di Gianni Basi
SIENA. Superata la torrida metà di luglio e conclusa con uno splendido oratorio la 66^ Settimana Musicale Senese, il pieno dell’estate diventa quanto mai chigiano ed apre alla rassegna che, più di ogni altra in campo internazionale, assegna ai maestri di un’accademia il privilegio di rappresentarla. Sale da concerto, piazze, teatri, chiese ed abbazie di città e provincia, comprese le escursioni concomitanti per il tour in “Terra di Siena”, saranno fino al 31 di agosto il palcoscenico live dei concerti di questi maestri, dei loro allievi, di secolari amici chigiani come Maurizio Pollini. E’ la 78^ Estate Musicale Chigiana, o altrimenti il più bel tuffo serale in un mare di musica, refrigerante bagno di mezzanotte tra stelle cadenti e note suonanti. L’8 di agosto, con Boris Belkin al violino, qualcosa di molto simile avverrà sotto il cielo aperto sopra San Galgano.
Ma domenica, questa domenica 19 luglio, alle ore 21,15 al Teatro dei Rozzi, come sottrarsi alla prima dell’Estate Chigiana che si presenterà col rullìo di marcia di batterie di tamburi che nel 1780 annunciavano le musiche delle notti di Madrid? Poi, insinuanti, ecco gli archi. Con non più soltanto il ronzio di violini viole e violoncello che in origine era stato pensato da Luigi Boccherini nel suo lungo soggiorno madrileno ma, secondo una della trascrizioni del “Quintetto n.60 in do maggiore” rielaborate da Luciano Berio, anche l’intromissione battente della poesia di un’intera orchestra, la Sofia Festival Orchestra. Sarà, questo, il momento iniziale del concerto di domenica, spettacolo di musica che si snoderà tra pieghe davvero particolari scivolando dalla lucentezza dei suoni di Boccherini sino alle romanticherie inglesi della “Sinfonia n.104 in re maggiore (London)” di Haydn e custodendo, nella parte centrale della serata, la gemma di un rendez-vous fin troppo raro nel classico: il feeling fra chitarra e orchestra. Laddove saranno le corde a prevalere, a imporre il ritmo, a dettare la partitura e a guidare il suono orchestrale. Joaquin Rodrigo, specialmente in questo suo celeberrimo “Concerto d’Aranjuez”, amò intensamente la chitarra pur se di regola componeva soltanto su piano. Tra l’altro, cieco sin da piccolo, soleva “annusare” i suoni della natura per poi riportarli in tastiera. Oppure, come nel caso delle sensazioni avvertite visitando il giardino del palazzo di Aranjuez, residenza reale cinquecentesca di Filippo II, quei suoni li immaginava. Tre tempi, per questa dolce pagina spagnola, di cui il centrale “adagio” è quello più conosciuto, coverizzato e reinterpretato (anche per tromba da Miles Davis) sin dagli anni ‘70 quando la proposizione dei classici ebbe una benefica rispolverata entrando nelle hit parade giovanili con le versioni ritmate di Waldo de Los Rios e di James Last. Questo movimento, imperdibile, trionfa in un vero e proprio dialogo tra chitarra e orchestra. Occasione unica, o quasi, per chi vuole ascoltare il suono autentico dello strumento, quello non contaminato da vibrazioni elettriche o dissonanze. Qui c’è l’assonanza pura.
Oltre alla fenomenale orchestra bulgara, nota per essere specializzata in campo sinfonico-operistico e partner fisso del poderoso Coro dell’Opera Nazionale di Sofia, i protagonisti del concerto di domenica sono Oscar Ghiglia e Maurizio Dones: amici, maestri e collaboratori appartenenti alla più forte e consolidata tradizione chigiana. Ghiglia, considerato il vero continuatore di Segovia – di cui fu assistente all’Università di Berklee – insegna incessantemente ai giovani chitarristi di tutto il mondo e, in particolare, tra i suoi allievi, ha scelto “per sè” chi potesse con lui condividere sia l’amore per la chitarra che l’amore della vita: la moglie Elena Papandreou. Che meraviglia. Maurizio Dones, maestro assistente in Chigiana di Gianluigi Gelmetti nel corso di direzione d’orchestra, e compositore egli stesso, alterna il classico al leggero ed ha atteso più volte agli arrangiamenti orchestrali per le voci di Carreras, della Kabaiwanska, di Cecilia Gasdia, così come a quelli per Amy Stewart, la Vanoni, e per le cantate napoletane di Beppe Barra. Oltre alla direzione dell’Orchestra Sinfonica Swarowsky di Milano è attualmente direttore principale, in Russia, dello State Musical Theatre di Rostov sul Don. In chiusura, tornando alla marcetta che introduce alle musiche notturne che si spandevano nelle strade di Madrid, dunque ai quintetti per archi di Boccherini contenuti nel vasto lavoro n.9 in do maggiore, e fra essi il citato n.60 della “Ritirata notturna” che ascolteremo ai Rozzi, vogliamo ricordare il delizioso siparietto musicale tra Russel Crowe, alla mandòla, e il medico di bordo al violoncello, nel film “Master and Commander”. L’aria che suonavano era giusto di Boccherini e della spensierata fiesta notturna di Madrid. Scena che avveniva poco prima della battaglia. Voglia di vita, di guardarsi sorridendo, affogando la paura suonando. Incredibile che, nonostante l’evidenza schiacciante di quanto ciò che è buono sia grande e importante al mondo, lo si riesca a perdere come nulla fosse. Eppure, il dono musica, crea e sparge a perdifiato continui messaggi di comunione fra gli uomini. Ne incameriamo piacere assoluto e bontà per le orecchie. Come farne a meno? Quella scena del film ci fa intendere che è proprio attraverso la musica che, quando il resto abbandona o delude, o fa sudar freddo, si deve sempre e comunque alimentare a palate la speranza di amare la vita.