SIENA. "Da settimane il ministro Bondi continua ad ignorare non solo la grave situazione di migliaia di lavoratori del settore del restauro, ma anche la mobilitazione di molti parlamentari del Pd che si sono fatti carico delle preoccupazioni sollevate dalle aziende, dalle associazioni sindacali e di categoria e da molti liberi professionisti. Il ministro rinvia senza dare risposte. Quotidianamente sollecitiamo un incontro e le nostre richieste continuano a cadere nel vuoto. Intanto, per un intero settore del nostro artigianato, si prospetta una situazione di caos normativo che si va ad aggiungere alla già difficile congiuntura occupazionale. In conseguenza dell'atteggiamento del ministro saremo costretti a presentare un'interpellanza urgente, per chiamare il Governo a rispondere in aula di una situazione non più sostenibile". È dura la posizione di Susanna Cenni, parlamentare del Pd, prima firmataria di una lettera inviata a metà ottobre a Sandro Bondi, ministro per i Beni e le attività culturali, e a Claudio Scajola, ministro dello Sviluppo economico, con la quale si chiedeva la revisione dei criteri di acceso alla qualifica di restauratore.
“Bondi non ha neppure risposto alla lettera, firmata – continua Cenni – anche dai parlamentari toscani Vannino Chiti, Franco Ceccuzzi, Rosa De Pasquale, Maria Grazia Gatti, Silvia Velo, Donella Mattesini, Ermete Realacci, Paolo Fontanelli, Francesco Bosi e Raffaella Mariani. In precedenza erano stati presentati un’interrogazione, a prima firma di Ermete Realacci, e un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, promosso dalla Cna di Firenze, che chiedeva l’annullamento del decreto”.
“Sono 1500 solo in Toscana – continua Cenni – e circa 8mila in Italia le imprese artigiane messe a rischio dai criteri di accesso alla qualifica di restauratore, contenuti nel nuovo Codice dei beni culturali e del paesaggio. In base alle nuove norme la qualifica di restauratore dei beni culturali spetta a chi ha conseguito un diploma, presso una scuola di restauro riconosciuta (ci sono solamente tre istituti in Italia), oppure dopo un percorso di due anni in scuole accreditate e corsi con riconoscimento regionale. In concreto si prospetta l’espulsione dal mercato del lavoro per migliaia di professionisti e imprese che da anni operano nel restauro con riconosciuta competenza”.
“Per tutti coloro che già svolgono la professione – spiega Cenni – la possibilità di accedere alla qualifica tramite esame di Stato viene di fatto resa impossibile da un’eccessiva complessità delle procedure di accreditamento. Non si contesta la volontà di introdurre nuovi percorsi formativi o modalità di accreditamento professionale, ma questo deve avvenire nel rispetto della professionalità e dell’esperienza acquisite da un’intera generazione di restauratori e riconosciute dagli enti, a partire dalle Soprintendenze, che durante gli anni ne hanno certificato il lavoro”.
“Ribadiamo pertanto – conclude Cenni – la necessità di intraprendere un iter legislativo concertato con i sindacati e le associazioni di categoria, rispettando la professionalità di chi, fino ad oggi, ha contribuito a promuovere e conservare il patrimonio artistico, architettonico e culturale del nostro Paese e a tramandare alle nuove generazioni le tecniche e le professionalità acquisite”.