Il risultato è nelle mani di quei senesi che pensano: "Così fan tutti"
MASSA. Domenica 24 giugno si deciderà una partita che va ben al di là dell’appuntamento elettorale amministrativo.
In gioco vi è la liberazione della città da un regime che la governa ininterrottamente dal 1945 – caso unico in Italia – un Sistema che negli ultimi trent’anni ha mostrato il suo vero volto, quello di una dittatura soffice che dietro un formidabile apparato propagandistico ha “comprato” e controllato la società civile grazie alla prodigalità del Monte, considerato di sua proprietà esclusiva.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Macerie su macerie. Questa è la verità, questa, purtroppo è la realtà che ci lascia in eredità la gestione di un partito, il Pci/Pd che ha pervasivamente occupato tutti i gangli degli Enti pubblici e para-pubblici e si è infiltrato in ogni Istituzione locale, in qualsiasi corpo sociale intermedio.
Domenica prossima però può e deve essere la giornata della svolta, del vero cambiamento e solo una persona ha i titoli per rivendicarlo: l’avvocato Luigi De Mossi.
Ho avuto modo di conoscerlo personalmente a seguito delle iniziative da me intraprese contro il Monte dei Paschi per i danni derivanti da Antonveneta scaricati sui dipendenti. Con il suo patrocinio ho depositato in Procura un esposto contro Mussari e l’onorevole Amato per la vicenda della sponsorizzazione Mps di un torneo di tennis ad Orbetello e poi ho presentato la richiesta di costituzione di parte civile contro il management dell’epoca e la banca stessa.
La particolarità che mi ha colpito è che De Mossi ha fin da subito sinceramente condiviso e apprezzato nel merito le mie aspirazioni, facendomi chiaramente intendere di conoscere come le sue tasche il modus agendi di quel mondo torbido che ha gestito il potere a Siena.
Allora capii la sincerità del suo agire, la genuinità dei sui propositi di cambiamento, la sua avversione in primis morale verso il potere senese da lui combattuto.
Il suo avversario invece, Bruno Valentini, quali garanzie di rinnovamento può offrire? Quella di essere un esponente di lungo corso – sempre silentemente allineato – di quel Pci/Pd responsabile primo del disastro, oppure quella di aver rappresentato i lavoratori del Monte nella Fisac-Cgil, il sindacato che ha svolto una vergognosa politica filogovernativa nei confronti della banca?
Valentini non potrà mai cambiare niente del Sistema – lo ha già dimostrato nel suo primo mandato – proprio perché ne fa parte integrante, proprio perché per il riflesso pavloviano non può fare a meno di utilizzare gli stessi metodi, proprio perché le sue sinapsi sono costituite dello stesso dna di quelle di un Ceccuzzi, di un Ceccherini, di un Veltroni e, perché no, di un Pierluigi Piccini.
Quel Piccini, presunto dissidente del potere senese, che con la massima disinvoltura si è apparentato con Valentini, quell’ex sindaco che benedisse l’affaire Banca 121 tanto caro a D’Alema e che ora si appresta a chiudere il cerchio della ricomposizione dello status quo ferito dallo tsunami Mps. Il “martire” della repressione del partito, in realtà scaricato a causa di miseri giochi di potere fratricidi, pregusta il sapore dolce della vendetta e si è affidato la funzione di demiurgo della nuova restaurazione.
Spetta ai senesi impedire quel disegno, in particolare a quelli che ritengono di non andare a votare perché ritengono De Mossi e Valentini l’uno la brutta copia dell’altro, commettendo così un errore esiziale in spregio alla verità. Ma a Siena e fuori rimane fervida la speranza di un ripensamento che consenta la cacciata del Valentini.
All’avvocato de Mossi un caloroso in bocca al lupo.
Marco Sbarra