SIENA. Mercoledì (27 maggio) alle 21.45 la Sala San Pio del Santa Maria della Scala di Siena ospita “Theatrum” del pianista Stefano Battaglia, uno dei più apprezzati musicisti del panorama jazz e contemporaneo.
Un evento, ad ingresso libero, organizzato dalla Fondazione Siena Jazz con il Comune di Siena e il Complesso Museale Santa Maria della Scala.
Sul palco con il celebre pianista milanese ci saranno Christian Thoma (oboe, corno inglese e clarinetto basso), Maurizio Rinaldi (chitarre ed elettroniche) e Fabrizio Saiu (percussioni).
“Stefano Battaglia – ha scritto il critico musicale Jurgen Solothurnmann – non è soltanto un artista di prestigio a livello mondiale, ma soprattutto è un musicista dalla forte originalità e dalla multiforme sensibilità artistica. Strumentista virtuoso e dalla formazione accademica, per gran parte della sua lunga (nonostante l’età) ed intensa carriera ha alternato l’attività di concertista classico a quella di jazzista, quella di insegnante (guadagnandosi la fama di guru) a quella di performer”.
Oggi Stefano Battaglia, oltre ad essere uno dei più vibranti ed intensi pianisti del pianeta, é un improvvisatore a tutto campo ed un compositore colto e raffinato, forte di sfumature e influenze diverse, leader maturo e sideman creativo, e nella sua abituale dimensione del solo riesce con la massima libertà a ripercorrere e a restituire con estrema profondità tutta la ricchezza ed il lirismo della sua esperienza musicale, senza negarsi quelle improvvise ma rigorose mutazioni che ne caratterizzano da sempre le scelte artistiche.
Doti che emergono nel suo Theatrum, di cui lo stesso Battaglia dice: “Da molti anni, nella necessità di sviluppare la mia ricerca musicale, ordinare e ricreare al di fuori dei linguaggi-modello, anche attraverso una formula teorica, ho lavorato al processo di composizione istantanea attraverso la prassi dell’improvvisazione tabula-rasa, concentrando l’azione sulla materia pura, i quattro parametri musicali fondamentali (suono, ritmo, melodia e armonia) al fine di ottenere la maggior de-idiomatizzazione possibile dell’oggetto musicale a favore di un ideale tutto spontaneo e necessario, primitivo e futuribile allo stesso tempo.
Procedendo nella ricerca con sempre maggiori esigenze strutturali, mi sono spinto più profondamente all’interno dei trattati kandinskyiani, così pieni di pensiero formale, di pittura sonora e di geometria qualitativa, accorgendomi in breve delle enormi analogie con le mie esigenze strutturali, e con la sensazione di partecipare ad un’avventura fantastica ed emozionante proprio per l’efficacia che può offrire in musica, garantendo equilibrio tra libertà tecnico-espressiva e controllo della forma”.