La vittoria conferma lo stato di grazia di Gingillo
di Fabrizio Pinzuti
PIANCASTAGNAIO. Palio di Piancastagnaio il giorno dopo, negli inevitabili e svariati commenti, tra conferme e smentite, tra “linearisti” e dietrologi, tra la gioia di chi ha vinto, la pazienza di chi deve ancora una volta aspettare la vittoria e la mezza soddisfazione di chi non ha visto la contrada avversaria vincere.
La conferma più evidente è quella del fantino Giuseppe Zedde, detto Gingillo, che a pelo del baio Uron – allenato da Mario Canu per tanto tempo dominatore incontrastato dei paliotti di provincia – ha riportato alla vittoria la contrada bianconera di Voltaia. Stessi colori della contrada della Lupa che il fantino di origine sarde ha condotto al trionfo solo due giorni prima nella superba carriera del palio dell’Assunta in Piazza del Campo. E non si tratta solo di colori. Evidenti alcune analogie tra le due vittorie, in particolare il sorpasso a fil di steccato a Piancastagnaio e a quello di colonnino a Siena di più avversari nelle curve più impegnative delle due diverse piste, anche se con le differenze di direzione – a destra a Siena, a sinistra a Piancastagnaio – e del momento della corsa, cioè al primo giro, a San Martino, in Piazza, e quasi all’ultimo nell’ovale dello stadio. Segno in ogni caso della maturità di Gingillo, della sua sicurezza, precisione e determinazione nel guidare il cavallo nell’impostazione delle traiettorie più impegnative ed importanti e senza lasciarsi deconcentrare o demotivare dalla prima vittoria del 16 agosto, come di slancio ad essa. Un’analogia anche nel cavallo. “Mutatis mutandis”, il possente, preciso e veloce forte Uron di Voltaia trova il suo corrispettivo nel barbero Porto Alabe della Lupa. E se a Siena il sorteggio è affidato alla dea bendata, a Piancastagnaio la scelta è affidata completamente alla contrada. Tra le smentite dell’edizione 2018 del palio di Piancastagnaio, lo scatto alla mossa. L’ovale intorno al campo di calcio, con due brevi diritture e due ampie curve, rende difficile il sorpasso e spesso la contrada che parte prima ha buone probabilità di arrivare prima.
Nella corsa di sabato scorso tutte le contrade pianesi si sono alternate al comando, con continui colpi di scena, e proprio per questo c’è chi ha parlato di una corsa avvincente e combattuta. Ben diversa l’interpretazione dei soliti dietrologi o “partitisti”. Il fantino di Borgo che si volta indietro solo a destra e si guarda alle spalle solo da Castello e sembra ignorare del tutto quello di Voltaia che lo sta superando a sinistra alla prima curva dell’ultimo giro, il momento decisivo della corsa, è sembrata a qualcuno la prova di un accordo tra Voltaia e Borgo o quanto meno, la volontà di Borgo di opporsi con ogni mezzo alla vittoria di Castello. Questa sensazione sarebbe avvalorata dall’ostacolo che Borgo avrebbe continuato a costituire per Castello anche dopo il sorpasso di Gingillo, per poi cedere come di schianto di fronte al più potente barbero dell’Imperiale, ma quando ormai il distacco di questo da Voltaia era incolmabile. Valutazioni queste che si legano alle caratteristiche del palio, che non è una corsa regolare, ma una giostra, con tutto quello che ciò comporta. Non trovano infine al momento conferma le ventilate dimissioni in blocco della dirigenza della contrada di Coro, vincitrice dell’edizione del 2017 e detentrice del record di vittorie da quando il palio ha ripreso ad essere corso con regolarità dal 1979, tra cui lo storico cappotto del 2000.