’ha detta Mugnaioli: “Pantomima”. Peccato che l’abbia rivolta alla parte sbagliata del suo partito. 

C’era chi, in città, si domandava il perchè di questo gran marasma di parole, ripicche, fiumi di inchiostro e di rabbia, recriminazioni, ripensamenti… è una sceneggiata? E’ una “rivoluzione interna”? E’ una “resa dei conti” per il potere? Domande tutte ammissibili, ragionevoli, in una stagione di voltagabbanismo e di opportunismo imperante. Di scarsa onestà di intenti e di azioni.

Commentare quanto accaduto dal 21 dicembre a ieri (6 gennaio), è difficile quanto paurosamente scoraggiante nella sua chiarezza.

Il partito di maggioranza a Siena, quello storico, che ha le sue radici più antiche immerse in movimenti di rivoluzione, difesa della giustizia sociale, della partecipazione popolare, della politica dal basso, ha mostrato senza più remore o pudori la sua monolitica, poco lungimirante, oligarchia. Mentre i suoi rappresentanti di vertice si riempivano la bocca con parole come “partecipazione”, ” primarie come grande dimostrazione di democrazia” ed ovvietà varie, quegli stessi tenevano ostinatamente il controllo del partito, dell’apparato, inteso come struttura e come capacità decisionale ed operativa.  Si parla di primarie  (si gioca agli scacchi) , ma si decidono autonomamente, unilateralmente e artatamente le regole del gioco. Si studiano a tavolino norme in modo da “blindare” le candidature. Ci si offende se qualcuno si permette di dissentire e ci si trincera poco astutamente dietro le regole che si sono scritte di proprio pugno come se si trattasse delle “tavole della legge”.  E, come Mosè, Franco Ceccuzzi prima “s’incazza” e poi si muove a compassione di fronte all’aspirante avversario. Chiamandolo per nome, amichevolmente, – “Caro Bruno” –   prima lo accusa su Fb di avere altre mire sotto questa guerra per le primarie (lo stesso farà Mugnaioli, ovviamente) e poi ci ripensa e decide di chiedere ad alcuni dei suoi sottoscrittori di “regalare” le firme a Valentini per consentire la candidatura di quest’ultimo alle primarie.Una mossa da grossolano stratega… che però non piace al sindaco di Monteriggioni che replica con grande moto d’orgoglio: “nessuna concessione ma un riconoscimento della volontà dal basso”. 1500 firme di senesi raccolte per l’appoggio della candidatura alle primarie di Valentini. Perchè non si possono validare? Perchè si preferisce chiedere a una manciatina di membri dell’assemblea dei Dem di “cambiare candidato da sostenere”? Che peso politico hanno in più, questi ultimei rispetto a 1500 e passa liberi cittadini? Una domanda che non ha risposta. O forse sì, ma non diamo tutto per scontato. Tanto per non aumentare lo sconforto. 

Valentini è fuori. Ed è colpa sua. Perchè non ha voluto, pubblicamente, accettare il bel gesto di Ceccuzzi? Perchè non ha voluto fargli fare questa “nobile” figura? Solo per una questione di principio? Ma pechè, questo genere di cose – il principio – esiste ancora?!? 

Stentiamo a crederci anche noi. I principi, gli ideali… cose da dinosauri, da uomini d’altri tempi, di calibro ben diverso. Stiamo pensando a uomini politici che si sono estinti almeno una trentina di anni fa. A causa del clima poco favorevole, si ipotizza. E quei pochi sopravvissuti – ammesso che ce ne siano – sono nascosti nelle profondità di qualche abisso. O lago… e sono diventati leggenda. Queste sono le notizie che circolano certamente anche in via Rosi o all’Odeon dove, a parte demonizzare e attaccare a testa bassa quelli che non si allineano al pensiero unico – al Ceccuzzi-pensiero – non maturano altre idee.
Mugnaioli, coordinatore del comitato pro candidato Ceccuzzi, si scatena contro Valentini. E fino a qui tutto logico. Poco elegante, politicamente scorretto, ma logico. La cosa che sconvolge è che a scendere lancia in resta a favore di Ceccuzzi sia il segretario comunale Carli e quasi con le stesse parole… Mai un moto di “mediazione”. Mai un intervento che abbia messo al primo posto il benessere della “collettività democratica”. Mai un richiamo al candidato Ceccuzzi per il suo protagonismo che oscura, ormai da tempo, quell’anima, all’origine multiforme e per questo stesso viva, che rappresentava la forza stessa di un partito come l’ex Pci – Ds – Pd (ma su quest’ultima sigla quanche dubbio ci assale…) Mai un cedimento strutturale, anche solo di facciata, per non rendere troppo evidente e smarcata la incondizionata dedizione dei vertici Pd al deus ex machina della politica senese nel centrosinistra. A colui il quale si deve la “carriera” interna al movimento
E Vigni? Fedele di Ceccuzzi mandato a fare il coordinatore dei renziani che poi attacca per primo Valentini, renziano pure lui, invece di proseguire almeno la scena del “rottamatore”! 

