Kvyeh occupa un posto molto particolare all’interno del panorama, in continua espansione, degli autori di origine mapuche. Anche se i suoi registri espressivi sono molteplici, la sua poesia non può essere separata dal suo impegno nelle lotte del suo popolo. Nata a Weken, nella provincia di Malleko, ha studiato presso l’Università di Concepción Diritto del Lavoro e contemporaneamente, all’inizio degli anni anni Settanta, ha seguito studi di teatro preso il Laboratorio Sperimentale della stessa Università. Frutto di questa stagione sono tre opere teatrali scritte e rappresentate sotto la sua direzione al Teatro Trigal di Concepción: El Sueño de Mariluz, Madame y el General, El Vendedor Ambulante. Negli anni successivi deve lasciare il proprio paese, sempre più stretto nella morsa della dittatura, e vive per alcuni anni in Germania, dove collabora attivamente alle attività politiche e culturali degli esiliati. A Friburgo mette in scena, con la compagnia Las Hormigas, Historia de los Desaparecidos. Successivamente, alla metà degli anni Ottanta, svolge un progetto di ricerca in Nicaragua sulla cultura miskita. Dopo avere diretto la rivista Huerqén, crea e dirige negli anni Novanta la "Mapu Ñuke Kimce Wejiñ" (Casa d’Arte, Scienza e Pensiero Mapuche) a Temuko. Dal 1991 al 2003 dirige anche la rivista di cultura mapuche Mapu Ñuke. In questi stessi anni cresce la sua fama internazionale e tiene dei recitals di poesia in Germania, Svizzera, Spagna, Belgio. Nel 1995 riceve a Cuba il Premio intitolato al grande poeta romantico José María Heredia. Nel 1998, sempe a Cuba, viene nominata Presidente Onorario del Centro Internazionale delle Culture Indigene. Nel 2002 partecipa al Convegno "La poesia tra lingua materna e lingua straniera", organizzato dal Dottorato in Letteratura comparata e traduzione del testo letterario dell’Università di Siena.
Luna de cenizas (Luna di cenere) è una raccolta poetica che Rayen Kvyeh ha voluto scrivere in spagnolo, quasi per non contaminare il suo mapudungun, la lingua dei mapuche, con le parole legate all’esperienza del carcere. La prima parte del libro ci restituisce insieme la violenza della reclusione e la capacità di resistenza che fa parte del patrimonio genetico del popolo mapuche. È una forza che viene dalla mapu ñuke, da quella terra madre che dà il titolo a una delle sue poesie più conosciute. Si manifesta attraverso la natura, ma anche attraverso gli affetti familiari e lo spirito comunitario. Le ragioni della vita si oppongono ai messaggi di morte che provengono da un potere arbitrario. L’immagine dell’«embrione ribelle» suggella in maniera indimenticabile questa professione di lotta e di dignità. Nella seconda poesia, oltre al rapporto con la luna che richiama il nome della poetessa (kvyeh in mapudungun significa ‘luna’), troviamo soprattutto la metafora dei libri come strumento di liberazione. La montagna che essi costruiscono si spinge fino alla finestra della cella, per conversare con la luna e rompere le catene.
La seconda parte del libro, intitolata «Menzogne moderne», contiene brevi poesie di denuncia, che assumono toni quasi epigrammatici. Al centro sta un altro tema cruciale per Rayen e per il suo popolo. La difesa della natura è parte integrante della difesa della propria identità, contro l’assalto dell’«uomo progressista», animato da uno spirito di onnipotenza. Lo stravolgimento dell’ordine naturale viene rappresentato da un albero sterile, dove il verde non è quello delle piante, ma del denaro che prepara strumenti di morte. In «Uomo Moderno» questo delirio si concretizza nel riferimento puntuale alle dighe costruite per imprigionare l’acqua, uno dei simboli più universali di libertà. C’è un’allusione esplicita alla battaglia del popolo mapuche contro le multinazionali che costruiscono i grandi invasi, provocando l’inondazione delle terre che da millenni appartengono agli indigeni. Nell’ultima poesia tradotta da questa sezione, prevale il sarcasmo verso la carità pelosa dei grandi della terra, che si degnano di lasciare le briciole alle loro vittime, per salvarsi l’anima.
Con questa raccolta Rayen dimostra di saper usare alla perfezione la lingua del winka, del dominatore di origine europea, facendola esplodere dall’interno e trasformandola in uno strumento di lotta.