di Irene Baldoni
SIENA. Ieri pomeriggio (21 novembre), si sono concluse sulle note di Verdi – eseguite dall’Unione corale senese – le due giornate di studio dedicate alla letteratura del Risorgimento.
Il convegno, tenutosi nella Scuola Superiore Santa Chiara ed organizzato dall’Associazione degli Italianisti dell’Università di Siena, ha visto la partecipazione di molte personalità di spicco appartenenti al mondo accademico, ma soprattutto umanistico.
Il risultato finale è stato quello di un poliedrico affresco della cultura e dei valori di un periodo che ha posto le fondamenta dell’identità del nostro paese.
L’adozione di una prospettiva letteraria – che comunque non è stata la sola – ha permesso di evidenziare quel legame che necessariamente si instaura tra la società, gli ideali, l’immaginario di un determinato momento storico e le forme d’arte che lo caratterizzano. Si sono così snodati molteplici percorsi volti a riconsiderare quelli che, purtroppo, appaiono sempre più come stereotipi di un’epoca lontana, figurine sbiadite trasmesse da un approccio al Risorgimento spesso veicolato da una consuetudine scolastica che va rinnovata.
Il tutto ha preso forma mantenendo un occhio sempre rivolto al presente, non solo perché un recupero dei valori risorgimentali non potrebbe che giovare ad una società frammentata e disorientata, ma anche perchè è sempre più urgente ribadire l’insostituibile ed inesauribile valore conoscitivo dell’arte in ogni sua manifestazione.
Il respiro degli interventi ha compreso il melodramma Ottocentesco, la carboneria, le esperienze letterarie di Cattaneo, Mazzini, Garibaldi, la percezione geografica che si aveva dell’Italia, l’elaborazione di modelli culturali e civili che va da Alfieri a Foscolo, Manzoni, Nievo e molti altri scrittori ed intellettuali del tempo.
Senza la contaminazione di alcun afflato retorico o patriottico, il risultato ottenuto è stato quello di un’importante operazione storiografica ed ermeneutica – come commentato dal professor Giulio Ferroni dell’Università La Sapienza –, volta quindi a ricostruire ed interpretare il Risorgimento e ciò che ne è rimasto, ciò che ancora potrebbe parlarci.
Proprio per questo dispiace che l’auditorium fosse occupato sostanzialmente da docenti e studenti: come se la storia del Risorgimento, che è parte fondamentale della storia di un paese pronto a compiere centocinquant’anni, fosse ormai appannaggio esclusivo di una nicchia; come se non ci appartenessero collettivamente sia l’emozione con cui De Sanctis interrompe la sua Storia della letteratura italiana commentando la presa di Porta Pia, sia la lucida disillusione maturata in Verga col procedere dell’Italia di fine Ottocento verso la modernità. Come se le conquiste ed i fallimenti, le rivoluzioni e i trasformismi sotterranei di quel primo passato non ci avessero reso quello che siamo, nel bene e nel male.
SIENA. Ieri pomeriggio (21 novembre), si sono concluse sulle note di Verdi – eseguite dall’Unione corale senese – le due giornate di studio dedicate alla letteratura del Risorgimento.
Il convegno, tenutosi nella Scuola Superiore Santa Chiara ed organizzato dall’Associazione degli Italianisti dell’Università di Siena, ha visto la partecipazione di molte personalità di spicco appartenenti al mondo accademico, ma soprattutto umanistico.
Il risultato finale è stato quello di un poliedrico affresco della cultura e dei valori di un periodo che ha posto le fondamenta dell’identità del nostro paese.
L’adozione di una prospettiva letteraria – che comunque non è stata la sola – ha permesso di evidenziare quel legame che necessariamente si instaura tra la società, gli ideali, l’immaginario di un determinato momento storico e le forme d’arte che lo caratterizzano. Si sono così snodati molteplici percorsi volti a riconsiderare quelli che, purtroppo, appaiono sempre più come stereotipi di un’epoca lontana, figurine sbiadite trasmesse da un approccio al Risorgimento spesso veicolato da una consuetudine scolastica che va rinnovata.
Il tutto ha preso forma mantenendo un occhio sempre rivolto al presente, non solo perché un recupero dei valori risorgimentali non potrebbe che giovare ad una società frammentata e disorientata, ma anche perchè è sempre più urgente ribadire l’insostituibile ed inesauribile valore conoscitivo dell’arte in ogni sua manifestazione.
Il respiro degli interventi ha compreso il melodramma Ottocentesco, la carboneria, le esperienze letterarie di Cattaneo, Mazzini, Garibaldi, la percezione geografica che si aveva dell’Italia, l’elaborazione di modelli culturali e civili che va da Alfieri a Foscolo, Manzoni, Nievo e molti altri scrittori ed intellettuali del tempo.
Senza la contaminazione di alcun afflato retorico o patriottico, il risultato ottenuto è stato quello di un’importante operazione storiografica ed ermeneutica – come commentato dal professor Giulio Ferroni dell’Università La Sapienza –, volta quindi a ricostruire ed interpretare il Risorgimento e ciò che ne è rimasto, ciò che ancora potrebbe parlarci.
Proprio per questo dispiace che l’auditorium fosse occupato sostanzialmente da docenti e studenti: come se la storia del Risorgimento, che è parte fondamentale della storia di un paese pronto a compiere centocinquant’anni, fosse ormai appannaggio esclusivo di una nicchia; come se non ci appartenessero collettivamente sia l’emozione con cui De Sanctis interrompe la sua Storia della letteratura italiana commentando la presa di Porta Pia, sia la lucida disillusione maturata in Verga col procedere dell’Italia di fine Ottocento verso la modernità. Come se le conquiste ed i fallimenti, le rivoluzioni e i trasformismi sotterranei di quel primo passato non ci avessero reso quello che siamo, nel bene e nel male.