L’identità rinnovata dei maestri “a rischio”
di Giulia Tacchetti
SIENA. Nei locali della cosiddetta Cripta del Complesso Monumentale del Duomo di Siena, è stata presentata la mostra Maestri “a rischio”. Il cantiere del Duomo di Siena e le “teste grandi” per la facciata del battistero, costituita da otto grandi sculture raffiguranti teste maschili (cinque) e femminili (tre). Per sottrarle all’erosione degli agenti esogeni, erano state tolte dalla loro originale posizione, nella parte alta della facciata del battistero, incompiuta rispetto al progetto originario, sottoposte a restauro e, quindi, sostituite da calchi. Finalmente possiamo ammirarle in tutta la loro bellezza e particolari, grazie anche alla distanza ravvicinata.
Secondo quanto hanno riferito Bagnoli e Bartalini i documenti conservati nell’AOMS testimoniano che tra il 1355 ed il 1357 si lavorava in questa parte della fabbrica del Duomo. L’incarico di scolpire 23 “teste grandi”, realizzate tra l’estate e l’autunno del 1356 e di cui sono pervenute solo otto, fu assegnato a cinque maestri: Niccolò di Cecco del Mercia, Giovannino di Cecco, Paolo di Matteo, Michele di Nello e Domenico di Vanni. Non sappiamo se la committenza intendesse affidare a queste sculture un qualche significato; oggi propendiamo soprattutto per una valore ornamentale a coronamento della facciata del battistero. Sotto la direzione del capomastro del momento, lo scultore Domenico d’Agostino, dal 1350 al 1358 ed ancora nel 1362, le “teste grandi” furono intagliate da cinque diversi scultori, pagati con una modalità di retribuzione definita “a rischio”, non secondo il tradizionale pagamento a “giornata”, ma in base al numero dei pezzi eseguiti. Questo evidentemente per accelerare i lavori con più maestri attivi contemporaneamente, ma dall’impiego discontinuo, a seconda delle necessità della fabbrica. Le teste, pagate 70 soldi l’una, presentano in parte caratteri comuni, garantiti si pensa dall’esistenza di disegni forniti da Domenico d’Agostino, capomastro del momento. Ma Bartalini, durante il suo intervento, ha sottolineato anche le diversità di stile tra i cinque diversi autori, che introducono elementi di “libertà” sia perché scultori meno noti rispetto a Tino di Camaino, sia per il loro lavoro discontinuo. Opinione condivisa dal restauratore Giuseppe Donnaloia, che proprio per questo elemento di libertà le definisce “opere moderne”.
A tre di questi maestri si dovette anche una serie di “teste piccole”eseguita nei medesimi mesi: a Michele di Nello, Niccolò di Cecco del Mercia e Giovannino di Cecco; destinate all’interno, ornano l’ultima campata. A. Bagnoli ha aggiunto che con questa mostra organizzata dall’Opera Metropolitana in collaborazione con l’Unisi e con la Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per le province di Siena, Grosseto ed Arezzo, si vuole dimostrare tutta la potenzialità del museo dell’Opera del Duomo per le tante opere di cui è in possesso, di cui spesso il visitatore non si rende conto dell’importanza, perché ammassate per la mancanza di spazio. G.Indrizzi ha annunziato, sostenendo questa operazione di salvaguardia e di valorizzazione di un così grosso patrimonio, la ricerca di sovvenzioni per il progetto di acquisizione del Monna Agnese, dopo la tornata elettorale di Maggio.
Maestri “a rischio”. Il cantiere del duomo di Siena e le “teste grandi” per la facciata del battistero – Siena, Cripta del Duomo – 23 marzo 2018- 6 gennaio 2019
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