Mario Ascheri getta un sasso in piccionaia per stimolare un costruttivo dibattito
di Mario Ascheri
SIENA. Cultura? Sembra che sia ormai al servizio del Turismo, con un incredibile capovolgimento di valori. Che è anche molto pericoloso, perché bisogna sempre ricordare che, purtroppo, nel mondo globalizzato ed esposto a migrazioni ormai di tipo biblico si possono sempre creare situazioni di emergenza che – contro le auspicabili previsioni – provocano alterazioni anche profonde del trend.
Ogni previsione è legittima e doverosa, ma viene fatta rebus sic stantibus. E dobbiamo lavorare anche prescindendo dagli scopi turistici.
Seconda doverosa premessa, infatti, è: la cultura è valore in sé, per cui anche in posti marginali, come a Barbiana, per un esempio classico, aveva ed ha del tutto senso l’opera educativa della scuola come deve essere altrove.
Terza premessa è che Siena ha un patrimonio identitario fortissimo, che è parte essenziale della sua cultura civica che rischia di essere snaturato dalla sua messa al servizio del turismo.
Prima conclusione sia quindi che le necessità primarie sono nel mondo educativo in senso lato, non solo dei minorenni. Il nostro patrimonio è avere una cittadinanza colta, con una formazione di base alta, che è l’unica ormai che consente la flessibilità mentale per scegliersi una via professionale consapevole e di buon reddito, auspicabilmente .
Il mondo della scuola e delle due università, che abbiamo il privilegio di avere a Siena, deve essere stimolato a coordinarsi con il territorio, cosa che non sempre fa, vuoi per vincoli burocratici, vuoi per esigenze specifiche delle istituzioni, mentre già ora la Biblioteca Comunale e le quattro accademie (che sono altro privilegio della città) sono quale più e quale meno maggiormente sensibili al discorso formativo collettivo. Ma, ad esempio, che siano separati Assessorato Istruzione e Assessorato Cultura fa parte di questa mancata presa di coscienza della grande necessità di gestire culturalmente la città. E coordinare scuole, accademie e università non basta, perché il ricchissimo mondo associativo, anche al di là delle contrade, è oggi un patrimonio scoordinato di iniziative spesso di grande valore.
La direzione politico-culturale di questo mondo è oggi inesistente. Come è inesistente la visione d’assieme dei beni culturali del territorio. Si pensi soltanto che la Fondazione Musei Senesi non opera a Siena, per cui abbiamo avuto importanti iniziative nel territorio provinciale senza seria ricaduta sulla città.
La crisi della Provincia come istituzione non deve essere anche mancanza di visione d’assieme, che è quello che succede. Abbiamo 4 siti Unesco, ad esempio in provincia (il solo secondo caso in Italia), ma nonostante la carica nazionale del sindaco di San Gimignano in tal campo, le iniziative appaiono del tutto scollegate. Non risulta che i piani di gestione dei siti siano mai stati coordinati né, ancor più, abbiano avuto una discussione seria da parte delle forze culturali (entro le quali a pieno titolo rientrano quelle ambientaliste), che vengono chiamate alla ‘partecipazione’ in modo del tutto superficiale, a cominciare dall’unico Club Unesco pur operante in provincia – sempre ignorato dal Comune di Siena.
La molteplicità delle iniziative non si traduce in patrimonio come si potrebbe prevedendo una registrazione sistematica degli eventi e loro caricamento nel sito del Comune o in sito apposito (previa autorizzazione del protagonista, naturalmente). Caricamento con collegamento, con spiegazione del filo conduttore delle iniziative, se c’è. Così il cittadino riceve impulsi variegati, ma che non si traducono in elevazione del patrimonio culturale cittadino. Il sito del Comune ha addirittura scaricato le lezioni di storia senese a suo tempo organizzate per i giovani delle contrade a cura di Aurora Savelli e Laura Vigni!
Secondo punto: consolidare la cultura cittadina vuol dire consolidare il centro storico. Solo con un centro storico con buona manutenzione, curato nel decoro e nella sicurezza, accanto alla accessibilità e possibilità di parcheggio, potrà agevolare il rientro in città della popolazione a suo tempo espulsa e delle attività imprenditoriali. Oggi si può fare impresa in piccoli spazi con i mezzi tecnologici disponibili: professionisti e artigiani possono aprire in Centro, se un’adeguata politica comunale (mutamenti di destinazione, trattamento fiscale, servizi) li aiuta e si potrebbe diminuire la sequela di garage e magazzini chiusi nelle vie secondarie, oggi condannate all’incuria e a generare poca ammirazione nei cittadini e nei visitatori forestieri.
Il centro va curando come un tutto unitario, non trascurando le periferie, ovviamente, che hanno però i problemi di ogni insediamento periferico, ben noti. Qui invece bisogna addirittura pensare a normative speciali. Solo ora, con il crollo di mura a San Gimignano dopo quelle di Volterra (e quello ben possibile a Siena prima o poi), ci si è svegliati chiedendo, ad esempio, deroghe al piano di stabilità. No, quindi saremmo sempre agli interventi riduttivi.
Siena, come è già stato proposto senza aver risposta dalla Giunta Valentini, come al solito poco recettiva a idee esterne dal piccolo gruppo di fedeli che la attornia, deve diventare il centro storico, che chiama a raccolta politici, studiosi, istituzioni italiane, europee e università mondiali a discutere di una normativa speciale per i centri storici. Non è pensabile che non ci siano norme speciali per le locazioni, ad esempio, o per piani commerciali, tipologia dell’offerta commerciale, spettacoli, risanamento facciate ecc. Alcuni comuni si sono mossi, come Firenze, ma Siena si è distinta per l’apatia.
