ROMA. Storia triste e tortuosa di una famiglia che ha aveva perso il figlio neonato in ospedale, nell’ennesimo caso denominato “malasanità”, con una coppia di coniugi, lui bracciante agricolo, lei casalinga, che danno alla luce il proprio figlio nel marzo 1999 “inspiegabilmente morto in ospedale a poche ore dalla nascita”.
A questo punto per la coppia inizia un calvario innanzi alle aule di giustizia. “Le consulenze effettuate nel processo penale (conclusosi dapprima con delle condanne, risultate poi prescritte per eccessiva durata del processo) nonché nel processo civile, avevano individuato come causa del decesso vaste lesioni di natura post traumatica alla testa del neonato che evidentemente era caduto dalle mani dei sanitari, al punto che dall’autopsia era emersa la presenza di uno strano punto di sutura alla testa, gravemente omesso nelle cartelle cliniche”.
Il Tribunale di Lecce aveva rigettato la domanda dei due genitori perché “non si era raggiunta la prova del soggetto responsabile dell’occorso, pur essendo pacifico che il neonato era nato e deceduto in ospedale”.
La Corte di Appello di Lecce, con sentenza del 20 febbraio 2018, ribalta tutto e riforma la sentenza del Tribunale di Lecce, condannando la ASL a risarcire i danni subiti dai genitori, “riaffermando il noto indirizzo in materia secondo cui la struttura sanitaria risponde a titolo di responsabilità contrattuale non solo delle obbligazioni direttamente poste a suo carico, ma anche dell’opera svolta dai propri dipendenti ovvero ausiliari”. “Se il neonato fosse stato vivo, oggi avrebbe letto la sentenza da maggiorenne: sono passati 19 anni dal triste evento- è l’amara riflessione.
Anche per gli errori medici, rivolgetevi all’Adusbef, associazione di consumatori a schiena dritta, che tutela da oltre 30 anni i diritti dei cittadini utenti e delle famiglie, senza mai piegare la testa.
Antonio Tanza (presidente Adusbef)