Il prototipo del bancario new age? job 24 ore su 24 e donazione dell'anima all'azienda
SIENA. L’Amministratore Delegato del Monte Marco Morelli ha compiuto un attacco inaudito contro i suoi dipendenti, accusandoli né più né meno di essere la causa del mancato rilancio del Monte. E lo ha fatto durante la liturgia più sacra per un sindacato: il Congresso Nazionale Fabi. Sono cose di una gravità estrema, che testimoniano della protervia del vertice apicale, di quel responsabile tinanziario che si macchiò indelebilmente della corresponsabilità nella tragica vicenda Antonveneta.
Da parte del sindacato sinceramente non mi aspettavo una levata di scudi, quel sindacato da sempre delegittimato e correo nella drammatica vicenda del Monte. A sette giorni di distanza dal discorso di Morelli, la rettifica richiesta non è arrivata, ma i sindacalisti non hanno fatto una piega. Il loro dovere l’hanno fatto con un misero volantino ossequioso, intriso solo di ipocrisia e di viltà.
Va bene, ma mi domando: possibile che nessun sindacalista che è uno, di Rsa o di vertice, abbia fatto udire pubblicamente tutta la sua riprovazione, seguita dalla richiesta di un sacrosanto sciopero? Sì, santiddio, sciopero cari sindacalisti (parola divenuta ormai tabù) per dire basta al Monte, basta a tutti i suoi arbitri.
Avrei giurato invece che da parte dei dipendenti, quei dipendenti che stanno sopportando condizioni di lavoro irrispettose della loro dignità e del contratto di lavoro, questa volta ci sarebbe stata una reazione corale. Venire accusati di scarso impegno è un’umiliazione troppo grande, una mancanza di rispetto che tutti avrebbero dovuto censurare istintivamente.
E invece non si è mossa foglia, cosa testimoniata anche dalla scarsità di commenti di censura nei confronti dell’A.D. a corredo della mia lettera precedente su Morelli. Il problema è che i dipendenti del Monte non solo non hanno un briciolo di coraggio, no, è che sono proprio senz’anima, non vogliono reagire, vivono come in un stato vegetativo permanente, insensibile a qualsiasi provocazione, a qualunque abuso da parte dell’azienda. Vivono spensieratamente come se tutto andasse per il meglio, con la stolta speranza che le disgrazie che stanno per arrivare toccheranno sicuramente al vicino di scrivania. Che si arrangi il malcapitato, d’altronde qualcuno si deve sacrificare per la salvezza degli altri, pensano.
Nella filiale di Massa dove io lavoro, immagino (non posso avere certezze visto che per la grande maggioranza dei colleghi io sono un sovversivo da tenere a debita distanza), che tutti abbiano saputo della prodezza di Morelli. Ebbene, nessuno pubblicamente ha preso posizione, neanche quei pochi con cui ho scambiato due parole, tutto è scivolato via nell’illusione che il Titanic non può affondare.
Diciamolo chiaramente, siamo in presenza di una forma evoluta di schiavitù per cui i dipendenti, pur non appartenendo giuridicamente anima e corpo all’azienda e conservando quindi i diritti costituzionali e non, che tutelano la persona in tutta la sua interezza, rinunciano volontariamente a tutte le guarentigie per paura, per plagio o chissà per quale altra diavoleria, e si mettono a completa disposizione del Monte, che può decidere di loro come meglio crede.
Così si accettano vessazioni umilianti e pressioni indebite senza reagire, si lavora sistematicamente fuori orario senza retribuzione, si assumono rischi operativi di competenza dei superiori, vengono venduti prodotti-trappole per la clientela, eccetera. I dati di fatto purtroppo indicano che sono in continuo aumento i casi di persone che vengono colpite da depressione e stati d’ansia reattivi ad eventi lavorativi, che provocano gravi conseguenze – a volte permanenti – per la loro salute.
Io sto male quando vedo ciò che accade negli uffici e vorrei che tutti capissero che è di fondamentale importanza far valere il rispetto del diritto alla propria dignità. Qualora ciò non bastasse (come accade il più delle volte), rivolgersi subito ad un avvocato del lavoro e, al bisogno, ad un medico specializzato. E’ importante ricordarsi di costituirsi le prove, testimoniali, scritte o di altro genere, degli episodi vessatori.
Per fortuna non tutto è perduto. Giogio, un/una collega, con grande passione e schiettezza ha postato una serie di commenti all’articolo citato che descrivono con completezza e competenza le realtà che si vivono negli uffici, al di là dell’omertà che regna fra i colleghi. Ciò mi fa un enorme piacere e mi dona un grande conforto: non tutti in questo Monte senz’anima hanno perso il riferimento a quei valori fondamentali della vita che ti permettono di distinguere il grano dal loglio e ti danno la forza di lottare per fare crescere il primo.
Grazie a te, Giogio.
Marco Sbarra