Un cencio allusivo e laicamente religioso, come dice il pittore Montesano
SIENA. Non ha smentito le aspettative il drappellone dipinto da Gian Marco Montesano per il Palio straordinario dedicato alla fine della Prima Guerra Mondiale.
L’eclettico artista torinese, conosciuto e apprezzato a livello internazionale per quel suo modo di vivere e interpretare una pittura figurativa che prende corpo da frammenti-icona di storia, sintesi concettuale, analisi e percezioni di un sentire che, in maniera personalissima, riesce a far trasmigrare sulla tela.
Sul drappo di seta solo due soggetti dominano lo spazio, un soldato e una giovane donna, per la presa e la trasmissione di una realtà così tragica come quella rappresentata da un conflitto che macchiò di sangue l Italia come le altre nazioni che vi furono coinvolte.
Nessun rimando palese ai campi di battaglia. Montesano non ne ha avuto bisogno.
Il simulacro della guerra è tutto lì. In quel militare che porge dei fiori ad una bellissima ragazza mentre la saluta baciandole la mano. E’ il fante del Piave, veterano del dovere. Un dovere che qui si esprime nella gentilezza dell omaggio reso alla Bellezza, alla Pace ritrovata e all Amore: una forma di preghiera rivolta alla figura di una femminilità assoluta nel Celeste universale. “Ho cercato – spiega l’artista – un drappellone allusivo e laicamente religioso. La presenza femminile, sia pure con valenza assolutamente diversa, allude alla figura sacra che domina la storia iconografica dei dipinti per il Palio”.
L’impatto visivo è immediato.
Una narrazione unica. Affatto semplice, come al contrario potrebbe, invece, sembrare. La cifra stilistica dell artista è, ancora una volta, perfettamente riconoscibile. “I limiti del mio modo di intendere la pittura mi vietano qualsiasi brutalità dei segni e dei colori, così a discapito, forse, di una visibilità forzata e per me volgare, ho tentato la leggerezza del linguaggio nel quale mi esprimo”.
Con sguardo semiotico si colgono significanti oggettivi, ma anche interpretabili e personalizzabili da parte di chi guarda l opera, capace di aprire squarci che fanno riaffiorare memorie e pagine di storia. Riflessioni e introspezioni. Ai senesi non sfuggirà, certo, l’indice della mano sinistra della figura femminile che indica l’emblema dell’antica Repubblica di Siena: uno scudo blu con la parola Libertas scritta in oro.
La forza linguistica del drappellone di Montesano è in quel dialogo senza parole, ma carico di simboli, che intercorre tra i due personaggi proiettati in uno sfondo monocromatico celeste, quasi a volerli decontestualizzare per ancorarli ad una materialità al di là dell apparenza. E un azzurro tenue, rassicurante e luminoso. La Grande Guerra è terminata. E quello è il cielo degli assoluti, religiosi o laici, oltre il tempo, oltre la cronaca degli accadimenti.
Immagini paradigma di un umanità sopravvissuta a quel punto di non ritorno generato dall’entrata in guerra, perché la vittoria, anche se a difesa di giusti ideali, si conquista solo se a vincere è la morte.
Gli stemmi delle dieci Contrade, che si contenderanno la vittoria sul tufo di piazza del Campo, sono stati dipinti in maniera circolare sulla parte alta del drappellone, con al centro la Balzana, lo stemma di Siena, quasi a voler evidenziare l indissolubile rapporto tra la città e le sue Contrade. L’artista ha posizionato l’araldica contradaiola non secondo l’ordine di esposizione delle bandiere alle trifore del Palazzo Comunale bensì secondo i terzi della città (Camollia, Città e San Martino), di cui ha riportato l’iconografia.