Da questa “pantomima” il Pd esce senza applausi. E senza maschera. 

L’apparato di potere che tanti denunciavano negli ultimi mesi – chi sbattendo la porta, chi rifiutandosi di firmare bilanci infirmabili, chi imponendosi alle primarie – ha non solo gravemente compromesso il futuro della città ma ha addirittura compromesso il proprio partito di riferimento. Inseguendo le volontà del principe si è trascurata la cura amorevole dell’immagine del PD, in un frangente cruciale e già avverso. Non bastavano le batoste legate a Comune, Mps e bazzecole varie tutte riconducibili al Pd. Ci volevano pure le primarie! E non è bastata neppure l’operazione Bersani/Renzi per far capire che, a Siena qualcosa proprio non andava per il verso giusto.
Buttandola sul ridicolo, la stampa non senese aveva parlato di diatribe interne alla segreteria provinciale di Siena che i vertici regionali e nazionali non affrontavano perchè con Siena e con i senesi è meglio non confondersi. Quelli se la devono vedere da soli, parevano dire a Firenze. Questa è un’ovvietà esilarante se non fosse anche drammaticamente falsa.
Le primarie si faranno? Avrà un senso ancora farle? Senza offesa: ma con due candidati di codesta natura io me le risparmierei.
Valentini insiste ancora. Ci prova. Ma il silenzio del suo partito segue coerentemente quanto fatto fino ad oggi. Con il Sel a fare da stampella. Pensare che la partecipazione dal basso debba avere delle regole restrittive del concetto stesso di partecipazione è una evidente contraddizione in termini. Pretendere che la partecipazione alle primarie di un aspirante candidato passi dalla clemenza di un altro e non dalla legittimazione ottenuta attraverso il consenso popolare è una autentica follia che cozza con il sentire democratico e collima, invece, con il fare di un principe.
E’ questa Siena? E’ questo il Pd a Siena?  E se questo è il Pd a Siena, perchè a livello nazionale nessuno prende provvedimenti e se ne occupa definitivamente? Eppure di lettere ne sono partite lungo la direttrice della Francigena. Dalla Città del Palio alla Capitale. E se è questa la politica messa in atto dai partiti storici o dagli aspiranti tali chi potrà mai, in Italia, riconoscere in questo genere di strutture un tempo così importanti da essere contemplate e tutelate dalla Costituzione (Art.49) un luogo degno di accogliere e far crescere le menti che saranno chiamate ad amministrare i beni pubblici?
A noi i partiti piacciono. Ci piace l’idea che esista un luogo di confronto in cui crescere e scambiare proposte e idee sotto un simbolo comune. Ci piace quel plurale usato dalla Costituzione (che implica l’esistenza di più movimenti). E ci piace anche l’idea di una sinistra attiva, in costante discussione interna, pronta a modificarsi con il mutare dei tempi ma salda sui principi della democrazia e della condivisione della strada da percorrere tra vertici e base. Ci piace il dialogo, sempre, ad ogni livello. E ci piace anche lo scontro duro, ma sui contenuti e non sulle forme (e neppure condivise all’origine).
Come diceva Gaber: “Libertà è partecipazione”. Una frase che può essere letta anche all’opposto: “Partecipazione è libertà” ed è un concetto leggermente mutato rispetto all’originale, forse ancora più utopico ma purtuttavia raggiungibile.
Dalla grande lezione di democrazia delle primarie, con questo ennesimo capito della saga, siamo passati alla grande lezione di cieca oligarchia. Il disappunto della gente è lì da vedere e, se possibile, supera quello del sindaco di Monteriggioni. Un disappunto che nasce prima negli uomini di sinistra, quelli che ci credevano e che vedono sgretolarsi tutte le loro aspettative e le loro convinzioni, e poi offre una facile conferma nelle loro critiche a quelli di centro e di destra.
Questo inizio 2013, dunque, inizia sotto i peggiori auspici per i democratici senesi. Ma, come diceva il saggio: “Mal voluto non è mai troppo”.
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