"Questa pratica vergognosa danneggia il diritto alla salute dei cittadini"
SIENA. Da Alessandro Vigni, candidato sindaco di Sinistra per Siena e Potere al Popolo, riceviamo e pubblichiamo.
“A chi non è capitato di presentarsi allo sportello del CUP e sentirsi dire che l’agenda per prenotare visite o esami è chiusa, oppure che ci vorranno dei mesi prima di poter effettuare l’agognato accertamento sanitario. Questa è una pratica vergognosa ed inaccettabile, perché danneggia il diritto alla salute dei cittadini, già compromesso da ticket assai onerosi.
Ci sono almeno tre questioni che richiedono un intervento urgente per rimuovere questa situazione.
La prima è che esami e visite mediche servono per accertare tempestivamente l’insorgere di malattie e fare cure efficaci. Se la tempestività viene a mancare, cade uno dei requisiti essenziali della prevenzione e della cura della malattie. Quindi in primo luogo si verifica il disagio e spesso l’angoscia del paziente, e poi si rischia concretamente di intervenire tardivamente e quindi con minore efficacia. E quindi anche con costi della cura più alti, a carico della collettività.
La seconda è che questi tempi lunghi quasi sempre segnalano che macchinari e attrezzature costose sono utilizzate, quando va bene, per non più di 6/8 ore al giorno. Siccome ora va molto di moda parlare di aziendalizzazione, qualcuno ci dovrebbe spiegare come fa a funzionare un’aziende dove gli impianti vengono utilizzati appena per il 30% delle loro potenzialità. In un’azienda normale chi non sa far rendere adeguatamente gli impianti, sarebbe mandato a casa subito. Tanto più dovrebbe succedere in un’azienda pubblica, dove il costo degli acquisti degli impianti è sostenuto dalla collettività.
La terza è che, concentrando esami e visite in poche ore della mattinata, si creano innumerevoli disagi ai pazienti: c’è chi deve assentarsi dal lavoro o dalla studio, chi deve affannarsi a cercare un parcheggio in una zona intasata dai veicoli in sosta, chi perde ore importanti della giornata per attività a volte anche banali.
Qual è la medicina, visto che parliamo di sanità? Organizzare il lavoro del policlinico e delle altre strutture sanitarie almeno dalle 8 del mattino alle 20 di sera. Così si coprirebbe un arco di tempo in cui ciascuno potrebbe trovare l’ora più giusta per le sue esigenze, si utilizzerebbero al meglio i macchinari, si interverrebbe più tempestivamente per diagnosi e cure.
Certo che qualcuno dovrebbe sacrificarsi: ad esempio quel personale che presta le sua funzioni in strutture private, alle quali si è spesso costretti a rivolgersi per i tempi lunghi delle strutture pubbliche. Sarebbe una lesa maestà per certi professionisti che, anche con l’intramoenia, lucrano parecchio di più rispetto al normale stipendio. Forse ci sarebbe bisogno di più personale, ma i costi sarebbe ampiamente compensati dal miglior servizio offerto e dalla migliore utilizzazione degli impianti.
Per fare questo occorre però che chi governa la sanità, anziché pensare col paraocchi ai soli risparmi, abbia davvero in testa gli interessi collettivi. Questa corsa a cui assistiamo alla privatizzazione di tutto, alla fine si risolve solo in una maggiore spesa per i cittadini, che quando non ce la fanno devono arrangiarsi, e consente lauti guadagni a pochi.
Questo sistema va rivoltato come un calzino. La sanità pubblica è un diritto universale che per nessuna ragione può essere abbandonato.