E’ con incontri di questo tipo che si segnala la cultura di Siena! Per cui si può introdurre la terza conclusione. Se Siena non vuole continuare nel piccolo cabotaggio, deve saper assumere una sua centralità in questo settore nella Toscana meridionale. Non è solo questione di corsi universitari anche a Grosseto e ad Arezzo, sciaguratamente chiusi per la grave crisi dell’Università durata molti anni, anch’essa con chiari connotati politici. Siena deve rivendicare centralità dell’amministrazione ministeriale dei beni culturali, ma soprattutto essere centro di riferimento per iniziative a largo respiro. Ad esempio, su mobilità e comunicazioni il completamento della grande strada per Fano non passa da maggiore mobilitazione politica delle tre Province? E se si parla di grande velocità e rapporto con aeroporto di Perugia (oggi ignorato!) non si deve essere in prima fila? Ora il PD propone aree intercomunali per la promozione del territorio. Nuovi carrozzoni come i Consorzi di bonifica? Non ci si rende conto che non esiste un’area, ma più aree in base ai problemi che si devono affrontare e risolvere.
Gli Etruschi hanno loro problemi per la valorizzazione, le terme altri problemi, i castelli, le pievi (alcune crollano, o sono in pericolo serio, ad esempio Pievasciata, e molti non sanno neppure quali siano), i monasteri. Tutti problemi che hanno bisogno di raccordi diversi per essere risolti, in base a programmi di intervento che devono essere duttili, adatti anche ad interlocutori diversi, dall’Unesco all’Europa, ai privati.
In città e fuori i programmi sono essenziali come la credibilità del proponente. Siena che ha le vie ridotte come sono nel centro, come può presentarsi a un grande investitore privato a chiedere di fare come a Bilbao?
Qui il SMS è stato modello di incapacità politico-amministrativa eminente e ancor oggi le talora dissonanti dichiarazioni del sindaco e del direttore sono eloquenti. Come è eloquente la miopia di concentrarsi unicamente su di esso come discussione e investimenti. L’area Capo-Duomo va decongestionata e lo sarebbe se ci fosse visione unitaria del patrimonio culturale cittadino. Dalle porte della città alle mura, dalle chiese chiuse o aperte raramente, dagli immobili storici non utilizzati o sottoutilizzati (da Papesse a Sozzini, dal Capitano al Pendola, al Monna Agnese dove ampliamento dell’Opera sembra ovvio ma non deciso, pare ecc.), si offre tutto un gran patrimonio a disposizione che non saper mettere a sistema è vergognoso per i cittadini prima che per i turisti. Nuova segnaletica per le varie aree della città è stata annunciata, ma se poi si trovano le chiese chiuse che senso avrà?
Non si è stati capaci neppure di studiare la musealizzazione del Palazzo Pubblico, che risolverebbe anche il museo della città e del palio! Non si è ancora realizzato che il palazzo del governo (con noto inutilizzo per le vicende della Provincia e per disponibilità della prefettura) potrebbe anch’esso divenire punto museale importante: l’età dei Medici a Siena con tutto quello che ha voluto dire per le arti e l’identità attuale!
Terza conclusione. Interventi seri sulla cultura non sono (solo) fare presentazioni di libri o mostre, ma sono suscitare iniziative che facciano sentire bisogno collettivo appropriarsi dell’enorme patrimonio della città e del suo territorio.
Consolidare, mantenere, valorizzare sono bisogno cittadino prima che economico per i turisti. Loro vengono dopo e ne vengono di meglio come livello culturale e reddito se la città non è sciatta come oggi.
Se il Campo, ad esempio, diventa di nuovo il salotto buono, evitandoci bici, eventi da paesone , pranzi e bagni di sole negli spicchi ammattonati. Si può evitare, valorizzando per picnic la Fortezza, ad esempio (altro deficit con la gravissima vicenda Enoteca anche di questa Giunta), e il Mercato, ad esempio, o aree verdi sottoutilizzate come a porta Romana: l’area dell’ex-OP è un problema urbanistico e culturale di primo piano del quale non si parla: come integrarlo nel contesto cittadino, come farne una forza trainante e non una periferia entro la città? Come collegarlo (senza grandi spese) con la splendida valletta esterna a porta Giustizia e con il parcheggio di Cerchiaia? Come inserire in un positivo discorso con la città i programmi delle Pie Disposizioni, finora, a quanto pare, giustamente diffidenti del Comune?
Quarta conclusione. Il problema Cultura è il problema di Siena come realtà ricca che attende di diventarlo di nuovo e di più a prescindere dal Montepaschi. Ma deve essere considerato progetto complessivo epperciò forse non bastano gli assessorati a Cultura, Istruzione e Turismo ma anche l’Urbanistica va strettamente coordinata per gestire una realtà così complessa. Riequilibrare le aree cittadine, riportare la città ad essere il centro di sosta per chi andava a Roma non solo per la Fede ma anche per il Grand Tour culturale.
Tre secoli fa un serio osservatore della crisi senese (ben prima di Pietro Leopoldo), Alcibiade Lucarini, seppe condensare quelli che erano in quel tempo i dati esemplari importanti per Siena: “In tre capi principali consiste il bene della città di Siena, coi quali resta ancora superiore a molte città d’Italia, quantunque situate in luoghi molto più fertili e commodi ; e questi capi sono la Strada Romana (allora percorsa dal Gran Tour), lo Studio (università) e lo Stato”, cioè l’apparato istituzionale accumulatosi nei secoli con la sua cultura delle istituzioni. Purtroppo perduta negli ultimi decenni.
Abbiamo tutti gli elementi della passata grandezza: manca il Monte in quell’elenco (forse incluso nello ‘Stato’) e naturalmente la Fondazione, ma bisogna cercare di recuperarli e aggiungerli!