ANCONA. Nell’epoca dei big data, non è importante solo essere in grado di gestire la moltiplicazione dei dati, ma anche avere la capacità di utilizzare degli strumenti di analisi dei dati stessi appropriati e in linea con le esigenze che devono essere soddisfatte. Ecco perché per una crescita veloce di un business e per un aumento della competitività non si può fare a meno di aggiornare le competenze e le tecnologie a disposizione.
Alla scoperta dei big data
Quando si parla di big data, si fa riferimento a una massa di informazioni in costante crescita e in circolazione, per effetto della trasformazione digitale del business, non solo all’interno delle aziende ma anche al di fuori delle stesse. Sono big data quelli che provengono dai sensori integrati ormai presenti negli oggetti che fanno parte della cosiddetta Internet of Things. Sono oltre 30 milioni, stando al McKinsey Global Institute, e si trovano non solo nelle nostre case, ma anche nei servizi pubblici, in ambito industriale, nelle nostre automobili e perfino nei negozi che frequentiamo tutti i giorni. Le infrastrutture che supportano i processi produttivi e i sistemi informatici generano una grande mole di flussi di dati, che servono – tra l’altro – per la distribuzione dei servizi e per la loro erogazione. Il quadro, tuttavia, è molto più ampio, dal momento che i big data sono abbinati a un massivo sviluppo dei comportamenti e delle consuetudini delle persone. Anche se non ce ne rendiamo conto, tutte le volte che usiamo uno smartphone forniamo dei dati, che rappresentano le nostre impronte digitali in Rete.
Come vengono analizzati i big data
Il mondo di oggi è contraddistinto da una multimedialità sempre più consistente, che è il risultato del diffondersi di smartphone e device mobili che sono entrati a far parte della nostra quotidianità: li usiamo non solo per lavorare, ma anche per svolgere numerose azioni della vita di tutti i giorni. Si pensi, per esempio, alla cultura dell’immagine che ha portato a una familiarità sempre maggiore con il videosharing, per effetto della quale siamo indotti a condividere sui social network anche le foto più banali. Ebbene, queste foto non sono altro che dati, che possono essere sfruttati da chi vi entra in possesso per capire i gusti, gli interesse e le preferenze delle persone da cui provengono, e di cui – quindi – potranno essere influenzate le decisioni.
I social mediaCome si vede, un ruolo decisivo è proprio quello dei social media, ma non si può trascurare il traffico di pensieri e di opinioni che passa attraverso i sistemi di CRM. Una telefonata in arrivo a un centralino o una carta fedeltà che viene strisciata alla cassa di un supermercato producono big data: questi ultimi non possono essere considerati un trend o una moda tecnologica, ma una vera e propria necessità gestionale per le più diverse tipologie di organizzazione. In futuro, la chiave di volta della competitività potrà essere individuata in data set in costante aumento, da cui dipenderanno innovazione e business. Ecco perché un master in big data full-time si presenta come un’esigenza quasi ineludibile per i professionisti del domani.
Come sfruttare i big data
I big data possono essere utilizzati per comprendere la percezione dei vari brand da parte dei mercati, ma anche per abilitare sperimentazioni inedite o per segmentare la popolazione, allo scopo di personalizzare le strategie di azione nel miglior modo possibile. Si possono individuare, così, le variabili che inducono i clienti a comprare questo o quel prodotto e questo o quel servizio: il guadagno più concreto che ne deriva è in termini di predittività, in virtù di uno storico di informazioni in continuo aggiornamento.