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“Il decreto 135 sancisce la definitiva e obbligatoria mercificazione dell'acqua, senza alcuna garanzia per un uso razionale e sostenibile delle risorse idriche e per i diritti dei cittadini utenti. Il testo inserisce tra i servizi pubblici, a rilevanza economica, anche l’acqua che, come recita anche la Dichiarazione Universale dei diritti umani, è un diritto essenziale”.
“La gestione dell’acqua – proseguono Ricciarelli e Taccioli – sarà quindi affidata ai privati ed a società ‘in ogni forma costituite’. Non è tutto, il privato potrà partecipare alle aziende miste in misura non inferiore al 40 per cento e per le ‘multiutility’, ovvero le aziende a maggioranza pubblica che gestiscono i servizi pubblici, ci sarà l’obbligo di ridurre la partecipazione al 30 per cento. In questo modo il pubblico potrà rimanere, ma sarà il privato a decidere e dettare le strategie dell’impresa. Il decreto inoltre non parla degli Ambiti territoriali che si occupano di vigilare sulla gestione dell’acqua. È ovvio che in un sistema così articolato, la logica di mercato avrà la meglio sulla volontà di garantire a tutti il diritto all’acqua, quindi si può prevedere realisticamente che le società decidano di massimizzare i profitti gonfiando le tariffe, fino ad arrivare al disinteresse a coprire con il servizio zone a bassa densità abitativa”.
“Mentre il mondo e le organizzazioni internazionali – concludono Ricciarelli e Taccioli – si preoccupano di rendere l’acqua fruibile all’intera popolazione, il governo italiano si avvia invece alla sua privatizzazione selvaggia. Il Partito democratico, in Parlamento, grazie ad un emendamento è riuscito ad inserire alcune parole significative che dicono che ‘l’acqua è di proprietà dello Stato’, riuscendo quindi a limitarne la mercificazione, voluta dal ministro Ronchi. Nonostante la modifica, il testo rimane pericoloso e rischia di spingere le aziende del settore ad una febbrile caccia all’oro che penalizzerebbe pesantemente i consumatori”.